Il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli ha commentato, durante l’approvazione del disegno di legge per l’istituzione della Commissione parlamentare antimafia, il caso di Alfredo Cospito, l’anarchico detenuto al regime del 41-bis e in sciopero della fame dallo scorso 19 ottobre. Secondo Donzelli, quest’ultimo «è un influencer che usa la mafia per far cedere lo Stato sul 41-bis». Il deputato, nonché vicepresidente del COPASIR, ha poi continuato con l’accusa, affermando che «il 12 gennaio 2023, mentre parlava con i mafiosi, Cospito incontrava anche i parlamentari» [del PD, ndR] «che andavano a incoraggiarlo nella battaglia». A sostegno di tale posizione, Donzelli ha citato dei documenti descritti come «consultabili da qualsiasi deputato e non coperti da alcun segreto». La reperibilità è stata smentita dallo stesso Ministero della Giustizia, mentre sulla rivelazione del segreto di ufficio la Procura di Roma ha aperto un fascicolo. Fratelli d’Italia ha scelto dunque la strada dell’attacco politico, scavalcando allo stesso tempo il lavoro delle autorità competenti per arrivare alla propria verità.
Il polverone alimentato dal deputato Donzelli presenta due grandi problematiche. La prima consiste nell’accusa politica al Partito Democratico per quello che in realtà, come ricorda il ministro Carlo Nordio, è un diritto e un dovere delle formazioni politiche: visitare gli istituti penitenziari e dunque i detenuti. In base all’articolo 67 della legge sull’ordinamento penitenziario, i membri del Parlamento possono visitare tali strutture senza autorizzazione. Questa prerogativa è riconosciuta per verificare, tra le altre cose, le condizioni di vita dei detenuti. Così, lo scorso 12 gennaio i deputati del Partito democratico Andrea Orlando, Debora Serracchiani e Silvio Lai, unitamente al senatore Walter Verini, si sono recati nel carcere di Sassari per verificare le condizioni di salute di Cospito, in sciopero della fame da oltre cento giorni. Al riguardo, Donzelli ha dichiarato di voler sapere «se questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia».
Si arriva così alla seconda questione, relativa alla presunta congiuntura anarchico-mafiosa che negli ultimi giorni è rimbalzata nelle dichiarazioni di diversi esponenti della maggioranza, culminate nelle dichiarazioni di Donzelli alla Camera. L’exploit, che segue in ordine cronologico anche la serie di attacchi di matrice politica avvenuti in Italia e all’estero a supporto del caso Cospito, dà continuità alla risposta secca e decisa del governo, riassumibile nella frase: “lo Stato non scende a patti con chi minaccia”. Nel suo intervento alla Camera, il deputato di Fratelli d’Italia ha scavalcato il ruolo dell’autorità giudiziaria arrivando alla propria sentenza, che fa dell’anarchico pescarese una spalla della mafia. Una dichiarazione che probabilmente parte da ciò che Cospito ha più volte richiesto, ovvero l’abolizione del 41-bis non solo per sé ma in generale dall’ordinamento giuridico italiano. Una posizione sposata non solo dai mafiosi ma da una parte del mondo politico e giuridico, in quello che da anni rappresenta un acceso dibattito pubblico.
Sulle intercettazioni ambientali del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (DAP) tra esponenti della ‘ndrangheta e della camorra con Alfredo Cospito era al lavoro la magistratura, il cui naturale corso dell’azione investigativa è stato dunque interrotto dal vicepresidente del COPASIR. Ipotizzando il reato di rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio, la Procura di Roma ha nel frattempo aperto un fascicolo. Lo stesso Andrea Delmastro, il sottosegretario che ha passato le informazioni a Donzelli, ha dichiarato che «non ci sono elementi per parlare di saldatura mafia-anarchici». Delmastro ha rilanciato poi l’esistenza di conversazioni tra Cospito e i mafiosi. Una circostanza che non può stupire, dal momento in cui nell’ora d’aria i detenuti possono interagire tra loro. Detenuti che, al regime di 41-bis, sono per la quasi totalità coinvolti in reati di associazione a delinquere.
[di Salvatore Toscano]
Chi ha gambizzato una persona inerme e viene condannato può scegliere la via dello sciopero della fame fino alla morte. Non per questo lo Stato deve abbassarsi alle richieste, anche per rispetto verso le vittime.
“lo Stato non scende a patti con chi minaccia” se la minaccia viene da una persona fisica e debole, quando arriva dall’Europa, l’Italia cala anche le braghe!
Lo stato non deve cedere a ricatti di sorta e distinguere da caso a caso per la più corretta applicazione della Legge
Questo deve comunque salvaguardare la salute del coscritto che comunque può decidere di non volersi curare quando capace, anche fino alle estreme conseguenze
Lo stato scende a patti solo con la mafia (non solo quella classica nostrana)