Una comunità energetica in ciascuno dei 15 Municipi della Capitale: è questo il piano che si punta a realizzare nella città di Roma e di cui si occuperà il Gruppo di Lavoro intersettoriale “Comunità energetiche e impianti solari”, istituito da una delibera della Giunta. A renderlo noto è proprio Roma Capitale tramite un comunicato pubblicato sul suo sito web, con il quale si fa sapere che il Gruppo di Lavoro “contribuirà a organizzare il lavoro dell’amministrazione comunale garantendo supporto alla creazione di comunità energetiche e all’installazione di impianti solari nel territorio comunale”. L’obiettivo è quello di creare comunità energetiche che lavorino per l’autosufficienza, istallando pannelli “a partire dai tetti pubblici”, con il fine di “produrre quanto necessario al fabbisogno di scuole o altri servizi, nonché di condividere l’energia con i soci della comunità”. Verranno inoltre coinvolte “le famiglie in difficoltà e le case famiglia, supportando progetti di solidarietà nei quartieri grazie ai benefici generati”.
A coordinarne la realizzazione sarà il SIMU (Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana) in collaborazione con i Municipi, che selezioneranno gli edifici da cui fare partire i progetti, mentre il Comune di Roma si occuperà di finanziare questi 15 progetti. Il Gruppo di lavoro – composto dai rappresentanti dei diversi dipartimenti capitolini competenti e coordinato dall’Ufficio Clima del Gabinetto del Sindaco – dovrà invece “lavorare assieme ai Municipi, alla Città Metropolitana e ad Areti, che a Roma gestisce la rete elettrica di distribuzione, e a supporto, sempre dei Municipi, nelle attività di informazione ai cittadini e in quelle di formazione professionale rivolte a tecnici interni ed esterni all’Amministrazione”.
Una serie di compiti che a quanto pare rientrano nell’obiettivo della delibera, ovverosia quello di “definire gli indirizzi per la semplificazione delle procedure di installazione, per il supporto a famiglie, associazioni e imprese”. L’amministrazione capitolina, del resto, supporterà la “realizzazione di comunità energetiche e di progetti di autoconsumo collettivo promosse da cittadini, piccole e medie imprese, fondazioni, associazioni del Terzo settore ed enti ecclesiastici, a partire dalla semplificazione delle procedure di installazione del solare”. In tal senso, verranno inoltre “creati accordi con il sistema bancario per facilitare l’accesso al credito di famiglie che vogliono far parte di comunità energetiche, a cominciare dai quartieri in cui più si soffre l’aumento delle bollette”. Il Comune “metterà a disposizione il proprio patrimonio di tetti pubblici per progetti promossi da famiglie e associazioni del terzo settore attraverso patti di collaborazione e patti educativi di comunità”: un patrimonio potenzialmente enorme, di cui fanno parte “1.200 edifici scolastici, tra scuole dell’infanzia, elementari e medie”, nonché “centinaia di edifici tra licei e istituti tecnici per uffici, edilizia sociale, biblioteche, musei e mercati”. Del resto, la realizzazione dei 15 progetti menzionati rappresenta una semplice fase sperimentale, la quale “anticiperà la costituzione di vere e proprie comunità energiche sulle circa 300 scuole che nei prossimi anni verranno riqualificate attraverso il Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS), dove è già prevista l’installazione di impianti solari”.
Un piano quindi di vasta portata, che non può non essere visto positivamente sia per fornire energia a prezzi più bassi, sia per aumentare la produzione di energie rinnovabili. Di comunità energetiche – per definizione coalizioni di utenti che collaborano con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire l’energia attraverso uno o più impianti energetici locali – ne esistono infatti diverse tipologie, ma ad accomunarle tutte vi è il fine di fornire energia rinnovabile a prezzi accessibili ai propri membri, piuttosto che dare priorità al profitto economico come una società energetica tradizionale. Una soluzione concreta alla crisi energetica dunque, nonché ai suoi effetti più nefasti sulle fasce sociali più vulnerabili, che potrebbe contribuire a mitigare le oscillazioni di mercato e a raggiungere gli obiettivi climatici. Produrre, immagazzinare e consumare energia elettrica nello stesso sito in cui un impianto di generazione locale la produce significa, infatti, partecipare attivamente alla transizione energetica e allo sviluppo sostenibile del Paese. Basti pensare che, in Italia, una famiglia consuma in media circa 2700 Kilowatt/ora di energia elettrica ogni anno rilasciando circa 950 kg di anidride carbonica. La stessa quantità di gas serra che, annualmente, verrebbe evitata all’atmosfera se quella medesima famiglia facesse parte di una comunità energetica. La speranza, ovviamente, è che l’ambizioso progetto messo in campo dall’amministrazione capitolina trovi anche puntuale applicazione.
[di Raffaele De Luca]