La settimana a tinte mediorientali per il governo italiano sta per concludersi. Lascia con sé intese e strette di mano con Emirati Arabi e Arabia Saudita, come dimostrano il tour del ministro della Difesa Guido Crosetto ad Abu Dhabi e il colloquio telefonico tra il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il principe ereditario saudita, Mohamed bin Salman, accusato tra le altre cose di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. Con il suo omologo, Crosetto ha dibattuto sulla «cooperazione bilaterale nei settori della difesa e della sicurezza», come riporta una nota del ministero. Poca chiarezza, invece, sul colloquio tra Meloni e bin Salman, complice il silenzio di Palazzo Chigi. Il governo saudita ha riferito di un’ottima occasione per passare in rassegna «le relazioni bilaterali tra i due Paesi e le forme di nuova cooperazione in diversi settori».
Visto il silenzio di Roma non resta altro che provare a unire i punti disseminati qua e là dalle istituzioni italiane. Indiscrezioni provenienti da Palazzo Chigi sostengono che al centro del dialogo con Riad ci sia stato il tema energetico e quindi la collaborazione con l’area del Golfo persico per affrancarsi dalla dipendenza dal gas russo. Indiscrezioni, che in quanto tali vanno prese con le pinze, in linea con le ultime uscite del governo italiano, che durante le recenti visite in Libia e Tunisia ha annunciato la volontà di realizzare il “Piano Mattei” (da Enrico Mattei, NdR), ovvero un «modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione europea e nazioni africane», con al centro l’energia e la sicurezza.
Il colloquio telefonico tra Giorgia Meloni e bin Salman è stato preceduto dalla missione diplomatica del capo di Stato maggiore saudita, Fayyad bin Hamed al Ruwaili, in Italia. Il 27 gennaio scorso, Al Ruwaili ha dialogato con Crosetto su come rafforzare la cooperazione militare e di difesa. Inoltre, c’è stato tempo per la visita ad alcuni vertici militari italiani, come Giuseppe Cavo Dragone e Francesco Paolo Figliuolo, e alle sedi delle imprese Fincantieri e Leonardo, dove ad Al Ruwaili sono stati presentati i prodotti militari italiani. «La visita è stata un’occasione importante per rafforzare i legami tra i due Paesi e per promuovere ulteriormente la cooperazione nell’industria navale e militare», ha confermato Fincantieri al Fatto. Probabile, dunque, che anche durante il colloquio tra Meloni e bin Salman si sia parlato del rilancio delle relazioni nel settore tra i due Paesi.
Si tratterebbe di dar continuità a una tendenza presente in Italia sino al 2019, ripresa poi nel 2021. Ai sensi della legge 185 del 1990, che in Italia disciplina il commercio delle armi, il governo Conte I ha recepito una mozione che chiedeva di sospendere la vendita di bombe aeree e missili, oltre alla loro componentistica, all’Arabia Saudita a causa dei crimini di guerra commessi contro la popolazione civile yemenita. Sul finire della seconda esperienza a Palazzo Chigi, il governo Conte ha approvato una mozione ancora più dura in cui si chiedeva di revocare le licenze di vendita relative anche agli altri tipi di armamenti. Ha fatto tuttavia seguito la pressione degli esperti del settore della difesa, opinionisti e parlamentari che hanno ribadito la centralità dell’industria militare e delle esportazioni di armi per l’economia del Paese. Così, con il governo Draghi si sono alleggeriti i divieti, tornando alla sola impossibilità di cedere bombe aeree e missili. Nel 2021 è stata autorizzata l’esportazione di circa 47 mila bombe calibro 120 della Simmel Difesa verso l’Arabia. Bombe da mortaio, dunque non aeree, e per questo consentite.
[di Salvatore Toscano]
Il governo Draghi ha dato l’ok per le bombe pacifiste, in perfetta linea con la Costituzione.
La Meloni incapace di una sua linea politica replicherà in tutto.
Già, le bombe da mortaio, “lecite”, non ammazzano…