I mondiali di calcio portano per la prima volta il Qatar al centro dell’attenzione mediatica mondiale, una vetrina che fino ad oggi lo stesso emirato ha sempre dato idea di voler evitare. Come se il contestatissimo evento arrivasse a segnare un punto di svolta nella storia di questo Paese grande circa come l’Abruzzo, edificato sulla sabbia e con un clima semi-invivibile, divenuto una piccola potenza economica – e quindi politica – con un Pil procapite doppio a quello dei più ricchi stati occidentali. Una lunga storia quella del Qatar, a tratti avvincente, che si basa sulla fortuna del petrolio, certo, ma non solo.
Cosa sappiamo del Qatar?
Il Paese è stato governato dal 1869 ad oggi come una monarchia ereditaria dalla famiglia al-Thani. L’attuale emiro, in carica dal 2013, è Tamim bin Hamad Al Thani, il quale detiene un’ampia serie di poteri che lo rendono di fatto quasi un monarca assoluto. All’emiro la Costituzione riconosce poteri sia esecutivi che legislativi, oltre al controllo sulla magistratura. Ad al-Thani spetta inoltre il compito di nominare il primo ministro e il gabinetto di governo, mentre l’altro organo legislativo del Paese, l’Assemblea consultiva, eletta per la prima volta nel 2021 dispone di poteri limitati che le permettono solamente di bloccare alcune leggi e di revocare i ministri. Nell’ottobre del 2021 si sono infatti tenute in Qatar le prime storiche elezioni, inizialmente previste per il 2013, le quali hanno permesso ai cittadini di eleggere 30 dei 45 membri dell’assemblea – i rimanenti 15 membri sono nominati dall’emiro. I candidati che si sono presentati alle elezioni hanno potuto concorrere, previa approvazione, esclusivamente da indipendenti, dal momento che non esistono partiti politici nel Paese. Nessuna donna è stata eletta e secondo la ONG Human Rights Watch a molti cittadini è stato comunque negato il diritto di voto, nonostante sulla carta in Qatar esista il suffragio universale.
Cenni storici
Lo scoppio della prima guerra mondiale e il declino dell’Impero Ottomano hanno spinto il Qatar sotto la sfera d’influenza della corona inglese. Nel 1916 l’allora sceicco Abdullah bin Jassim Al Thani siglò un trattato con il governo inglese che incluse il Qatar nel Trucial System of Administration, sistema studiato dall’allora governo britannico che garantiva protezione in cambio di influenza alle confederazioni tribali nell’Arabia sudorientale. Con la firma del trattato lo sceicco Abdullah si impegnava a non entrare in relazioni diplomatiche con nessuna altra potenza mondiale, se non con il previo consenso del governo britannico, in cambio di protezione militare nell’eventualità di un’invasione. Questi trattati con le confederazioni tribali della penisola arabica hanno garantito alle imprese del Regno Unito vantaggiosi contratti per lo sfruttamento del petrolio nella regione. I primi pozzi di petrolio vennero scoperti in Qatar nel 1939 e, a seguito della seconda guerra mondiale, i legami con la potenza coloniale vennero incentrati sul commercio del greggio. Il petrolio divenne quindi la prima fonte di ricchezza del Qatar, andando a soppiantare il commercio delle perle che prima di allora costituiva il principale ingresso economico. L’enorme flusso di denaro generato dal settore energetico ha permesso al Qatar di avviare un processo di ammodernamento del Paese, oltre a garantire enormi ricchezze personali alla famiglia al-Thani. Nel 1968, con il processo di decolonizzazione in atto a livello mondiale, il governo britannico – che aveva perso le colonie in India e Pakistan – annunciò l’intenzione di abbandonare anche il golfo Persico entro tre anni. Nel 1971 si dichiarano quindi indipendenti i Paesi facenti parte del Trucial System of Administration, Qatar, Bahrain e l’insieme di sceicchi che hanno poi formato gli Emirati Arabi Uniti. L’indipendenza del Qatar garantì comunque alle compagnie petrolifere inglesi e occidentali di continuare a fare affari nel regno. La guerra del Golfo del 1991 lanciò il Qatar sullo scenario internazionale consolidandolo nella sfera d’influenza occidentale. Il piccolo esercito del regno prese parte alla battaglia di Khafij, quando con i suoi carri armati fornì supporto alle truppe saudite nel respingere l’invasione irachena che arrivava dal Kuwait. Inoltre il Qatar consentì alle truppe della coalizione canadese di utilizzare il Paese come base aerea, garantendo anche l’utilizzo dello spazio areo per le operazioni militari a Stati Uniti e Francia. Nel 1995 l’emiro Hamad bin Khalifa Al Thani prese il controllo del Paese soppiantando il padre grazie al sostegno delle forze armate. Sotto Hamad, il Qatar ha conosciuto un moderato grado di liberalizzazione: vennero infatti approvati il suffragio femminile, la stesura della prima Costituzione scritta e venne lanciata anche la nota stazione televisiva Al Jazeera. Nel 2010 Hamad al-Thani riuscì ad ottenere per il Qatar anche i diritti per ospitare la Coppa del Mondo FIFA del 2022, diventando così il primo Paese del Medio Oriente ad essere selezionato per ospitare il torneo. Nel 2013, lo sceicco Hamad cedette il potere al figlio Tamin, che da allora governa il Paese.
