Un documentario del 2017 della durata di 130 minuti, diretto del poliedrico artista cinese di fama mondiale Ai Weiwei che si è messo dietro la macchina da presa per raccontare migranti, profughi e rifugiati di tutto il mondo. Oltre 65 milioni di persone in tutto il pianeta sono state costrette a lasciare le proprie case per sfuggire a carestie, cambiamenti climatici e guerre nel più grande spostamento umano dalla Seconda Guerra Mondiale. Un viaggio attraverso una quarantina di campi profughi in 23 paesi, girato nel corso di un anno ricco di eventi, una catena di storie umane che si estende come una valanga in tutto il mondo, in paesi come Afghanistan, Bangladesh, Francia, Grecia, Germania, Ungheria, Iraq, Israele, Italia, Giordania, Kenya, Libano, Macedonia, Malesia, Messico, Pakistan, Palestina, Serbia, Svizzera, Siria, Thailandia e Turchia. Il documentario spiega sia la scala sbalorditiva della crisi dei rifugiati sia il suo enorme impatto sociale e umano.
Human Flow è testimonianza dei suoi soggetti e della loro disperata ricerca di sicurezza, riparo e giustizia, dagli affollati campi profughi ai pericolosi oceani fino ai confini sempre di più delineati da muri e filo spinato. Un inarrestabile flusso di uomini, donne e bambini, scappati dalla loro casa con poche cose nei sacchetti di plastica, negli zaini, i migranti nelle coperte isotermiche, nei giubbotti arancioni degli sbarchi, lunghissime e sfiancanti camminate, interminabili attese con il richiamo ossessionante delle vite lasciate e la speranza di trovare aiuto. Un documentario che ha il pregio di non lasciarsi mai andare alla compassione e di mantenere un immersivo sguardo ad altezza d’umano, tecnicamente strutturato su poche parole, musica e una ricerca estetica delle immagini di alto livello con inquadrature dal forte impatto visivo, soffermandosi spesso sui volti smarriti e sulle azioni di vite disperate. In questo epico, intenso e commovente documentario, riuscito sia a livello artistico che di contenuti.
L’artista dissidente cinese Ai Weiwei mette la sua arte e il suo attivismo a servizio della causa come aveva già fatto a Firenze nel 2016, per richiamare l’attenzione sulla crisi umanitaria in atto, con una suggestiva istallazione di forte impatto politico, rivestì con gommoni rossi la facciata di Palazzo Strozzi, nello stesso anno tappezzò le colonne del Konzerthaus di Berlino con 14.000 giubbotti di salvataggio presi nell’isola di Lesbo. Come ha dichiarato lo stesso artista, «Il film è realizzato con profonde convinzioni in merito al valore dei diritti umani. In questo momento di incertezza, abbiamo bisogno di più tolleranza, compassione e fiducia per l’altro. In caso contrario, l’umanità dovrà affrontare una crisi ancora più grande». Un film notevole, forte e di ampio raggio, che fa riflettere sulla natura dell’uomo in un pianeta in grande movimento e in continua mutazione, che preannuncia un immediato futuro ancora più catastrofico. Il documentario è disponibile su RaiPlay.
[di Federico Mels Colloredo]