Alle prime ore dell’alba di lunedì 23 gennaio erano all’incirca 700 i richiedenti asilo in attesa all’esterno degli uffici Immigrazione di via Cagni, a Milano. In seguito al tentativo di alcuni di questi di raggiungere le porte principali e piazzarsi in testa alla fila, la polizia ha deciso di intervenire con i lacrimogeni per disperdere la folla e ristabilire la “sicurezza”. Quello di lunedì non rappresenta, tuttavia, un caso isolato: già a dicembre le forze dell’ordine erano intervenute con manganelli per gestire la grande folla di persone riunitesi davanti alla sede decentrata degli uffici di via Cagni, che ancora ad oggi non vengono accolte in numero adeguato. « Invece di trovare soluzioni strutturali, predisponendo modalità giuste ed efficaci di ingresso sul territorio italiano e di accesso alla protezione internazionale, si ripete lo stesso metodo di sempre: un approccio emergenziale gestito con la violenza» aveva dichiarato in quell’occasione Anna Radice, presidente dell’Associazione Naga.
L’intervento coi lacrimogeni si è reso necessario, secondo quanto riportato dalla questura, nel momento in cui un gruppo di migranti si è diretto verso la porta di ingresso “in maniera repentina e compatta”, probabilmente per conquistare i primi posti della fila. A quel punto, la questura ha ritenuto mettere in campo “un intervento deciso della forza” al fine di “evitare contatti diretti che avrebbero potuto compromettere la sicurezza anche di soggetti estranei a questa azione”. Grazie al “lancio di lacrimogeni a mano” è stato possibile “disperdere subito i facinorosi” e “avviare regolarmente le operazioni di accesso”.
Alcune delle persone presenti lunedì mattina erano arrivate già il venerdì precedente, per poter guadagnare un posto in fila e aver accesso a un diritto costituzionale, ovvero la possibilità di avanzare richiesta di asilo. Tuttavia, ad oggi, la questura di Milano non ha ancora trovato la maniera di gestire le richieste in modo ottimale. Il sistema adottato dallo scorso dicembre è una specie di gioco a premi: le prime 120 persone che si presentano il lunedì mattina agli uffici potranno ricevere l’appuntamento per presentare la domanda di asilo, gli altri dovranno ritentare. «Si tratta di problematiche che in misura inferiore si riscontrano anche in altre questure d’Italia, ma a Milano è veramente una tragedia» commenta a L’Indipendente Lorenzo, attivista della rete Mai più lager – No ai CPR. «È un comportamento molto ipocrita da parte delle istituzioni, perché la richiesta di asilo è uno degli unici strumenti che i migranti hanno a disposizione per poter accedere a canali di ingresso regolari».
«Il processo di criminalizzazione dell’immigrazione è in atto da decenni e si manifesta a volte subdolamente nel linguaggio, nella formulazione della norme, nella rappresentazione del fenomeno migratorio, altre volte in modo plastico, violento e spudorato, come è successo davanti agli uffici della Questura di via Cagni a Milano» sostiene Anna Radice, commentando quanto avvenuto nella mattina di lunedì. Le denunce dell’associazione riguardo all’inadeguatezza dei sistemi adottati per gestire le domande di asilo risalgono già al 2021, ma da allora non vi sono stati miglioramenti.
[di Valeria Casolaro]