Politica estera
Negli anni il Qatar, grazie alle ricchezze derivate dalle risorse naturali, ha potuto assumere un ruolo di maggior rilievo a livello internazionale. Il Paese è stato fondamentale durante l’invasione dell’Iraq da parte di Stati Uniti e alleati nel 2003, tanto da divenire la sede del Comando Centrale dell’esercito Americano. Nel 2011 prese parte all’operazione militare della NATO in Libia. Operazione che porto alla cattura e all’uccisione di Gheddafi, gettando il Paese del nord Africa in uno stato di semi-anarchia che dura ancora oggi. La monarchia del Qatar è inoltre uno dei principali finanziatori delle forze di opposizione che hanno combattuto durante la guerra civile in Siria il governo di Bashar al-Assad. Anche in Yemen il Qatar ha partecipato in modo attivo, supportando le operazioni militari saudite contro il movimento ribelle degli Houthi, che durante le proteste di piazza note come “primavera araba” portò alla cacciata del presidente Ali Abdullah Saleh.
L’attivismo a livello internazionale del Qatar, e in particolare il suo ruolo durante le rivolte che colpirono il Bahrein nel 2011, ha portato ad un deterioramento delle relazioni con gli altri attori regionali. Nel 2017, adducendo il supporto del Qatar a gruppi estremisti, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain e in seguito la Giordania, interruppero le relazioni diplomatiche ed imposero un blocco economico che includeva la chiusura del confine e dello spazio aereo. Il Qatar ha sempre negato di aver fornito supporto ad organizzazioni estremiste come al-Qaeda, dato che il Paese era stato alleato degli Stati Uniti nella “guerra al terrorismo”, riconoscendo tuttavia il supporto alla Fratellanza Musulmana, gruppo di stampo islamista nato in Egitto a fine anni ’20 il quale, a seguito della caduta di Mubarak nel 2011, era riuscito a far eleggere in Egitto un suo alleato Mohamed Morsi. La presidenza di Morsi venne poi interrotta bruscamente dal colpo di Stato militare capeggiato da Abdel Fattah al-Sisi, che ancora oggi governa l’Egitto. Nel gennaio del 2021, grazie alla mediazione di Stati Uniti e Kuwait, l’Arabia Saudita e il Qatar siglarono un accordo per la riconciliazione e il ripristino di normali relazioni diplomatiche. Il “boicottaggio” da parte delle monarchie del Golfo ha di fatto rafforzato il Qatar, che è stato in grado di crescere sia economicamente che militarmente grazie anche all’incremento delle relazioni con Iran e Turchia.
