Dalle aule di giustizia arriva, finalmente, un’ottima notizia per la libertà di informazione e la tutela dei giornalisti in Italia. Si tratta, nello specifico, di una sentenza emessa dal Tribunale di Spoleto, che sembra costituire un importante precedente contro le “querele temerarie” cui ogni giorno validi cronisti si ritrovano a dover rispondere in sede processuale. I giudici della città umbra hanno infatti condannato Leodino Galli, ex componente del consiglio di amministrazione della Banca popolare di Spoleto, alla pena di un anno e quattro mesi di carcere (sospesa) per calunnia nei confronti del cronista del giornale online “Tuttoggi” Carlo Ceraso. Per la prima volta, però, hanno agito d’ufficio, senza una formale denuncia da parte dei legali del giornalista.
La vicenda giudiziaria ha avuto origine nel 2017, quando l’ex consigliere querelò Ceraso per diffamazione. L'”oggetto del contendere” erano i contenuti di un’inchiesta in cui il cronista sottolineava una serie di “ombre” nella ventennale storia di Galli come consigliere della Banca Popolare Spoleto. La denuncia finì sul tavolo del Sostituto Procuratore Gennaro Iannarone, che iscrisse il giornalista nel registro degli indagati. Poi, però, lo scenario si è completamente ribaltato: avendo Ceraso pubblicato fatti veri, già di pubblico dominio e ampiamente verificati, la Procura ha deciso di chiedere il suo proscioglimento – confermato dal giudice – ma anche di aprire d’ufficio un fascicolo per calunnia a carico di Galli. Il pm ha infatti ritenuto temeraria e pretestuosa la querela sporta nei confronti di Ceraso, della cui innocenza il querelante sarebbe stato pienamente consapevole. Dopo una rapida Camera di consiglio il Gip Amodeo, che ha condiviso i risultati dell’indagine, ha disposto il rinvio a giudizio per Galli.
Il processo di primo grado si è dunque concluso il 25 febbraio con la condanna di Galli, tenuto anche al pagamento delle spese legali di tutte le parti civili, nonché a una provvisionale di 10mila euro da definire in sede civile e a 5mila euro ciascuno di danni per l’Ordine dei Giornalisti e la Federazione nazionale stampa italiana e Associazione stampa umbra.
Niente di simile era mai accaduto prima. L’avvocato difensore di Ceraso ha dichiarato: «È questo il primo caso del genere registrato in Italia, nel quale una cosiddetta querela temeraria si ritorce contro chi l’ha presentata. È significativo che il pubblico ministero abbia aperto d’iniziativa il procedimento per calunnia e non dopo una nostra denuncia». Grande soddisfazione è stata espressa anche dalla Federazione nazionale della Stampa italiana, dall’Associazione Stampa Umbra e dall’Ordine dei giornalisti dell’Umbria, che hanno commentato così il caso: «Un importante precedente a tutela dell’articolo 21 della Costituzione, del diritto dei cittadini a essere informati. Per la prima volta il procedimento per calunnia nei confronti di chi aveva querelato ingiustamente un giornalista è partito su iniziativa diretta della Procura e il Tribunale ha emesso la condanna».
Parole e punti di vista che ci sentiamo di condividere, augurandoci che questo passaggio storico possa costituire un deterrente al diffuso malvezzo, proprio di molti “potenti”, di sporgere querele per diffamazione con il solo obiettivo di intimorire i professionisti dell’informazione. Spesso molto meno ricchi e influenti dei querelanti.
[di Stefano Baudino]
Sarebbe ora che i famosi (come si ritengono loro) personaggi la smettano ogni qualvolta quotidiani, riviste o libri pubblicano notizie veritiere e di pubblico dominio. La famosa “privacy” deve smetter di celare evasori o individui che pensano farla franca con la società.