martedì 5 Novembre 2024

Cure domiciliari Covid-19: l’esperienza di IppocrateOrg sul Journal of Clinical Medicine

Le cure precoci domiciliari applicate dai medici volontari nell’ambito della rete collaborativa di IppocrateOrg, da novembre 2020 a marzo 2021, hanno ridotto la letalità del SARS-CoV-2 dal 3% allo 0.2%. Ad affermarlo è uno studio pubblicato il 18 ottobre 2022 sul Journal of Clinical Medicine (MDPI), il primo al mondo che descrive i comportamenti dei medici che si sono presi cura dei pazienti ambulatoriali COVID-19 e delle conclusioni che questi hanno ottenuto.

Gli autori dell’analisi hanno esaminato le caratteristiche, la gestione e gli esiti all’interno dell’Associazione IppocrateOrg. Lo studio include 392 pazienti curati da 10 medici ed è la più numerosa casistica italiana disponibile nella letteratura medica e scientifica.

I pazienti avevano in media 48,5 anni (range: 0,5-97) e sono stati curati allo stadio COVID-19 0 (15,6%), allo stadio 1 (50,0%), allo stadio 2a (28,8%) e allo stadio 2b (5,6%). Molti di questi ultimi erano obesi (11,5%) o in sovrappeso (26%) e presentavano delle patologie pregresse (34,9%), principalmente cardiovascolari e metaboliche. I farmaci più frequentemente prescritti ai pazienti includevano vitamine e integratori (98,7%), aspirina (66,1%), antibiotici (62%), glucocorticoidi (41,8%), idrossiclorochina (29,6%), enoxaparina (28,6%), colchicina (8,9%), ossigenoterapia (6,9%) e ivermectina (2,8%).

L’ospedalizzazione si è verificata nel 5,8% dei casi e in particolare nella fase 2b (27,3%) ma, su un totale di 392 pazienti, il 99,6% è guarito: un paziente è stato perso al follow-up ed un paziente è morto dopo il ricovero in ospedale.

La letalità in questa casistica è stata quindi dello 0,2%, mentre complessivamente nello stesso periodo, in Italia è stata superiore al 3%. Inoltre, nessun effetto avverso di rilievo è stato associato ai farmaci impiegati.

Lo studio, già disponibile in preprint dallo scorso aprile sul sito internet MedrXiv, è stato reso liberamente accessibile dopo la revisione paritaria del Journal of Clinical Medicine, rivista scientifica inclusa da PubMed e attualmente collocata tra le migliori riviste mediche internazionali.

Gli autori, nella conclusione dello studio, hanno commentato così i risultati ottenuti (tradotto): “Ci aspettiamo che le prove attuali saranno attentamente considerate dai medici che si prendono cura dei loro pazienti COVID-19 e dai decisori politici responsabili della gestione dell’attuale crisi globale.”

Con un ritardo di oltre 2 anni, dopo le ammissioni di Pfizer riguardanti i vaccini mai testati sul blocco della trasmissione, anche le verità sulle terapie precoci stanno iniziando ad emergere. Non va dimenticato però che per molto tempo queste ultime, antinfiammatori compresi, sono state screditate da diversi esperti ospitati nei programmi televisivi e dagli stessi mass media, che molto spesso hanno remato contro quella che avrebbe potuto essere un’arma, a dir poco utile, nella lotta al Covid-19. Un’arma alla quale ad essersi opposte sono state anche le istituzioni, che tramite vie legali hanno di fatto ostacolato le cure domiciliari.

[di Iris Paganessi]

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