Il 14 agosto del 2018 ha perso una sorella, il cognato e due nipoti. Lei è Egle Possetti, presidente del Comitato dei Parenti delle Vittime del ponte Morandi. Il Comitato è stato accettato come parte civile nel processo che dovrebbe accertare tutte le responsabilità per quella strage. Una strage sì, non una disgrazia. Ad oggi non c’è stato un arresto, non c’è stata una condanna, non c’è stata una reale assunzioni di responsabilità. Più passa il tempo e più la strage di Genova assomiglia a tutti gli orrori senza i colpevoli reali che hanno caratterizzato la storia repubblicana. Dagli omicidi fatti dalla mafia su richieste altrui, al terrore degli anni ’70 ed ’80. Dall’omicidio Moro alla strage di Ustica. I parenti delle vittime continuano a lottare e lo fanno ahimè, sempre più in solitudine.
Buongiorno Egle, come va?
Bene, anche se sentiamo la stanchezza di anni di lotta.
Qual è l’importanza del Comitato dei parenti delle vittime del Morandi?
Potevamo chiuderci nel nostro guscio e soffrire in silenzio. Abbiamo deciso di lottare affinché a nessun altro capiti quel che è successo a noi. È stato disumano perdere i propri cari per il crollo di un ponte. Abbiamo deciso di restare uniti e di seguire tutta la vicenda. In primis quella processuale dato che siamo anche parte civile, inoltre cerchiamo di fare corretta informazione.
Sono passati quattro anni due mesi e 27 giorni dalla strage di Genova. Qual è la situazione oggi dal punto di vista processuale?
Si è appena conclusa la fase preliminare del processo. L’altro ieri è iniziata la presentazione delle prove. Esaurita questa si entrerà nel vivo del processo ma c’è un problema.
Quale?
Gli avvocati della difesa hanno chiesto diverse integrazioni di perizia. Per noi questo altro non è che un tentativo per allungare ancor di più il processo.
Avete paura della prescrizione?
In Italia ahimè questa paura noi vittime l’abbiamo sempre. Oltretutto alcuni imputati per reati minori saranno prescritti il prossimo anno e per noi è una vergogna.
È una battaglia durissima?
Sì, abbiamo visto un sistema inimmaginabile. Il fatto che dopo una tragedia di questo genere una società concessionaria che gestiva al momento del crollo l’infrastruttura crollata sia uscita cedendo a CDP (Cassa Depositi e Prestiti) e ad altri privati le proprie quote ricavando quasi 9 miliardi di euro beh, per noi è inaccettabile.
Soldi pubblici?
Soldi che pagheremo tutti noi cittadini. Prima i pedaggi, poi le tasse. In mezzo 43 morti. Noi abbiamo dato un’infrastruttura pubblica costruita con i soldi dei cittadini in gestione ad un privato per una scelta politica. Lo Stato in questi 20 anni di concessione non ha fatto controlli adeguati sebbene su questa infrastruttura circolassero milioni di cittadini ogni anno. Ora, dopo il crollo, lo Stato riprende l’infrastruttura pagando fior di miliardi ai concessionari. Quando racconto questa storia in tanti non ci credono.
Le autostrade sono tornate in mano pubblica, non è quello che chiedevate?
No, noi chiedevamo l’annullamento della concessione. Non c’era nulla da vendere. Qualcuno riteneva che nei contratti in essere vi fossero delle clausole che mettevano in pericolo lo Stato in un eventuale contenzioso. Noi abbiamo sempre ritenuto che annullare la concessione sarebbe stato invece possibile e le gravi inadempienze da parte del concessionario non avrebbero rappresentato rischi patrimoniali per lo Stato. E c’è un altro problema.
Quale?
Oggi oltre a CDP, che è pubblica, Aspi appartiene anche a due soggetti privati, Blackstone, una società di investimenti USA e Macquarie, una banca di investimenti australiana. Ebbene i privati sebbene detengano ognuno il 24,5% delle quote di Aspi hanno un potere enorme compreso un diritto di veto su strategia e operazioni. Insomma Aspi è pubblica solo in teoria.
La famiglia Benetton avrà festeggiato per l’operazione?
Purtroppo temo di sì.
Ma sono così potenti i Benetton?
Secondo me sono ancora potentissimi perché in questi anni hanno tessuto relazioni importanti a più livelli.
La strage di Genova poteva essere evitata?
Sì. In un documento ufficiale dell’assemblea degli azionisti, nell’elenco dei rischi per la società stessa c’era scritto: ponte Morandi, rischio crollo. Era il 2013. Erano a conoscenza della criticità dell’infrastruttura e non hanno fatto nulla.
Incredibile…
Il panorama degli elementi raccolti dalla Procura è demoralizzante. Non si accetta tutto questo. Non l’accetteremo mai. Pensare che i nostri parenti si sarebbero potuti salvare è come una coltellata in pieno petto. E voglio dire di più.
Prego.
Vennero sottoscritte dalla società ulteriori polizze assicurative riguardanti il ponte.
Perché si parla così poco del processo?
Perché è scomodo farlo. Fino a che si parlava solo della ricostruzione del ponte l’Italia faceva bella figura. Ma parlare delle responsabilità dello Stato e di una società così grande come Aspi è molto scomodo, ancor di più perché sono stati più di uno i governi responsabili della stesura e dell’approvazione della concessione originaria. Anche le istituzioni hanno le loro grandi colpe, infatti, tra gli imputati ci sono persone che hanno a più riprese lavorato nelle istituzioni
In questi anni di lotta c’è stato un momento in cui ha percepito una grande una speranza di cambiamento?
Nelle prime fasi, sentivamo vicino a noi un calore istituzionale molto forte.
E adesso?
Questa speranza via via è andata persa. Abbiamo percepito l’allontanamento. Non solo da noi familiari ma soprattutto dalle problematiche. Questo ci ha fatto male. Costruito il ponte sembrava tutto finito. Chiuso così. Ma per noi non sarà mai chiuso.
Vi arrabbiate quando si parla di disgrazia?
Sì, i nostri parenti sono stati uccisi, altro che disgrazia.
I media vi hanno deluso?
Ci sono stati media che non ci hanno mai abbandonato. Più passa il tempo e più percepiamo l’allontanamento da parte di molti. Solitamente per il 14 agosto (l’anniversario del crollo del Morandi) riceviamo più richieste di interviste dalla stampa estera che da quella italiana e questo ci sembra un po’ paradossale.
Cosa significa per voi oggi ottenere giustizia?
Una parte di giustizia non potremo più averla. Mi riferisco al mandare a casa gli azionisti senza nulla in tasca. Vorremmo una sentenza che dimostri tutte le responsabilità. Ci piacerebbe soprattutto che le indagini che sta facendo oggi la Procura di Roma possano far emergere il quadro finanziario potenzialmente delinquenziale degli ultimi 20 anni in Aspi. Profitti fatti sulla pelle di centinaia di migliaia di cittadini che hanno rischiato la vita e sulla pelle di coloro che la vita l’hanno persa.
[di Alessandro Di Battista]
Un articolo onesto e chiaro, che sa dare la parola, e che ti fa sentire dalla parte giusta.