Condizioni di sovraffollamento, esemplari stressati che si beccano o si strappano le penne a vicenda e pulcini incastrati con le zampe nelle maglie della rete metallica: sono queste alcune delle criticità emerse da un’indagine realizzata dall’associazione Essere Animali in diversi allevamenti intensivi italiani di quaglie, che come documentato vengono rinchiuse in gabbia per la produzione di uova e carne. Quello che emerge è nel complesso un quadro molto preoccupante, da cui si evince che – al pari degli altri animali – anche le quaglie allevate intensivamente sono condannate ad una vita di sofferenze.
Dall’indagine, infatti, è nello specifico emerso che in ogni gabbia vengono ammassate circa 50 quaglie, che arrivano ad avere ognuna a disposizione uno spazio di circa 10 x 10 centimetri. Oltre ad assicurare poco spazio agli animali, poi, le gabbie sono spoglie, dato che al loro interno non viene fornito alcun arricchimento ambientale, come ad esempio un substrato dove razzolare, becchettare o in cui fare i bagni di sabbia. Per le quaglie, dunque, è praticamente impossibile muoversi liberamente ed esprimere i comportamenti tipici della loro specie, come volare, correre, esplorare, razzolare e becchettare. Ovviamente, tutto ciò induce stress e frustrazione nelle quaglie, il che può a sua volta portare ad una maggiore aggressività negli animali. È per questi motivi quindi che le quaglie, come anticipato, si beccano o si strappano a vicenda le penne, rendendosi così protagoniste di atti che con ogni probabilità rappresentano una manifestazione del disagio vissuto.
Le sofferenze per le quaglie però non finiscono di certo qui: lo stress e la frustrazione derivanti dallo stato in cui versano, infatti, indeboliscono il loro sistema immunitario aumentando la possibilità di contrarre malattie, ed a quanto pare non a caso sono stati trovati esemplari ammalati ed agonizzanti nonché altri morti. Inoltre, la stessa superficie sulla quale appoggiano le zampe può causare alle quaglie problemi di non poco conto. Il pavimento in rete metallica, infatti, può provocare malformazioni, gonfiori e ferite alle zampe, mentre un pericolo ancora maggiore è riservato ai pulcini, che come documentato possono rimanere incastrati con le zampe nelle maglie della rete. Altro triste particolare testimoniato dall’associazione, infine, è quello legato all’impossibilità di volare. Le quaglie, infatti, generalmente quando sono spaventate spiccano istintivamente il volo per fuggire, ma trovandosi all’interno delle gabbie nel momento in cui lo fanno sbattono la testa contro il piano superiore delle stesse, rischiando di ferirsi anche in maniera grave.
«Non si tratta di piccole aziende familiari, gli allevamenti di quaglie sono sistemi intensivi dove gli animali vengono rinchiusi in condizioni drammatiche», ha dunque affermato il Responsabile investigazioni di Essere Animali Francesco Ceccarelli, sottolineando come sia «vergognoso» il fatto che «nel nostro Paese simili metodi di allevamento siano ancora consentiti». È proprio per chiedere al Governo italiano di schierarsi in maniera chiara contro l’uso delle gabbie negli allevamenti, del resto, che l’associazione ha diffuso l’investigazione assieme ad End the Cage Age, una coalizione formata da oltre 20 organizzazioni italiane ( tra cui Essere Animali) negli scorsi mesi, il cui scopo è appunto quello di assicurarsi che l’esecutivo assuma una posizione netta in tal senso. Nello specifico, tramite una petizione firmata da quasi 26mila persone e tuttora sottoscrivibile, la coalizione chiede al Governo di sostenere l’impegno della Commissione europea di eliminare gradualmente l’uso delle gabbie negli allevamenti europei e di promuovere anche a livello nazionale l’adozione urgente di una normativa che ne vieti l’utilizzo. Richieste che, alla luce di questa indagine, appaiono oltremodo motivate.
[di Raffaele De Luca]