Le alte temperature incidono in molti modi sulla nostra salute. E quando si combinano insieme riscaldamento globale, cambiamenti climatici e cementificazione, il rischio è che le nostre città diventino delle vere e proprie bombe di calore. Una tendenza che è possibile invertire piantando nei nostri centri urbani molti più alberi. È quanto emerge da uno studio realizzato tra Spagna, Italia e Regno Unito, basato su 93 grandi città europee (tra cui alcune italiane come Roma, Napoli e Milano) e pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet. I ricercatori dell’Institute for Global Health, analizzando il periodo estivo 1 giugno – 31 agosto 2015, si sono resi conto che in quell’anno il calore aveva provocato 6.700 decessi. Se nello stesso arco di tempo le superfici alberate avessero coperto il 30% dello spazio cittadino – il doppio di com’è in media attualmente – la temperatura delle città sarebbe stata di mezzo grado più bassa, evitando la morte di metà delle quasi 7mila persone. «Anche se oggi è il freddo a causare più vittime in Europa, le previsioni basate sull’attuale livello di emissioni rivela che le malattie e i decessi legati al calore avranno un impatto maggiore sui servizi sanitari nei prossimi dieci anni» ha commentato Tamara Iungman, dell’Istituto che ha coordinato lo studio.
A Roma, ad esempio, aumentare la copertura arborea dal 9% (dato attuale) al 30% potrebbe evitare 200 morti l’anno. A Milano – con una copertura media arborea attuale intorno al 6% – si potrebbero evitare 60 decessi, a Napoli 70 – aumentando la copertura del 17% – e a Palermo (copertura del 15% su 30) circa 30 vittime. Con lo stesso metodo valutativo a Madrid potrebbero salvarsi più di 200 persone e 160 a Londra. In generale i dati dicono che più del 4% della mortalità estiva nelle più grandi città europee sia causata dalle isole di calore urbane, rese roventi – molto di più rispetto alle aree periferiche o rurali – dalla mancanza di ombra e ventilazione.
È piuttosto chiaro che gli alberi, come gli ecosistemi naturali in genere, garantiscono molti benefici all’uomo, tra cui quello della regolazione climatica. Quest’ultima, che permette alla temperatura dell’aria vicina a grandi parchi urbani e\o alle zone verdi di abbassarsi fino 3-5 °C, è favorita dall’ombra fornita dalle chiome degli alberi sulle superfici artificiali (come l’asfalto) e dal processo di traspirazione delle piante (cioè perdita di vapore acqueo delle loro foglie).
L’Organizzazione Mondiale della Sanità dice che dovremmo avere a disposizione almeno – ed è la base minima – 9 m2 di verde a testa (un ottimo risultato sarebbe averne 50). In Italia la media nazionale della disponibilità di verde urbano nei comuni capoluogo di provincia è di circa 34 m2 per abitante, ma ci sono delle eccezioni (negative). In 19 città italiane (dove vivono più di 2 milioni di cittadini) la superficie di verde urbano a disposizione non raggiunge nemmeno i 9 metri quadrati. È il caso di Crotone, Barletta o Isernia, che hanno meno di 5 m2 di verde per ciascuno. Secondo Cecil Konijnendijk van den Bosch, Professore Onorario nel dipartimento per la gestione delle risorse forestali, in generale ogni persona dovrebbe avere accesso visivo ad almeno 3 alberi dalla propria abitazione, il 30% della superficie di ogni quartiere dovrebbe essere occupata da spazi verdi e tra l’abitazione e il più vicino parco o spazio verde dovrebbero esserci non più di 300 metri di distanza.
Il problema è che, come ha fatto notare Lina Fusaro, ecologa e ricercatrice presso il Cnr, spesso il verde in città viene visto come un costo e non come un investimento – quale invece è. Abitare in un quartiere con molte aree verdi (soprattutto d’estate), significa utilizzare meno energia per climatizzare le nostre case, meno CO2 emessa dai sistemi di raffreddamento, maggiore resistenza del territorio agli stress derivati dai cambiamenti climatici e più benefici sull’apparato respiratorio (gli alberi rimuovono pericolosi inquinanti come PM10 e Ozono troposferico). E non mancano i benefici per la nostra salute mentale. La Fusaro dice che disporre di più aree verdi significa avere maggiore capacità di riprendersi da un forte stress, manifestare meno episodi di ansia o disagio dovuti a problematiche sociali ed economiche e maggiore capacità di creare rapporti sociali e sviluppare un senso di comunità.
Ma come si fa a ripopolare le nostre città di verde? Il metodo Miyawaki – ne abbiamo parlato qui – potrebbe essere una valida opzione e sembrerebbe quello apparentemente funzionare meglio e in poco tempo. Il sistema prevede la coltivazione di piante autoctone (grandi alberi, cespugli, arbusti…) resistenti, spontanee e che si “riproducono” velocemente – e per questo accuratamente individuate e selezionate – su terreni abbandonati e nei cortili delle grandi città, ricreando ambienti simili a quelli delle foreste native (e selvagge) nel giro di – massimo – un paio di decenni. Un metodo alla cui base, dunque, vi è moltissimo studio. È essenziale conoscere, oltre alla flora locale, la tipologia di suolo, il clima e più in generale la topografia del territorio.
[di Gloria Ferrari]