Leggi e cittadinanza
Il Qatar ha una popolazione di circa 2,9 milioni di persone: di queste, tuttavia, solo poco più di 380.000 sono cittadini, mentre i restanti sono immigrati. Il reddito pro capite annuo in Qatar al 2021 era di 61,276 dollari (dati della Banca Mondiale), rendendo di fatto la monarchia uno degli stati più ricchi al mondo. Le enormi entrate derivate dal petrolio hanno permesso allo Stato nel tempo di costruire un ampio sistema di sicurezze sociali per i cittadini qatarioti: scuola, sanità e abitazione sono infatti pubbliche e garantite. Un sistema sociale che potremmo definire come di benessere in cambio delle libertà politiche e civili. In Qatar non esistono infatti partiti politici né organizzazioni sindacali e la legislazione si basa principalmente sulla legge islamica, la Sharia. Punizioni corporali come frustate e lapidazione sono pene previste dalla legge, anche se sempre meno applicate, mentre omosessualità e apostasia sono considerati crimini punibili con la pena di morte. Il consumo di alcool è illegale, anche se le autorità hanno annunciato che la vendita sarà eccezionalmente permessa nelle aree per i tifosi in occasione delle partite del mondiale. Mentre le punizioni previste dalla legge vengono applicate a tutti senza distinzione di sesso o religione, lo stesso non si può dure dei benefici derivanti dalla cittadinanza, da cui milioni di immigrati sono totalmente esclusi. In Qatar esiste infatti nei fatti una forma di moderna schiavitù di migliaia di immigrati provenienti da India, Pakistan e Bangladesh. In generale, ai migranti provenienti dai Paesi poveri vengono riservati i lavori più umili e pericolosi, senza il rispetto delle più basilari norme di sicurezza. Stando ad un articolo pubblicato nel febbraio 2021 della testata inglese The Guardian, sarebbero oltre 6.500 gli immigrati morti da quanto il Qatar ha ottenuto i diritti per i mondiali di calcio. Inoltre sono stati riportati anche numerosi casi in cui ai lavoratori non sono stati pagati i salari, o sono stati sequestrati i documenti di modo che diventasse per loro impossibile lasciare il Paese.
Economia
L’economia del Qatar è basata principalmente sullo sfruttamento delle ricchezze naturali di cui il Paese dispone: gas e petrolio. I due combustibili fossili rappresentano oltre il 70% delle entrate totali del governo, il 60% del prodotto interno lordo e circa l’85% dei proventi delle esportazioni. Nonostante le dimensioni ridotte – la superficie del Paese equivale a circa la metà dell’Emilia Romagna – il Qatar detiene le terze risorse al mondo di gas naturale per dimensioni dopo Russia e Iran, ed è il secondo esportatore a livello mondiale. Il giacimento di North Field è infatti il più grande singolo giacimento al mondo per dmensioni. Oltre alla produzione di gas, può contare anche su importanti risorse petrolifere, stimate a 25 miliardi di barili. La produzione giornaliera è di circa 1,3 milioni di barili: di questi, circa 1 milione sono destinati all’esportazione. Secondo gli studi, mentendo costanti gli attuali livelli di produzione, il Qatar potrà continuare a sfruttare le proprie riserve di gas per altri 300 anni, per 80 le riserve di greggio. Il governo del Paese per diversificare l’economia sta inoltre puntando molto sullo sviluppo del settore finanziario e bancario.
Al Jazeera, media autorevole o strumento del regime?
Il caso di al Jazeera è più unico che raro a livello globale: un media di regime, di proprietà della famiglia reale e finanziato con soldi pubblici, ma che allo stesso tempo è stato in grado, negli oltre 20 anni di attività, di guadagnarsi autorevolezza grazie ad un giornalismo di qualità. Ed in effetti l’emittente è un formidabile strumento di politica estera nelle mani del Qatar. Grazie alla sua portata – è la prima emittente in lingua araba a livello mondiale – al Jazeera permette al regno di spingere la sua narrazione quando si trattano particolari avvenimenti. Come nel caso delle rivolte della primavera araba, in cui il Qatar ha potuto incentrare l’attenzione a livello internazionale su ciò che stava accadendo in Paesi nemici. Non a caso durante gli anni del boicottaggio del Paese da parte delle vicine monarchie del Golfo, uno dei principali punti di tensione era proprio relativo al ruolo di al Jazeera. Arabia Saudita ed Emirati Arabi sono stati tra i Paesi più critici del media qatariota, tanto da chiederne in diverse occasioni la chiusura. Almeno formalmente, l’emittente ha un certo grado di indipendenza dal governo, anche se numerosi critici hanno fatto notare come molto spesso le posizioni assunte dall’emittente siano coincise con quelle del governo del Qatar. In realtà, in qualche rara occasione, al Jazeera ha anche pubblicato contenuti critici sull’operato del governo. Secondo comunicazioni interne del Dipartimento di Stato americano, pubblicate da WikiLeaks, la linea editoriale del giornale sarebbe stata decisa in accordo con gli interessi politici del Qatar. Quella di al Jazeera resta indubbiamente un’informazione di qualità su molti argomenti, anche se solo parzialmente libera.
[di Enrico Phelipon]