Il Parlamento ha approvato oggi in via definitiva il decreto legge Ilva con 144 voti a favore, 103 contrari e 16 astenuti. Ieri la Camera dei Deputati aveva confermato la fiducia all’Esecutivo sul testo, passato in prima lettura al Senato. Il decreto consente lo stanziamento da parte dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo – di proprietà del Ministero dell’Economia – di 680 milioni ad Acciaierie d’Italia (nome del nuovo impianto di Taranto) come anticipazione dell’aumento di capitale previsto per il 2024. Il versamento permetterà da un lato di garantire la continuità della produzione dello stabilimento, dall’altro consentirà di pagare i fornitori dell’energia, ovvero le aziende pubbliche Eni e Snam. Per mezzo di Invitalia, oggi lo Stato italiano possiede il 32% del capitale, ma la quota supererà la maggioranza a maggio 2024: con questa mossa, lo Stato potrà dunque ampliare in anticipo la propria presenza all’interno dell’azienda, mantenendo al contempo rapporti con i soci privati.
La norma reintroduce inoltre lo “scudo penale” – revocato dal ministro Luigi Di Maio nel governo Conte I – che garantisce ai soggetti che agiscono al fine di dare esecuzione ai provvedimenti che autorizzano la prosecuzione dell’attività produttiva di stabilimenti industriali dichiarati di interesse strategico nazionale di non essere puniti. Il discorso vale per sanzioni interdittive, misure cautelari e sequestro preventivo (nel qual caso si prevede che l’attività prosegua con la nomina di un amministratore giudiziario). Sul punto sono insorte le forze politiche di opposizione, con forti critiche da parte di Verdi e Sinistra Italiana, Movimento 5 Stelle e Pd. Nel decreto è anche inserita la proroga dell’esclusione della responsabilità amministrativa derivante da reati della persona giuridica Ilva, nonché della responsabilità penale o amministrativa di commissario straordinario, affittuario o acquirente e dei soggetti funzionalmente delegati per il periodo di vigenza del Piano Ambientale (dunque fino al prossimo 23 agosto).
Il testo contiene anche altre norme importanti, come quelle sul commissariamento: l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria, per le imprese che hanno il controllo di impianti di interesse strategico nazionale, potrà infatti avere luogo su richiesta del socio pubblico che ne controlli almeno il 30 per cento in modo diretto o indiretto.
Il primo intervento della magistratura sulla questione Ilva ha avuto luogo nel 2012, quando la procura di Taranto ordinò il sequestro degli altiforni, valutati come altamente inquinanti. Dall’anno successivo, in seguito al decreto di commissariamento approvato dal governo, la capacità produttiva degli impianti dell’acciaieria (che non hanno realmente mai smesso di funzionare) si è ridotta; al contempo, si è cercato di mettere mano a programmi per il risanamento degli ambienti. Poi, nel 2018, è intervenuto l’acquisto dello stabilimento del colosso dell’acciaio franco-indiano Ancelor Mittal, che avrebbe dovuto risanare l’azienda ma che ha fallito nell’impresa. Di qui la necessità di un massiccio intervento dello Stato.
[di Stefano Baudino]