Recenti report rivelano la drammatica crisi sanitaria in atto tra gli Yanomami, un gruppo indigeno che vive nella foresta amazzonica brasiliana al confine con il Venezuela. E i principali responsabili sarebbero gli oltre 20.000 minatori e cercatori d’oro nel territorio Yanomami che, forti della protezione di un potere pubblico corrotto, ogni giorno continuano l’estrazione illegale di metalli preziosi nella riserva indigena, la più grande del Brasile. Con la loro attività, i minatori avrebbero contaminato i fiumi e distrutto le foreste, privando gli Yanomami di cibo fondamentale per la loro sopravvivenza e favorendo la diffusione di malattie tra la popolazione. A dichiarare l’emergenza sanitaria è stato lo stesso Ministro della Sanità a seguito dei dati ufficiali sulle morti infantili per malnutrizione e altre malattie diffuse nel territorio, molte delle quali sono virus trasportati dai cercatori d’oro e dai tagliatori di legname, portatori di malattie contro le quali gli indigeni non hanno anticorpi.
Nel settembre 2021 l’agenzia di giornalismo investigativo Pública aveva rivelato che il tasso di decessi per malnutrizione infantile nel territorio indigeno Yanomami era il più alto del Paese, con 24 morti per malnutrizione tra il 2019 e il 2020 nella fascia di età fino a 5 anni. Ma i dati aggiornati mostrano uno scenario ancora peggiore: nel 2021 ci sono stati 29 morti, che rappresentano il 7,7% del totale di 374 morti nel Paese, anche se gli Yanomami sono circa 30.000 – solo lo 0,013% della popolazione brasiliana. Se si considera il tasso per un campione di 100.000 abitanti, i decessi per malnutrizione infantile tra gli Yanomami sono 191 volte superiori alla media nazionale. Sempre secondo Pública, nel 2019 il 54,32% dei bambini Yanomami presentava una malnutrizione acuta: di contro, a titolo di confronto, i dati del Sistema di sorveglianza alimentare e nutrizionale del Ministero della Salute (Sisvan) mostrano che nel 2021 solo il 4,27% dei 4,5 milioni di bambini brasiliani sotto i 5 anni di età presentava una grave malnutrizione.
Il drammatico quadro si ripete quando si analizzano altre malattie. I decessi infantili per polmonite in Brasile sono stati circa 2.400 tra il 2019 e il 2020, il 3,2% del totale di bambini Yanomami – una tendenza che è proseguita nel 2021. Il tasso è simile per le morti per diarrea: ce ne sono state 26 in due anni nel territorio indigeno Yanomami, il 3,5% del totale in Brasile. I decessi citati si trovano in un elenco di “morti per cause prevenibili”, una classificazione che comprende malattie curabili come polmonite, malnutrizione, diarrea e vermi. Considerando tutti i decessi per cause prevenibili, lo scenario si rivela ancora più terrificante: tra il 2019 e il 2021, almeno 404 bambini sotto i 5 anni sono morti nel territorio indigeno per cause che avrebbero potuto essere prevenute o curate, una media di 134 ogni anno.
«Quando un bambino indigeno muore, assassinato dall’avidità dei predatori dell’ambiente, una parte dell’umanità muore con lui», ha detto il Presidente recentemente rieletto Lula nel suo discorso di vittoria. Per poi riprendere, con ancora più veemenza, sabato scorso dopo una visita a un centro sanitario Yanomami, nello stato del Roraima. «Più che una crisi umanitaria, quello che ho visto a Roraima è stato un genocidio: un crimine premeditato contro gli Yanomami, commesso da un governo insensibile alla sofferenza del popolo brasiliano», ha dichiarato Lula su Twitter.
Mais que uma crise humanitária, o que vi em Roraima foi um genocídio. Um crime premeditado contra os Yanomami, cometido por um governo insensível ao sofrimento do povo brasileiro.
📸: @ricardostuckert pic.twitter.com/Hv5vrYw477
— Lula (@LulaOficial) January 22, 2023
Per il Presidente in carica, quindi, non ci sarebbero dubbi: il suo predecessore sarebbe responsabile di quello che definisce un genocidio. In carica dall’inizio del 2019 alla fine del 2022 Jair Bolsonaro è stato accusato dal governo entrante e dalle associazioni umanitarie di aver contribuito alla crisi in atto, permettendo a migliaia di minatori di stabilirsi nello Stato per attività illegali: erano circa 5mila prima del suo governo, mentre oggi si stima che siano più di 20 mila. L’ex Presidente non avrebbe preso provvedimenti per contrastare le incursioni dei minatori né per tutelare gli Yanomami con assistenza sanitaria adeguata o altre forme di sussistenza. Che i quattro anni di governo di Bolsonaro siano stati una iattura per i popoli indigeni dell’Amazzonia è una certezza, che su L’Indipendente abbiamo dettagliato in un lungo reportage. Ma è chiaro che nelle parole di Lula vi è anche polemica politica. Lo stesso profilo del capo della sinistra brasiliana non è senza macchia, visto che il suo stesso governo (prima della rielezione di quest’anno fu presidente dal 2003 al 2011) venne accusato dalle associazioni indigene. Tuttavia in questa nuova avventura presidenziale Lula pare aver messo la questione indigena finalmente ai primi posti dell’agenda, varando per la prima volta un ministero destinato alla loro protezione.
Diversamente, le prime mosse dell’entrante presidente Lula sembrerebbero rendere prioritaria la salvaguardia degli Yanomami e in genere dei popoli indigeni, tema centrale nell’ultima campagna elettorale di Lula che lo avrebbe riportato alla presidenza. Il governo ha poi dichiarato l’invio di pacchi alimentari alla riserva e ha sottolineato che il suo obiettivo sarà quello di ripristinare i servizi sanitari per il popolo Yanomami che erano stati smantellati dal suo predecessore di estrema destra Bolsonaro. Inoltre, il Ministro della Giustizia del governo di Lula Flávio Dino ha annunciato che ordinerà un’indagine della polizia federale per accertare le cause della «sofferenza criminale inflitta agli Yanomami», dal momento che «ci sono forti indizi di genocidio e altri reati». La linea adottata da Lula, in più, è forte dell’introduzione di una figura specifica, quella del Ministro dei Popoli Indigeni, per la tutela delle popolazioni native del Paese.
“I primi segni di intervento da parte del Presidente Lula e della sua squadra sono incoraggianti. Ma non c’è un minuto da perdere, le organizzazioni indigene brasiliane e Survival monitoreranno da vicino per assicurarsi che alle parole seguano i fatti” ha dichiarato Sarah Shenker, responsabile della sezione brasiliana dell’organizzazione umanitaria Survival International.
[di Sara Tonini]