sabato 23 Novembre 2024

Elezioni USA: i repubblicani conquistano la Camera, in bilico il Senato

Si sono svolte ieri le elezioni di metà mandato americane, un appuntamento cruciale della democrazia statunitense che potrebbe cambiare le sorti della politica americana in caso di vittoria repubblicana. Nello specifico, si è votato per eleggere tutti i 435 deputati della Camera dei Rappresentanti, per rinnovare 35 seggi sui 100 del Senato e per scegliere 36 governatori. In base ai risultati parziali dei primi spogli elettorali, la Camera è stata conquistata dal Gop (Grand Old Party, come viene denominato il partito repubblicano) con 199 seggi contro i 172 dei democratici, mentre resta in bilico la situazione al Senato che costituisce il ramo più importante del Congresso.

Al momento i seggi assegnati sono 30 su 35 e gli Stati chiave per la partita al Senato risultano il Wisconsin, il Nevada, l’Arizona e la Georgia: considerato il serrato testa a testa tra i due candidati in quest’ultimo Stato chiave, è probabile che per i risultati definitivi si debba attendere il ballottaggio previsto per il prossimo 6 dicembre. Con il 98% delle sezioni scrutinate, infatti, il democratico Raphael Warnock al momento sarebbe al 49,3% contro il 48,6% del suo sfidante repubblicano, l’ex campione di calcio, Herschel Walker. Il distacco tra i due è di appena 20mila voti e non è chiaro se uno dei due riuscirà a superare il 50%. In Nevada, i repubblicani sono avanti di circa 500 voti, ma ci sono ancora da scrutinare il 34% delle sezioni. In Wisconsin è stato confermato il governatore democratico Ned Lamont, ma al Senato, a spoglio quasi concluso, sono i Repubblicani ad essere avanti di quasi 40.000 voti. In Arizona, invece, sono avanti i democratici con il candidato Mark Kelly che ha il 52% delle preferenze, contro il 45,9% dello sfidante repubblicano Blake Masters.

L’onda rossa pronosticata dai sondaggi e temuta dai democratici, dunque, non c’è stata: ma se a livello nazionale il partito dell’Asinello ha arginato una vittoria schiacciante dell’Elefantino, in Florida i dem hanno subito una sconfitta storica. Il governatore repubblicano Ron DeSantis, probabile sfidante dell’ex presidente Donald Trump alle primarie repubblicane in vista delle presidenziali 2024, ha sbaragliato l’avversario dem Charlie Crist, con il 59,4% dei voti, contro il 39,9% dell’avversario, ex governatore dello stato. «Non solo abbiamo vinto le elezioni, abbiamo riscritto la mappa politica», ha detto DeSantis commentando l’esito dell’elezione e rivendicando la sua agenda marcatamente conservatrice. I repubblicani in Florida si sono aggiudicati anche il Senato con il 57,7% dei voti ottenuti dal candidato Marco Rubio a fronte del 41,3% dello sfidante democratico Val Demings. In Oklahoma, invece, il repubblicano Markwayne Mullin sarà il primo nativo americano, da circa un secolo, a rappresentare lo Stato al Senato Usa. Prima di lui, il nativo Robert Owen aveva lasciato il Congresso nel 1925. Mullin, un cherokee, ha sconfitto il candidato democratico Kendra Horn: «Un onore per la mia storia e una grande vittoria per il nostro Paese», ha scritto su Twitter.

I democratici hanno mantenuto alcune roccaforti storiche come New York, Washington e la California: in quest’ultimo Stato, la speaker della Camera, Nancy Pelosi, è stata rieletta nell’undicesimo collegio elettorale, sconfiggendo il repubblicano John Dennis come riferito dalla CNN. Nello Stato di New York, i democratici si apprestano ad ottenere due importanti vittorie: nella corsa per il governatore sta vincendo la candidata Kathy Hochul, governatore uscente, mentre la procura generale dello Stato sembra destinata a rimanere guidata da Letitia James, acerrima nemica di Trump. Anche l’astro del Partito democratico, la deputata liberal Alexandra Ocasio-Cortez, si è aggiudicata la vittoria a New York ed è stata rieletta alla Camera.

Non sono mancate anche questa volta le accuse di brogli da parte di Trump e di molti repubblicani “trumpiani”: «Sta accadendo la stessa cosa che successe nel 2020 con i brogli elettorali?», ha scritto in serata “The Donald” sul suo social Truth, dopo che durante la giornata si sono verificati problemi ai seggi nella contea di Maricopa, la maggiore contea dell’Arizona, e a Detroit. Tuttavia, la divisione interna al Partito repubblicano tra la corrente trumpiana e quella ostile all’ex presidente – denominata dallo stesso Tycoon come RINO (Republican in name only) – ha portato alcuni esponenti del partito a criticare duramente la continua denuncia di frodi elettorali. Dello stesso avviso anche il nemico repubblicano numero uno di Trump in Georgia, Brad Raffensperger. Proprio per le divisioni interne al GOP, non è affatto scontato che, qualora i repubblicani conquistino il Congresso, l’ex Presidente riesca ad influenzare in modo determinante l’agenda dell’Elefantino. Tuttavia, l’ala ostile a Trump è con tutta probabilità minoritaria se si pensa che, fino ad ora, sono stati eletti 164 candidati Repubblicani che nel 2020 avevano contestato i risultati delle presidenziali.

In caso di vittoria repubblicana, che comunque non sarà probabilmente accertata prima di alcune settimane, la politica americana potrebbe cambiare strategie su alcune questioni chiave sia a livello domestico che internazionale: innanzitutto, alcuni importanti esponenti del partito – come il leader dei Repubblicani alla Camera, Kevin McCarthy – avevano già annunciato che, in caso di vittoria, il GOP non avrebbe avallato ulteriori aiuti economici e militari all’Ucraina per concentrarsi, invece, maggiormente sull’economia statunitense, colpita da una forte inflazione e principale preoccupazione di molti americani. L’attenzione, dunque, verrebbe dirottata più sugli affari interni: non solo quelli economici, ma anche quelli che riguardano la spinosa questione dell’immigrazione, percepita dall’elettorato repubblicano come un elemento di fondamentale importanza per la sicurezza e l’ordine del Paese.

A pesare maggiormente a livello internazionale sono ovviamente le decisioni del Congresso relativamente alla guerra in Ucraina, in quanto alcuni analisti vedono nelle elezioni di metà mandato il possibile punto di svolta per andare verso una risoluzione del conflitto in est Europa. Di diverso avviso, però, si è dichiarato questa mattina il Cremlino per bocca del suo portavoce Dmitry Peskov, il quale ha affermato che «Le relazioni con gli Stati Uniti continueranno a essere negative dopo le elezioni di medio termine, la cui rilevanza per i rapporti tra i due Paesi non può essere esagerata».

La situazione resta, dunque, ancora incerta, ma è indubbio che una possibile vittoria repubblicana porterà alcuni cambiamenti che non si potranno non riflettere, almeno in parte, anche sulla politica e gli equilibri internazionali, sebbene risulti improbabile un cambio radicale della politica estera di Washington.

[di Giorgia Audiello]

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