domenica 22 Dicembre 2024

Negli ultimi 20 anni due miliardi di persone hanno ottenuto accesso all’acqua potabile

Negli ultimi vent’anni due miliardi di persone in più nel mondo sono riuscite ad usufruire, nelle proprie abitazioni, di acqua potabile e sicura. Sono i dati contenuti nel nuovo rapporto dal titolo The State of the World’s Drinking Water, pubblicato dalle Nazioni Unite. La popolazione mondiale che può bere e usare acqua pulita è infatti passata da 3,8 miliardi del 2000 a 5,8 miliardi nel 2020. Una notizia eccellente, che dimostra come a livello globale si muovano passi in avanti nel portare a un maggior numero possibile di persone un accesso ai bisogni minimi di base. Anche se, ovviamente, il problema non è ancora del tutto risolto e – se contestualizzato – mostra ancora dei punti deboli.

Ogni anno, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, sono ancora quasi due milioni le persone che perdono la vita (solitamente di dissenteria) per aver ingerito acqua non potabile, su 4 miliardi di casi. Tra i morti ci sono almeno 300.000 bambini, di età inferiore ai cinque anni. «Nessun bambino dovrebbe essere costretto a scegliere tra acqua sporca da bere o intraprendere viaggi pericolosi per raccogliere acqua più pulita», ha detto Aidan Cronin, Direttore UNICEF ad interim per l’Acqua e i Servizi igienici e Clima, Ambiente, Energia e Riduzione del Rischio di Catastrofi.

Per chi sopravvive, invece, il rischio di ammalarsi rimane comunque molto alto, visto che milioni di bambini frequentano scuole senza acqua potabile (nel 2021 erano 546 milioni). In casi come questi – soprattutto se si tratta di neonati o persone con difese immunitarie molto basse – le diarree possono essere l’avvisaglia di malattie gravi, come la febbre tifoide e il colera. Quest’ultima colpisce ancora 3 milioni di persone all’anno, e causa morte rapida se non viene trattata in tempo. I rischi legati all’acqua sono nascosti ovunque. Si stima ad esempio che fino a 220 milioni di persone (94% in Asia) siano a rischio di esposizione a concentrazioni elevate di arsenico, contenuto nelle falde sotterranee.

Tutto questo accade soprattutto in specifiche aree della Terra. Le disparità geografiche sono infatti ancora molto marcate, non solo tra Paesi diversi: capita ad esempio che all’interno di una stessa città una fetta di popolazione non abbia accesso ad un’acqua sicura. A tal proposito i dati del 2020 hanno evidenziato che se in Europa la fornitura d’acqua potabile, in quell’anno, copriva il 96% del continente (lo stesso nel Nord America), nell’Africa sub-sahariana si arrivava solo al 30%. In queste terre, tra l’altro, è molto più forte il divario tra ricchi e poveri. Facendo un confronto tra il 20% della popolazione più ricca e più povera, è emerso che i più ricchi hanno il doppio delle probabilità di utilizzare fonti di acqua potabile. Differenze di questo tipo esistono anche in altri Paesi.

Queste percentuali fanno riflettere ancor più se associate ad altri dati, come questo: le stime, tra le altre cose, dicono che ogni giorno nel mondo vadano persi quasi 350 milioni di metri cubi di acqua per via della condizione delle reti di distribuzione. A quante persone avremmo potuto dare da bere?

Negli ultimi anni è inoltre entrato in gioco un altro fattore, che ha acuito il problema: il cambiamento climatico. «Fornire un più ampio accesso all’acqua sicura da bere ha salvato molte vite, la maggior parte bambini. Ma il cambiamento climatico sta intaccando questi risultati». Con queste parole Maria Neira, Direttore del Dipartimento Ambiente, Cambiamento Climatico e Salute dell’OMS ha espresso le sue preoccupazioni, sottolineando che «l’accesso adeguato ad acqua pulita da bere è un diritto umano, non un lusso».

Ma in che senso c’entra il cambiamento climatico? L’innalzamento delle temperature e il rapido scioglimento dei ghiacciai sta favorendo da una parte l’avanzamento della siccità e dall’altra inondazioni sempre più violente. Fenomeni così estremi come questi possono ad esempio danneggiare o interrompere totalmente le forniture di acqua e nel peggiore dei casi devastano comunità intere. I dati dicono che la popolazione globale esposta a siccità estrema è destinata ad aumentare dal 3% all’8%.

È un grosso problema, soprattutto se si considera che l’assenza di acqua, oltre ad aumentare la fragilità degli ecosistemi, accresce un fenomeno pericoloso: l’instabilità sociale. È importante, per questo, che i Governi intensifichino i loro sforzi soprattutto su certi fronti, tra cui “garantire la disponibilità di dati e informazioni rilevanti per comprendere meglio le disuguaglianze nei servizi di acqua potabile e prendere decisioni basate su dati concreti e incoraggiare l’innovazione e la sperimentazione attraverso politiche e normative governative di sostegno, accompagnate da un monitoraggio e una valutazione rigorosi”, come si legge nel report.

[di Gloria Ferrari]

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