L’orizzonte si fa grigio quando dovrebbe illuminarsi, si fa grigio perché la politica, i trend delle mode globaliste e riduzionistiche vorrebbero oscurare il Natale, il ‘dies natalis‘, il giorno della nascita di Gesù. Certo, questo deve valere per chi crede ma ormai si può dire che, almeno in Occidente, non si impone né si prescrive alcuna fede. Bene e giustamente così.
Ma è forse tempo anche di un revisionismo del patriarcato e del paternalismo natalizio affidato a Babbo Natale, barbuto, affettuoso, pacioso, con tutto il suo corredo immaginifico. Traduzione consumistica, lui, di Sankta Klaus e di Gelo, entità simboliche dei mondi scandinavo e russo, in origine totalmente estranee al mondo impietoso dei consumi.
Non è per spirito politeistico ma soltanto per provocazione che vorrei parlare di Mamma Natale. Al di là di qualsiasi prescrizione religiosa o di costume sociale, è alla donna che si deve la natalità. Compresa ovviamente, prima fra tutte, la giovane palestinese di nome Maria, madre di nostro Signore.
Mamma Natale allora in generale, perché non scenda mai in secondo piano quel principio femminile generatore non soltanto della vita ma del tempo e della sua successione.
Il Natale è infatti da sempre immerso nella sospensione del tempo, nel silenzio dello scorrere del flusso di ogni cosa, nella durata che cambia velocità, nel ciclo dove tutto ritorna.
Il mondo antico e quello medievale, l’arte soprattutto, hanno celebrato questa attesa che non può essere che femminile, materna, apportatrice di grazia, una maternità che in ogni caso ha sempre qualcosa di sacro.
Per di più il Protoevangelo di Giacomo parla per il Natale di una sospensione cosmica, di blocco dei moti celesti, di sorprendenti irradiazioni energetiche: un mondo stupefatto, umano e animale, che si sofferma sull’ignoto, con tutte le attività sospese e le persone quasi incantate. La situazione narrata è di meraviglia e incantesimo dal sapore metafisico, quasi fantascientifico.
La discesa del Divino nel tempo, nella storia ha determinato fra l’altro una speciale attenzione alla nascita, all’insorgere di nuovi destini, alla formazione di dimensioni assolute.
La maternità di Maria illumina il Natale, interroga l’umanità sulle proprie mete. E intanto le persone, i parenti, gli amici si trovano, si incontrano, si scambiano doni come auguri e auguri come doni.
Auguri da rivolgere soprattutto ai piccoli che ci interrogano con il loro speciale stupore e che ci ricolmano di gioia e di responsabilità.
È Natale, la vita riprende, gli orologi oggi vanno ricaricati, l’alleanza umana non deve fermarsi.
[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]
Va bene allora a fine feste mettiamo il befano