giovedì 21 Novembre 2024

Taranto, emergenza senza fine: l’ex Ilva riempie l’ambiente di benzene

Nuovo allarme attorno all’ex Ilva di Taranto. A segnalare il pericolo è Arpa Puglia, l’Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione Ambientale, che in una nota del 5 gennaio destinata ad Acciaierie d’Italia, la società che gestisce la fabbrica e ai commissari straordinari, scrive: “Adottate tutti i possibili interventi per ridurre le emissioni di benzene”, sostanza chimica organica altamente nociva e classificata dall’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro nel gruppo 1, tra le sostanze cioè con una sicura capacità di generare il cancro nell’uomo. Il monito, firmato dal direttore generale Vito Bruno, dal direttore scientifico Vincenzo Campanaro e dal direttore del dipartimento di Taranto Vittorio Esposito, specifica che “l’intera rete di centraline di qualità dell’aria e il sistema di monitoraggio lungo tutto il perimetro dello stabilimento hanno registrato un concomitante incremento delle concentrazioni di benzene», come nelle settimane scorse era già stato segnalato dalle associazioni ambientaliste della zona.

In particolare, il valore medio delle rilevazioni tra gennaio e novembre 2022 in zona stazione Tamburi, in Via Orsini (distante pochi chilometri dall’ex Ilva) è stata pari a 3,3 microgrammi per metro cubo. Una concertazione più alta rispetto agli 1,3 microgrammi per metro cubo del 2019, i 2,8 del 2020 e i 2,9 del 2021. Una quantità di benzene sopra la media è stata rilevata anche dalla stazione di controllo posizionata nell’area Parchi minerali, vicina al quartiere Tamburi: qui si sono sfiorati i 5,2 microgrammi per metro cubo, una cifra superiore alle medie annue del 2019 (1,4), 2020 (3,9) e 2021 (3,9). Considerando le valutazioni fatte invece all’interno della fabbrica, i dati sono ovviamente molto più alti. La centralina ha rilevato un valore medio di 33,2 microgrammi per metro cubo, quasi doppio rispetto del 18,4 del 2019 e comunque più alto dei 28,4 del 2020 e del 22,8 del 2021.

Il decreto legislativo 155/2010 stabilisce che  la soglia di concentrazione di benzene – e di altre sostanze simili – come valore medio annuale non debba superare i pari a 5 microgrammi per metro cubo. Escludendo l’acciaieria, al momento sarebbe “fuori legge” solo una delle centraline – quella cioè dei Parchi minerali. Questo non rende il resto delle zone sicure e fuori pericolo, anche perché “il rispetto del valore limite annuale di 5 microgrammi per metro cubo non garantisce l’assenza di rischi per la salute umana, soprattutto in una popolazione, come quella dell’area di Taranto, esposta per anni ad importanti pressioni ambientali con numerose e documentate ricadute sullo stato di salute”, ha sottolineato l’Asl di Taranto in una nota del 28 dicembre. Preoccupazione espressa anche dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), per cui “sul benzene non possono essere raccomandati livelli sicuri di esposizione”.

Nulla di nuovo in fin dei conti, visto che il 31 maggio del 2021 la Corte d’Assise di Taranto ha già condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva, processati nell’ambito dell’indagine “Ambiente Svenduto” per reati di disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Con loro è stato condannato (a tre anni e mezzo di carcere) anche Nichi Vendola, ex presidente della Regione Puglia, accusato di aver fatto pressioni su Giorgio Assennato, ex direttore di Arpa Puglia, quando attorno all’Ilva alcuni inquinanti cancerogeni avevano superato i limiti imposti dalla legge.

È chiaro dunque che ad oggi l’obiettivo resta – di fatto non c’è nulla di nuovo – quello di “raggiungere nel più breve tempo possibile una netta riduzione delle emissioni per tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori dell’acciaieria”. L’Istituto superiore di sanità dice che il benzene è particolarmente dannoso perché è in grado di insinuarsi rapidamente nei polmoni (entra nel nostro corpo per inalazione) e finisce per accumularsi nel tessuto adiposo, midollo osseo, sangue e fegato. L’intossicazione, che colpisce solitamente il sistema nervoso ed il cuore, non va sottovalutata: per l’Organizzazione Mondiale della Sanità inalare ogni giorno, per tutta la vita, 0.17 microgrammi per metro cubo di benzene, comporta un rischio pari a 1 su 1 milione di contrarre una malattia tumorale.

Uno dei motivi per cui nelle scorse settimane l’Europa ha deciso di destinare alle casse del nostro Stato più di un miliardo di euro – dei 17,5 totali a disposizione – nell’ambito del programma Just transition fund (JTF) 2021-2027 per “una transizione climatica giusta” di Taranto, con la sua Ilva (e del territorio del Sulcis, in Sardegna). Lo scopo è quello di aiutare il nostro Paese a riconvertire i territori maggiormente inquinati, non più finanziando colossi come l’Ilva, ma investendo su nuovi progetti green, portati avanti da piccole e medie imprese.

[di Gloria Ferrari]

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