Almeno 450 milioni di euro: è questa la spesa sostenuta fino ad ora dall’Italia per armare Kiev nella guerra contro la Russia secondo le elaborazioni di Milex, l’osservatorio indipendente sulle spese militari italiane. La stima è stata diffusa alla vigilia del dibattito parlamentare, previsto per oggi 29 novembre, nel quale è all’ordine del giorno la discussione di una proroga degli aiuti militari all’Ucraina per alcuni mesi o per tutto il 2023. Impegno che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha preso dinnanzi alla NATO e ai principali alleati internazionali.
L’autorizzazione alla “cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina” è stata definita con il decreto legge n. 14 del 2022 approvato dal governo Draghi, che specifica che i sistemi d’arma inviati a Kiev rientrano tra quelli già in possesso della Difesa italiana e che l’Ucraina non dovrà pagare per riceverli. Al momento risultano definiti cinque decreti interministeriali di invio, quattro dei quali emessi durante la XVIII legislatura, l’ultimo invece adottato a elezioni già avvenute e illustrato dal Ministro della Difesa Guerini al Copasir lo scorso 4 ottobre. La lista delle armi inviate dall’Italia a Kiev è segreta, ma diverse informazioni sul contenuto delle donazioni militari sono trapelate lo scorso mese. Queste conterrebbero alcune delle dotazioni più moderne delle quali il nostro esercito dispone, come i semoventi MLRS, che possono trasportare 12 razzi con guida satellitare GPS e portata di 70 chilometri muovendosi su di un veicolo cingolato e corazzato. L’Italia avrebbe inviato anche i PZH2000, obici semoventi che dispongono di un cannone da 155 millimetri a caricamento automatico e direzione di tiro computerizzata, capaci di colpire obiettivi fino a 40 chilometri di distanza (che arrivano a 70, se caricati con munizioni speciali) sparando venti proiettili in tre minuti.
Fino ad oggi, secondo Milex, l’Italia avrebbe donato a Kiev armamenti per un valore di 150 milioni di euro. La metà di questa cifra, secondo gli accordi, dovrebbe essere rimborsata da parte dell’Unione Europea. Tuttavia, al netto dei rimborsi, la spesa già ipotecata da Roma è molto più alta. Questo perché, secondo gli accordi europei, l’Italia dovrà contribuire con il 12,5% dei contributi al fondo europeo “European Peace Facility” (EPF) istituito nel marzo 2021 a supporto delle spese militari europee. Le erogazioni del fondo aggiornate ad ottobre ’22 si attestano a 3,1 miliardi di euro, con una quota per l’Italia che ha già raggiunto i 387 milioni di euro. Sommando questa cifra al 50% del valore delle armi italiane donate a Kiev (ovvero la quota che non verrà rimborsata dal fondo EPF) si ottiene quindi la cifra di 452 milioni di euro, ovvero quanto – secondo il rapporto Milex – l’Italia ha certamente già speso per supportare militarmente l’Ucraina.
Inoltre, specifica il rapporto, Il decreto legge 14/2022 prevede che “le somme in entrata derivanti dai decreti ministeriali” che individuano i materiali d’armamento ceduti devono essere riassegnate integralmente sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero della Difesa. Ciò significa che al dicastero guidato da Guido Crosetto dovranno essere garantiti fondi per reintegrare i propri arsenali con sistemi d’arma paragonabili a quelli donati a Kiev.
A scuola si fa la colletta per la carta igienica e le fotocopie e all’ospedale mi devo portare l’acqua da casa. Grazie cari politici. Vi auguro tutto il male possibile.