Il governo britannico ha approvato il progetto di una nuova miniera di carbone a Whitehaven, nel nord est dell’Inghilterra, a trent’anni dall’ultima apertura registratasi nel Paese. L’impianto sarà costruito dalla West Cumbria Mining e servirà a estrarre coke per la produzione di ferro e acciaio nel Paese nonché per l’export verso il resto d’Europa. Si tratta di un’inversione di marcia totale rispetto agli impegni presi sulla lotta al cambiamento climatico, tra cui quelli della COP26 di Glasgow, il cui obiettivo era “consegnare il carbone alla storia”. Nell’agosto 2019, il governo britannico stabilì la data del 2025 per la scadenza ufficiale dell’era coke, iniziata nel XVIII Secolo con la Rivoluzione Industriale.
La costruzione della nuova miniera avrà un costo di 165 milioni di sterline e richiederà due anni di lavori, al termine dei quali sarà in grado di produrre circa 2,8 milioni di tonnellate di carbon coke ogni 12 mesi. Il 20% del totale sarà destinato alla produzione interna di acciaio e ferro, mentre l’80% finirà sul mercato dell’Europa continentale. Durante il processo di lavorazione del combustibile fossile vengono generate elevate quantità di anidride carbonica, il principale gas serra, a cui si aggiungono l’anidride solforosa, catalizzatore di piogge acide e malattie respiratorie, e l’ossido di azoto. Secondo le stime, la nuova miniera britannica produrrà circa 400mila tonnellate di emissioni di gas serra ogni anno. Una previsione che ha già scatenato la reazione delle associazioni ambientaliste, pronte a citare in giudizio lo Stato per violazione dei suoi obblighi internazionali in materia di contrasto al cambiamento climatico. Nel corso degli ultimi anni, il Regno Unito ha approvato diverse leggi che impongono l’azzeramento delle emissioni di gas serra entro il 2050 e per questo motivo la miniera dovrà chiudere entro il 2049.
Il governo si è difeso dalle accuse affermando che il nuovo impianto creerà oltre 500 posti di lavoro e che in sua assenza il Regno Unito sarebbe costretto a importare coke dall’estero per alimentare la produzione di ferro e acciaio. Al riguardo, diversi esperti economici hanno sollevato dubbi sulla convenienza del progetto, dal momento in cui la domanda di carbone nella produzione di acciaio sta diminuendo, con l’industria orientata verso l’utilizzo dell’idrogeno come fonte.
[di Salvatore Toscano]