domenica 22 Dicembre 2024

Oltre metà delle acque italiane contiene pesticidi: lo rivela un rapporto dell’ISPRA

Più della metà delle acque superficiali italiane contiene pesticidi: è quanto rivela un recente rapporto dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), incentrato sul biennio 2019-2020. Dal documento infatti si apprende che, relativamente alle acque superficiali “sono stati trovati pesticidi nel 55,1% dei 1.837 punti di monitoraggio”. Numeri che inevitabilmente generano preoccupazione, soprattutto se si considera che oltre il 30% dei punti di monitoraggio ha “concentrazioni superiori ai limiti ambientali” e che tra le sostanze che più spesso hanno determinato tale superamento vi è il controverso erbicida glifosato ed il suo metabolita AMPA. Leggermente migliore la situazione delle acque sotterranee, contaminate nel 23,3% dei 2.551 punti di monitoraggio, con concentrazioni superiori ai limiti di legge in 139 punti, il 5,4% del totale. Anche in questo caso il glifosato è stato il contaminante chimico più trovato.

La presenza di pesticidi è risultata più elevata nel Nord Italia, arrivando a interessare il 67% dei punti delle acque superficiali e il 34% delle acque sotterranee. Ma questo, sottolinea il rapporto, è probabilmente dovuto al fatto che le indagini sarebbero state svolte più accuratamente: il monitoraggio, infatti, nel tempo si è concentrato in modo particolare nelle aree dove la contaminazione è più probabile, le quali sono presenti appunto nel Nord Italia. La presenza di pesticidi, come già ampiamente segnalato negli anni precedenti, è più diffusa nelle aree della pianura padano-veneta si legge nel rapporto – in cui viene sottolineato come “tale stato sia legato ovviamente alle caratteristiche idrologiche del territorio in questione e al suo intenso utilizzo agricolo, ma dipenda anche dal fatto, non secondario, che le indagini sono più complete e rappresentative nelle regioni del Nord”.

La buona notizia, però, è che “la frequenza di ritrovamento delle sostanze prioritarie della DQA (Direttiva Quadro Acque) ha un andamento crescente fino al 2018 sia nelle acque superficiali che sotterranee”, mentre nell’ultimo biennio vi è una tendenza decrescente. Quest’ultima, “si spiega probabilmente col fatto che gran parte dei pesticidi dell’elenco di priorità sono fuori commercio e quella misurata è il residuo di una contaminazione storica”. Al declino dei ritrovamenti totali, inoltre, “contribuisce la revoca nel 2020 di due delle sostanze fino a quella data ancora in vendita e tra le più ritrovate, clorpirifos e diuron”, oltre al fatto che dal 2011 al 2020 si è verificata una sensibile diminuzione delle quantità di prodotti fitosanitari messe in commercio, il che è indice di “un più cauto impiego delle sostanze chimiche in agricoltura, dell’adozione di tecniche di difesa fitosanitaria a minore impatto e dell’aumento dell’agricoltura biologica”.

Tuttavia, la situazione complessivamente non può dirsi positiva, visto che nelle acque sono in generale state trovate 183 sostanze diverse, rappresentate per la maggior parte da erbicidi, e che è lo stesso ISPRA a sottolineare come il risultato complessivo indichi “un’ampia diffusione della presenza di pesticidi”. Inoltre, l’ISPRA precisa anche che “le concentrazioni misurate sono in genere frazioni di µg/L (parti per miliardo), ma gli effetti nocivi delle sostanze si possono manifestare anche a concentrazioni molto basse”. A tutto ciò, infine, si aggiunga che “i dati di monitoraggio evidenziano la presenza di miscele nelle acque”, con “un numero medio di 4,3 sostanze e un massimo di 31 sostanze in un singolo campione”. “Si deve, pertanto, tenere conto che l’uomo e gli altri organismi sono spesso esposti a miscele di sostanze chimiche, di cui a priori non si conosce la composizione, e che lo schema di valutazione basato sulla singola sostanza non è adeguato”: questo si legge nel rapporto, in cui viene precisato come sia “necessario prendere atto di queste evidenze, confermate a livello mondiale, con un approccio più cautelativo in fase di autorizzazione”. In conclusione, dunque, si può affermare che seppur vi siano alcune note positive le condizioni in cui versano le acque italiane sono ancora tutt’altro che ottimali.

[di Raffaele De Luca]

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