domenica 17 Novembre 2024

Ciad, la polizia spara contro il popolo in rivolta: oltre 50 morti

Sono oltre 50 le persone rimaste uccise durante le proteste esplose in Ciad a seguito della decisione della giunta militare di rimandare di due anni la transizione ad un governo civile. La polizia ha aperto il fuoco contro i manifestanti nelle due principali città del Paese. Il portavoce del governo ciadiano Aziz Mahamat Saleh ha affermato che 30 persone sono morte nella capitale, N’Djamena. Per gli organizzatori delle proteste i morti nella capitale sarebbero invece 40, oltre a diversi feriti. Altre 30 persone sarebbero invece rimaste uccise a Moundou, la seconda città del Ciad, stando a quanto riferito ai media, in condizione di anonimato, da un funzionario dell’obitorio cittadino. Sullo sfondo la lotta popolare contro un governo considerato corrotto e le proteste crescenti contro l’ingombrante presenza francese, accusata di neocolonialismo.

Il Ciad si trova in una crisi politica dall’aprile 2021, quando l’allora presidente Idriss Deby venne ucciso durante una visita alle truppe in prima linea che combattevano contro i ribelli. A seguito della morte del presidente, per colmare il vuoto di potere venutosi a creare, i vertici militari hanno deciso di nominare alla guida del consiglio di transizione (TMC), il figlio del presidente, il generale Mahamat Deby. Il TMC aveva il compito di traghettare il paese verso le elezioni entro 18 mesi termine che scadeva proprio giovedì 20 ottobre. Elezioni a cui il figlio di Deby aveva inizialmente annunciato non si sarebbe candidato. Tra i compiti del consiglio vi era inoltre quello di cercare di creare un dialogo tra le fazioni all’interno del paese, compreso il gruppo ribelle Front for Change and Concord in Chad (FACT). Falliti i tentavi di creare un dialogo, la giunta militare ha dichiarato lo scioglimento del TMC, annunciando però che le elezioni si sarebbero svolte dopo 24 mesi e che Mahamat Deby avrebbe potuto candidarsi. Questo ha fatto esplodere la rabbia dei cittadini e delle opposizioni, che sono scese in strada per protestare contro quello che ritengono un governo illegittimo. In risposta il governo ha dichiarato lo stato di emergenza nella capitale, N’Djamena, e in due città del sud – Moundou e Koumra – consentendo ai rispettivi governatori regionali di utilizzare “tutte le misure necessarie nel rispetto della legge” per sedare le proteste. La giunta ha inoltre bandito la coalizione della società civile Wakit Tama e ha annunciato una sospensione di tre mesi delle attività di sette partiti, tra cui il Transformers Party e il Socialist Party without Borders.

Cenni storici

“Il Ciad non e’ una monarchia”… con queste parole alcuni manifestanti hanno espresso il loro risentimento verso l’annuncio della giunta di rimandare le elezioni e garantire a Deby (figlio) di candidarsi. Il padre era stato alla guida del paese dal dicembre del 1990 sino alla sua morte nel 2021, in quello che per molti aspetti è stato un governo autoritario e di certo non ricordato con favore dalla maggioranza dei cittadini. In Ciad esistono oltre 200 gruppi etnici, che negli ultimi 30 anni si sono sentiti spesso emarginati e esclusi dalla vita politica del paese. Il governo di Deby, non ha esitato a favorirne alcuni a discapito di altri. Inoltre nei lunghi anni del suo governo, si è assistito ad una erosione della democrazia, al dilagare della corruzione e al clientelismo. Nel 2017 il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti aveva accusato Deby di aver preso una tangente da una compagnia cinese per i diritti di sfruttamento delle risorse petrolifere del paese. Nelle ultime elezioni presidenziali, nel 2021, Deby ottenne il suo sesto mandato con il 79,32% dei voti, nel febbraio dello stesso anno le forze di polizia avevano tentato di arrestare il leader dell’opposizione Yaya Dillo Djérou, operazione in cui cinque suoi famigliari persero la vita. A seguito di ciò, la maggior parte delle forze di opposizione decise di boicottare le elezioni a causa della crescente violenza politica che stava attraversando il paese.

Il ruolo della Francia

La Francia ha controllato il Ciad per oltre 60 anni, fino all’indipendenza del 1960. I legami tra Parigi e N’djamena sono sempre stati stretti durante il governo di Deby, tanto che al suo funerale era presente il presidente francese Macron. La scomparsa del presidente ciadiano è stata descritta da Parigi come: “la perdita di un coraggioso amico che aveva cercato pace e stabilità per tre decenni”. Già in passato Parigi aveva salvato la poltrona di Deby, nel 2006 e nel 2008, i ribelli che stavano per raggiungere la capitale N’djamena vennero fermati grazie al supporto militare francese. Vi erano interessi comuni che legavano Parigi al Ciad, oltre a quelli economici, nella lotta contro i ribelli ciadiani Parigi non esitò, come nel 2019, ad utilizzare le truppe dell’operazione Barkhane, utilizzando quindi la scusa della “lotta al terrorismo” per evitare il rovesciamento di un governo amico. Non a caso in Ciad si sta diffondendo un sentimento anti-francese sempre più’ diffuso, data la presenza di truppe francesi sul suolo nazionale e le ingerenze in favore di un governo considerato corrotto non solo dai ciadiani stesso, ma addirittura dal Dipartimento di Stato americano.

[di Enrico Phelipon]

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