martedì 5 Novembre 2024

Veneto, oltre 50 indagati tra gli attivisti per il diritto alla casa

Sono cinquantadue gli indagati con accuse a vario titolo per reati di “violenza e resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali in danno ad appartenenti alle forze di polizia” nell’ambito dell’operazione scattata all’alba di martedì 31 gennaio nelle città di Padova, Mestre, Treviso e Schio e portata a termine da oltre un centinaio di agenti delle forze dell’ordine. L’operazione, predisposta dalla procura di Padova, è legata allo sgombero di una casa occupata da studenti il 9 novembre scorso a Padova. Qui, sono state perquisite le case di 13 persone e altre 9 nel resto del Veneto. Sette soggetti sono stati sottoposti a misure cautelari, dall’obbligo di dimora all’obbligo di firma quotidiano. Sequestrati anche telefoni e computer personali. L’operazione va a colpire direttamente gli attivisti per il diritto alla casa, criminalizzati nelle parole del ministro dell’Interno Piantedosi ma che nei fatti cercano di portare l’attenzione su di una problematica particolarmente urgente nella zona di Padova e provincia.

Gli episodi contestati risalgono al novembre scorso, quando le forze dell’ordine misero in atto alcune operazioni di sgombero di appartamenti dell’Ater (Agenzia Territoriale per l’Edilizia Residenziale) occupati da militanti del centro sociale Pedro attivi per il diritto alla casa. In quell’occasione, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi si era detto soddisfatto «per l’operazione di sgombero di quattro appartamenti Aver occupati abusivamente dai gruppi antagonisti», a suo dire necessaria per «proseguire con determinazione il percorso di ripristino della legalità anche per evitare che immobili occupati abusivamente possano diventare luoghi per organizzare azioni di contestazione violenta».

Tuttavia, l’emergenza abitativa a Padova è una realtà conclamata, in particolare modo per quanto riguarda il contesto studentesco, mettendo di conseguenza a repentaglio il diritto allo studio. Poche settimane prima dello sgombero vi era stata una protesta degli attivisti del Catai, che denunciavano come la disponibilità di posti letto per gli studenti in città fosse di 700, a fronte di 2000 ragazzi con diritto ad alloggio pubblico. «Ci sono quindi 1.300 idonei non assegnatari, a cui vanno sommati moltissimi studenti internazionali, che si trovano abbandonati e costretti a cercare un affitto privato» denunciavano gli attivisti del Catai. Le alternative, per gli studenti fuori sede, sono tornare a casa o affittare una stanza ad un prezzo medio di 450 euro al mese. Secondo alcune ricerche, Padova si colloca infatti al terzo posto come città universitaria più cara d’Italia, al pari con Firenze, subito dopo Milano e Roma. Con i fondi del PNRR sono stati aggiunti ulteriori 63 posti letto (insieme ad altri 62 nella sede distaccata di Vicenza). Evidentemente, un investimento ben lontano dal soddisfare la richiesta. Ma il problema non riguarda solo gli studenti. «Sono anni ormai che l’emergenza abitativa è diventata una condizione strutturale per Padova e provincia. Perché sui 122 immobili sfitti da tempo non sono intervenuti prima, quando i costi per riattarli sarebbero stati sicuramente più contenuti e si sarebbe potuto dare sollievo a tante famiglie» dichiarava nell’agosto dello scorso anno la segretaria del Sindacato Inquilini Casa e Territorio (SICET) di Padova e Rovigo, Giulia Zago.

Come denunciato dalla Coalizione Civica per Padova, “Il diritto all’abitare è fuori dall’agenda politica da troppo tempo, mancano un pensiero, un investimento strutturale e delle azioni concrete, in particolare a livello nazionale e regionale”. Il fenomeno è complesso e causato da fattori diversificati, che vanno dall’impoverimento generale della popolazione alla vendita degli alloggi di edilizia pubblica residenziale da parte della Regione, passando per la crisi energetica e l’impennata degli affitti brevi e delle locazioni turistiche. Ancora una volta, quindi, la repressione e la criminalizzazione dell’attivismo da parte delle istituzioni volte a tutelare i cittadini tenta di sviare l’attenzione da un problema ben più grave e strutturale, ovvero l’incapacità dello Stato di garantire adeguato accesso al diritto all’abitare alla popolazione.

[di Valeria Casolaro]

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