Uno dei problemi sanitari con cui nell’ultimo periodo diversi paesi stanno facendo i conti è quello della carenza dei farmaci di uso comune, i quali a causa di molteplici fattori, tra cui le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, risultano essere difficilmente reperibili. In Italia, stando a quanto riportato dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), sono oltre 3.000 i medicinali attualmente carenti, ed all’interno di questa lista vi sono praticamente tutti i farmaci generalmente usati per contrastare l’influenza. Nell’elenco, infatti, troviamo ad esempio medicinali quali la tachipirina e l’aspirina, nonché farmaci a base di ibuprofene e mucolitici come l’acetilcisteina. Carenze evidentemente di non poco conto, soprattutto considerando che l’influenza si presenta in maniera massiccia proprio durante il periodo invernale.
Sarà anche per questo che già nel mese di novembre Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI), aveva invitato i cittadini ad «evitare inutili corse per l’accaparramento dei medicinali» ed a «rivolgersi al farmacista di fiducia». Mandelli aveva inoltre ricordato come già prima dell’estate la Federazione avesse «segnalato alle istituzioni la carenza di alcuni farmaci di uso comune», precisando che la stessa fosse causata da un «maggior utilizzo di questi prodotti per il trattamento domiciliare dei sintomi del Covid» ma non solo. Tra i fattori scatenanti, infatti, anche il «problema dell’aumento dei costi dell’energia e del caro carburante che si riversano sulle imprese produttrici e sulla catena distributiva, non essendo possibili fluttuazioni del prezzo dei farmaci che è deciso dallo Stato». Infine, tra le ragioni della carenza anche gli «effetti della crisi internazionale», con «difficoltà di approvvigionamento» legate non solo ai «principi attivi» ma altresì ai «materiali necessari per il confezionamento dei prodotti farmaceutici come il vetro delle fiale, la pellicola di alluminio che chiude il blister o la plastica conformata per alloggiare le compresse».
Non sarà un caso, dunque, il fatto che anche altri paesi sono alle prese con la mancanza di medicinali. Tramite un articolo del 17 dicembre, ad esempio, il The Guardian faceva sapere che il governo britannico aveva rilasciato ai farmacisti “cinque nuovi protocolli di grave carenza (SSP) nel tentativo di compensare i problemi di fornitura dell’antibiotico penicillina causati dal crescente numero di infezioni da streptococco A in tutto il Regno Unito”. “La Germania sta combattendo contro una drammatica carenza di medicinali”, titolava invece il 20 dicembre l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, dando notizia della proposta fatta dal capo dell’ordine dei medici, Klaus Reinhardt, secondo cui chi è sano dovrebbe cedere le medicine in suo possesso ai malati che abitano nel proprio quartiere. L’idea sarebbe quella di mettere su dei veri e proprio “mercatini”, che potrebbero addirittura includere medicinali scaduti da qualche mese. Infine, anche in Francia la situazione non sembra delle migliori. In un articolo pubblicato in questi giorni su Franceinfo, infatti, si legge che “da diverse settimane l’approvvigionamento delle farmacie è sotto pressione per diversi farmaci”, come il paracetamolo e l’amoxicillina (un antibiotico), motivo per cui si sarebbe optato per il razionamento delle dosi, mentre in Bretagna due farmacie sarebbero state autorizzate a preparare autonomamente l’amoxicillina destinata all’utilizzo pediatrico.
Una soluzione adottata anche dai farmacisti italiani, che come dichiarato da Andrea Mandelli si sono attivati per «sopperire alle carenze di alcuni medicinali di origine industriale, in particolare di uso pediatrico, allestendo i preparati in laboratorio e dispensandoli senza necessità di ricetta medica». Certo, secondo quanto spiegato al manifesto da Domenico Di Giorgio, dirigente dell’AIFA responsabile del monitoraggio, per la «stragrande maggioranza» dei prodotti carenti «sono disponibili farmaci equivalenti» ed «in realtà i prodotti critici, per i quali è autorizzata l’importazione in mancanza di equivalenti, sono poco più di trecento», con «il grosso delle importazioni» che «riguarda una trentina di prodotti». Tuttavia, per sua stessa ammissione «la tendenza all’aumento delle carenze è reale»: una tendenza che non può che preoccupare, soprattutto se si considera che non è detto che gli equivalenti a disposizione vengano acquistati dagli italiani. «L’Italia è il Paese che in Europa ha la più bassa percentuale di utilizzo di farmaci equivalenti», ha infatti dichiarato in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Messaggero il segretario nazionale di Federfarma (Federazione nazionale dei titolari di farmacia) Roberto Tobia, sottolineando che «ogni anno gli italiani spendono in maniera crescente cifre importanti, stimate intorno a 1 miliardo e mezzo di euro, per aggiungere di tasca proprio la differenza di prezzo del farmaco di marca rispetto al suo equivalente».
[di Raffaele De Luca]
anche questo serve per la depopolazione volute dalle elita fabiane,transumaniste, ma non ci riusciranno ci stanno tentando da tempo ma i piani sono sempre falliti
Dopo aver speso miliardi per le terapie geniche abbiamo finito l’aspirina.
Sarà un caso?
Povero mondo malato.