Dal 6 febbraio scorso, il Ministero della Difesa di Kiev ha sospeso gli accrediti stampa ad Andrea Sceresini e Alfredo Bosco, due giornalisti italiani che seguono il conflitto nel Donbass dal 2014. I due freelance che lavorano per le principali testate mainstream italiane erano appena stati al fronte di Bakhmut a realizzare un reportage per il Tg3. Ai due giornalisti è bastato essere segnalati da alcuni fixer (consulenti locali che lavorano come traduttori e accompagnatori di giornalisti stranieri) come “collaboratori del nemico” per vedersi ritirare i permessi dal Ministero della Difesa ucraino. Sceresini e Bosco ora vivono rinchiusi, nell’impossibilità di muoversi in territorio ucraino dove potrebbero essere arrestati, e da oltre dieci giorni aspettano di essere interrogati dai funzionari statali. Un caso di censura non isolato che si inserisce, invece, in un quadro più ampio, quello della blacklist dell’intelligence ucraina. Della sua esistenza ne ha parlato Salvatore Garzillo, giornalista italiano a cui il 14 febbraio è stato negato l’accesso nel Paese perché presente nell’elenco e dunque considerata “persona non gradita”.
Alessandra Ballerini, avvocato che assiste i due giornalisti fermati in Ucraina, ha dichiarato che Sceresini e Bosco saranno interrogati dai servizi di sicurezza ucraini (SBU) per aver svolto alcuni reportage sulla situazione nel Donbass tra il 2014 e il 2015. Nel frattempo, i due giornalisti non possono difendersi dalle accuse – particolarmente pericolose in zone di guerra – di essere spie russe, come circolato su alcune chat dei fixer. Carlo Bartoli, presidente del consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, ha lanciato un appello alla Farnesina per «garantire ai due connazionali condizioni di sicurezza e agibilità così da poter svolgere il loro lavoro». Il Ministero degli Esteri ha risposto di star seguendo la vicenda con le ambasciate italiane a Kiev e Varsavia.
Salvatore Garzillo, giornalista italiano respinto al di là del confine polacco dalle autorità ucraine, ha affermato di essere finito nella blacklist dell’intelligence di Kiev e per questo non potrà rientrare nel Paese per cinque anni. Come lui, altri 7 giornalisti italiani. Una cifra al ribasso, dal momento in cui «nessuno ti avverte finché non sei lì, quindi potenzialmente potrebbero essercene molti di più». Sceresini, sui propri profili social, ha commentato: «Scopriamo che la nostra colpa – e quella di Salvatore, e di tutti gli altri – sarebbe quella di aver raccontato, nel 2014 e nel 2015, ciò che accadeva a Donetsk e Lugansk. Il che ci renderebbe automaticamente “collaboratori dei russi”».
[di Salvatore Toscano]
E noi mandiamo armi a questa gente! Altro che denazificazione ci vorrebbe in un paese corrotto come l’Ucraina!
Se sperano nell’aiuto del nostro governo stanno freschi.