giovedì 21 Novembre 2024

La Spezia, artista scrive “Demilitarizzare il mondo”: condannato a 3 mesi di carcere

Condannato a tre mesi di carcere (successivamente convertiti in pena pecuniaria di 3375 euro) per un’installazione artistica: questo è quanto accaduto a La Spezia all’artivista (acronimo delle parole artista e attivista) Alessandro Giannetti, a seguito di una performance messa in atto nel corso della mostra dedicata allo sperimentatore Giacomo Verde, ospitata dal Centro Arte Moderna e Contemporanea (CAMeC).

Durante la giornata inaugurale della mostra, infatti, alcuni collettivi di artisti hanno messo in atto una performance volta a criticare duramente la militarizzazione serrata della città di La Spezia. Si tratta di realtà quali il Collettivo Suppurazione e il Collettivo Dada Boom, che intendono investire nuovamente l’arte di una valenza politica, sfruttandola per la valorizzazione di tematiche “oscurate” dal mondo dell’informazione e dell’arte, tra le quali le lotte sociali, ambientali, di genere e delle minoranze culturali. Nel caso specifico, nella giornata di inaugurazione della mostra gli artisti hanno scritto su una parete  dedicata loro dal museo, con i pugni intrisi di vernice rossa lavabile, le parole “demilitarizzare La Spezia”.

«Noi non spieghiamo mai le performance prima di farle, non le diciamo mai a nessuno, ma abbiamo detto che su quel muro avremmo fatto un sacco di azioni e performance per una certa durata, ovvero dal 25 giugno al 2 settembre, periodo dedicato all’Artivismo» racconta a L’Indipendente Alessandro Giannetti. «Alla performance è seguita immediatamente la delibera del Comune di La Spezia e del CAMeC – nella quale si richiedeva “l’esclusione del Collettivo Dada Boom e di tutti i suoi componenti dai successivi eventi programmati nell’ambito della mostra” e il ripristino tempestivo “delle sale espositive così come consegnate prima dell’allestimento” – nonostante noi avessimo detto che avremmo ripristinato il muro al termine della performance». Secondo quanto riferito da Giannetti, nel prendere la propria decisione l’amministrazione si è appellata ad alcune macchie di vernice lavabile sul pavimento e allo «sporco che ha creato la performance». «Qui si entra nel discorso della libertà di espressione nei luoghi deputati all’arte: c’è ostracismo riguardo determinate tematiche e qua la curatela sta mettendo in mostra una faccia molto brutta, assimilabile al baronato» commenta Giannetti.

“La decisione di cancellare l’opera in atto, e quindi la scritta che mandava un messaggio molto forte alla militarizzatissima La Spezia, e l’esclusione di uno dei collettivi organizzatori della mostra erano un atto di censura” hanno scritto i Collettivi in un comunicato. A seguito di tentativi di mediazione con l’amministrazione comunale non andati a buon fine, gli artisti hanno deciso di recarsi al museo il 17 luglio per ritirare tutte le proprie installazioni. In quell’occasione, Giannetti ha improvvisato una performance, scrivendo sul muro bianco con il proprio sangue le parole “demilitarizzare il mondo”. All’azione è seguito il decreto penale di condanna, poi convertito in pena pecuniaria, notificato all’artista lo scorso 2 febbraio. «Io, tramite i miei legali, ho già fatto opposizione al decreto di condanna, voglio potermi difendere in un regolare processo» fa sapere Giannetti.

«Ci tengo a precisare che questa arroganza non mi sconvolge per niente – dichiara Giannetti sui propri social – da anni insieme a numerose collettività mi spendo per la libertà di espressione e per portare nell’arte le tematiche che il dominio culturale del ceto politico guerrafondaio e delle istituzioni colluse cancellano, oscurano e censurano fino a reprimere qualsiasi spiraglio di pensiero critico. A rattristarmi è invece il fatto che questi episodi, di censura e oscurantismo prima, e di repressione poi, sono avvenuti in una mostra riguardante Giacomo Verde, che fino al suo ultimo respiro ha sempre preso le distanze, combattendo, da queste dinamiche di cui le istituzioni sono intrise. Istituzioni che hanno sempre ignorato e escluso Giacomo in vita e che ora che è morto, solo e povero, lavorano per appropriarsi del suo genio o meglio di ciò che riescono a capire del suo genio».

[di Valeria Casolaro]

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3 Commenti

  1. Come si permettono? Mentre la politica fa di tutto per censurare la libertà di espressione , sin dalle bugie del Covid, ad oggi, ora che le istituzioni nazionali e regionali si stavano adeguando all’apologia della guerra, così cara agli USA?
    Censurare e circolate! Non c’è nulla da vedere!

  2. Alla cortese Redazione,
    sarebbe interessante avere approfondimenti e aggiornamenti sul caso: la segnalazione al comune di La Spezia, responsabile del CAMeC, è partita dallo stesso curatore della mostra Luca Fani. Da un lato si parla di censura, dall’altro di danneggiamenti e di installazione non prevista.
    Saranno previsti altri approfondimenti?

    Grazie sempre per il vostro lavoro di informazione a 360 gradi

    Andrea

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