martedì 24 Dicembre 2024

Non solo glifosato: gli altri pesticidi non testati approvati in Europa

Il 30% di tutti i pesticidi autorizzati all’interno dell’Unione Europea è approvato “per estensione”, ovverosia viene riapprovato senza una nuova valutazione finale del relativo rischio: è quanto denunciato da foodwatch, un’organizzazione che si batte per la sicurezza dei prodotti alimentari, sulla base di una sua recente ricerca. Da quest’ultima, nello specifico, è emerso che nonostante l’autorizzazione per 135 pesticidi su un totale di 455 attualmente approvati nell’UE sia “effettivamente scaduta”, essa è stata “rinnovata più e più volte per anni” senza che l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) mettesse in campo una nuova valutazione sulla sicurezza degli stessi.

Un problema, quello appena citato, certamente non di poco conto, visto che come sottolineato dall’organizzazione tra i 135 pesticidi riapprovati alcuni sono “molto utilizzati”. Tra questi c’è ad esempio il Flufenacet, un “erbicida i cui metaboliti contaminano le falde acquifere” e “la cui autorizzazione era già scaduta nel 2012”, ma non solo. Anche l’approvazione della “neurotossica” deltametrina – un insetticida – è stata “prorogata ripetutamente dal 2013, pur essendo l’insetticida stato etichettato dall’UE come un cosiddetto ‘candidato alla sostituzione’, il che significa che dovrebbe effettivamente avere un periodo di approvazione più breve a causa dei suoi particolari effetti pericolosi”. Sostanze a quanto pare da usare con le pinze, dunque, ma nonostante ciò di fatto riapprovate a cuor leggero, tramite un meccanismo che non può che portare ad ipotizzare che pesticidi non dotati dei necessari requisiti di sicurezza siano continuati ad essere utilizzati. Un’ipotesi, del resto, non del tutto infondata: basterà ricordare il caso dell’insetticida Phosmet, la cui autorizzazione come sottolineato da foodwatch sarebbe dovuta scadere il 30 settembre 2017 ma è stata prorogata per 5 anni. Tuttavia a novembre 2022, dopo che l’EFSA ha definito un rischio elevato quello legato al Phosmet – descrivendolo in alcuni casi come “inaccettabile” – l’insetticida è stato vietato: nel mentre, però, è dunque stato utilizzato nonostante non fosse sicuro.

Da ricordare, poi, il fatto che tale opinabile meccanismo riguarda anche l’erbicida glifosato: come infatti precisato da foodwatch, recentemente la Commissione UE ha “annunciato di voler prolungare l’uso del glifosato fino a dicembre 2023, nonostante il parere finale dell’EFSA sul controverso pesticida sia previsto non prima del prossimo anno”. Un dettaglio, quest’ultimo, che non può che generare dubbi e perplessità, essendo il glifosato un erbicida molto discusso: basterà ricordare che – come rivelato da un’indagine della ONG Générations Futures – il rapporto di valutazione sulla sicurezza del glifosato, firmato da quattro Stati membri dell’UEè stato condotto ignorando oltre il 90% degli studi scientifici disponibili sul tema.

Insomma, il prolungamento dell’autorizzazione del glifosato – che si vorrebbe effettuare senza avere alle spalle la valutazione finale dell’EFSA – non può che catturare l’attenzione. Tuttavia, come sottolineato da foodwatch la situazione relativa al glifosato rappresenta solo la “punta dell’iceberg”. Il problema, come visto, è infatti molto più esteso di quanto si possa pensare, con una consistente parte dei pesticidi autorizzati nell’Unione Europea che viene riapprovata senza una nuova valutazione finale del rischio. È per questo, quindi, che l’organizzazione chiede che venga effettuata una riforma completa dell’attuale prassi autorizzativa dell’UE, concentrandosi tra l’altro su delle tasse di autorizzazione più elevate per i produttori di pesticidi in modo che le autorità dell’UE possano “condurre la valutazione del rischio in tempo” e sul ritiro dal mercato immediato di “tutti i pesticidi non valutati dall’EFSA secondo le regole di valutazione del rischio stabilite dal Regolamento CE 1107/2009″. Inoltre, l’UE dovrebbe definire una “strategia di uscita dai pesticidi coerente ed efficace”, con l’obiettivo di avere un’agricoltura priva degli stessi entro il 2035: al momento, però, le premesse non sembrano delle migliori.

[di Raffaele De Luca]

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