domenica 22 Dicembre 2024

Libertà da, libertà di

La libertà è una dea, di lei non si può parlare, si sbaglia sempre a nominarla. La sentiamo lontana su un piedistallo, irraggiungibile, oppure gettata nella polvere, nel fango, come un’innocente perseguitata.

La libertà è donna, non perché è fragile, ma perché genera, partorisce sempre qualcosa, ma il suo partner è oscuro, non si rivela.

La libertà è una donna lasciata ingiustamente sola, priva lei di scegliere, di farsi amare da chi desidera. La libertà deve generare rispetto, non paura, la libertà vera si allea con l’ignoto ma ha bisogno di certezze. Lei, la libertà, è prigioniera, delle ideologie, delle fedi sbagliate, lei è decantata per la sua bellezza ma tradita, umiliata, contesa tra persone di lei spesso indegne.

Se però il potere è di genere maschile, la parola ‘potere’ intendo, allora capiamo perché libertà e potere siano sempre sull’orlo del divorzio. Perché il potere troppe volte la bestemmia, la violenta, la contraddice, la tradisce, la proclama mentre la schiaccia.

La ‘libertà di’ è l’espressione di una volontà, di una intenzione, di un progetto, oppure è semplicemente la libertà come respiro, come sguardo senza limiti, senza zone oscure, senza maschere, senza veli.

La ‘libertà di’ esiste se c’è una scelta, se è l’espressione di te che sei al mercato e ti fai convincere dalla merce che ti piace e che ti puoi permettere, la ‘libertà di’ è scrivere la storia della tua vita con gli accenti che fanno sentire meglio la tua voce, i tuoi sentimenti, senza censure preventive. La ‘libertà di’ è quella che porti con te e che sai condividere con altri, senza prevaricare, progettando insieme.

La ‘libertà da’ è invece quella che ti appaga, che ti lascia vincente nel silenzio e nel digiuno, è la libertà di una vittoria che sembrava una sconfitta, che ti consente di rinunciare agli obblighi imposti, alle forzature ipocrite, alle convenienze dettate da chi sta vincendo.

La ‘libertà da’ è, si dice, la libertà dal bisogno. No. Perché del bisogno c’è sempre bisogno, e i tuoi orizzonti siano tuoi, non di altri. Purché la felicità non pretenda di dartela lo Stato o il governo o qualsiasi istituzione. Loro limitino i tuoi danni, se ne sono capaci.

[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]

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2 Commenti

  1. Penso che la libertà nasca da una sincerità rispetto ai segnali che troviamo in noi stessi, segnali carichi di intuito e di orizzonte ma anche di fedeltà al nostro modo di vedere. Io penso che sia sempre una questione di ascolto e di non prevaricazione. Ma sarebbe interessante creare un dialogo sull’argomento per rendere concordanti le forze e le spinte che riceviamo. Da dove? Certamente il Mondo è una totalità che parla come un’orchestra da ascoltare con devozione. Grazie del tuo intervento

  2. Così come lo esprimi il concetto di libertà mi richiama quello di responsabilità, ma non sono certo di centrare il punto della tua sollecitazione. Concordo che la libertà in senso profondo non ha nulla a che fare con i limiti che altri, come le istituzioni dello Stato, pretendono di porre come giusti con diritti e doveri. A mio modo di vedere ha a che fare con la propria intima, personale, sincera relazione con il Mondo.

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