Il surimi, detto anche “polpa di granchio”, è un prodotto diffusissimo nei ristoranti, mense e ristorazione collettiva in genere, ma comune anche nei supermercati e nelle tavole degli italiani, specialmente durante i cenoni a base di pesce tipici delle festività natalizie o di altre feste in cui il pesce diventa il protagonista della tavola. Ma di cosa si tratta in concreto da un punto di vista strettamente tecnico e nutrizionale? È davvero fatto di polpa di granchio, un crostaceo prelibato e costoso?
Spesso il surimi viene usato per comporre la più classica delle insalate di mare (non nei ristoranti di alto livello però). Il surimi è qualcosa di poco naturale e molto artificioso. Si tratta di un composto alimentare prodotto con le parti tritate e poi pressate (compattate) di altri pesci, spesso considerate scarti della lavorazione di pesci, come il merluzzo o il nasello. A questo composto si aggiungono sempre (e sottolineo l’avverbio sempre) degli zuccheri, amidi, addensanti, coloranti, olio vegetale, sale e conservanti per creare i cilindri bicolore, ovvero l’interno bianco e il contorno arancione.
Non contiene polpa di granchio ma l’aroma
Il sapore di granchio, invece, è dato da un’aroma artificiale di granchio, tanto è vero che la dicitura ufficiale sulla confezione dei prodotti è “bastoncini al sapore di granchio”. Infatti il surimi contiene al massimo un 30-40% di polpa tritata di pesce (ma non polpa di granchio), e per il resto è fatto di amido, olio e altri additivi compresi degli zuccheri. Dal punto di vista nutrizionale, il surimi è un prodotto con tanto sale aggiunto che lo rende poco adatto a persone con problemi di ipertensione e patologie renali, ma che possiamo sconsigliare anche a persone sane, a causa del carico di conservanti e additivi aggiunti in questa preparazione. È da considerare un po’ come il “wurstel di mare”, in quanto è molto simile negli ingredienti e negli additivi al cilindretto di carne separata meccanicamente che definiamo wurstel. E come si sa, il wurstel non è di certo un alimento da consigliare e consumare senza pensieri (preparato alimentare sarebbe il termine più corretto).
Il marketing fuorviante di questi prodotti
Qui sopra nell’immagine mostro una delle tante confezioni di surimi che è possibile trovare nei supermercati. Aldilà della marca nello specifico (l’ingredientistica è in effetti sempre la stessa e non varia da marca a marca), quello che è interessante notare è la dicitura che accompagna la presentazione del prodotto, tratta direttamente dalla pagina internet del produttore. Si legge infetti che “il surimi è ottenuto dalla selezione delle parti migliori di pesce, che vengono poi tagliate, lavate e affinate”. Appare subito molto contraddittorio il fatto che si parta dalle “parti migliori del pesce” ma poi queste debbano essere lavorate e affinate. Ma se si tratta delle parti migliori, cosa ci sarebbe da “affinare” ulteriormente? È chiaro che si tratta di descrizioni invitanti e puramente magnificatorie, che servono per fare maggior presa sul consumatore.
La lista ingredienti non mente, il prodotto è altamente lavorato, addizionato e trattato a partire da una materia prima scarsa (solo il 38% di pesce) e di bassa qualità. Da questa considerazione non si scappa ed è tanto vero che persino analizzando la tabella nutrizionale del prodotto (qui riportata nella immagine sulla parte sinistra) vediamo immediatamente che sono presenti ben 11,4 grammi di carboidrati e 1,53 grammi di sale ogni 100g di prodotto. Nessuna vera polpa di granchio o anche di pesce conterrebbe mai 11 grammi e mezzo di carboidrati e 1,50 grammi di sale. È evidente come il prodotto sia un vero preparato alimentare con aggiunta di carboidrati ed altre sostanze con funzione edulcorante. Segnalo che in questo caso è presente anche il glutammato monosodico, anch’esso un sale a tutti gli effetti, ma che sfugge al computo dei quantitativi di sale riportato in tabella nutrizionale. Inoltre fra gli ingredienti ritroviamo anche una voce non meglio specificata: proteina vegetale. Non è dato sapere a cosa ci si riferisce con “proteina vegetale”, potrebbe essere qualsiasi cosa come proteine di riso, soia, piselli, nella migliore delle ipotesi, oppure glutine nella peggiore delle ipotesi. Il glutine è la proteina del grano, ed è appunto una proteina vegetale, ma con effetti allergizzanti quando viene inserito in quantitativi concentrati nei prodotti alimentari. E soprattutto dovrebbe essere dichiarato chiaramente (come anche la soia), in quanto si tratta di sostanze definite dalla legge come allergeni. In questo caso l’indicazione in etichetta è molto vaga e sicuramente scorretta e non a norma di legge.
[di Gianpaolo Usai]
Per michaeldrudi7
Metterebbe il produttore in seri guai? chi controlla le multinazionali? Tanto è che esse si avvalgono da cento anni della fatidica menzione: ” fin quando non si accerta la morte di un consumatore, dovuto all’assunzione del prodotto, non si può affermare che sia nocivo. Un rifiuto è considerato barriera all’entrata del libero commercio!”. Menzione di cui si avvalgono le multinazionali attraverso il GATT nel passato e l’OMC oggi, cautelati da senatori statunitensi.
E’ la stessa direttiva con la quale l’OMC obbliga, anche con bustarelle consistenti (tipo Pfizer) a far passare i loro prodotti nel mondo.
Codesta schifezza è un precursore della carne sintetica.
Un palato minimamente allenato si rende subito conto che è una vera porcheria.
Ma non è la sola.
I supermercati e anche gli autogrill sono sempre più invasi di una miriade di “cose impanate” che sono altrettanto schifose, ad esempio le finte cotolette di pollo fatte macinando e riompattando scarti della lavorazione del pollo e chissà cos’altro.
Roba che andrebbe vietata, ma che invece finisce spesso sul piatto dei bambini.
Non lo mangiavo prima, non mi ha mai convinto. Per quanto riguarda la proteina vegetale, dubito che sia glutine. Sulla confezione è indicato in alto a dx “senza glutine” e se ci fosse realmente del glutine metterebbe il produttore in seri guai.