In pochi se ne stanno occupando, ma le cronache ci raccontano apertamente che Roma è in balia del caos. In soli sei giorni, una lunga scia di sangue è stata lasciata sulle strade della Capitale, teatro delle morti violente di tre soggetti coinvolti nel suo caotico contesto criminale. Secondo gli investigatori, sarebbe in corso una guerra tra clan per la ripartizione degli ingenti guadagni legati al traffico degli stupefacenti. E, insieme, un riposizionamento dell’influenza delle famiglie nello scacchiere criminale cittadino.
L’ultimo a morire è stato Luigi Finzio. L’uomo era fratello di Girolamo, cognato di Angelo Senese, reputato il reggente del potente clan collegato ai Moccia di Afragola e nemico giurato degli Spada di Ostia (il 22 novembre del 2022 era stato arrestato come mandante della gambizzazione di Paolo Ascani, cognato di Roberto Spada). Alle 19.30 di lunedì 13 marzo, Finzio si trovava presso una pompa di benzina in zona Centocelle: è stato ammazzato a colpi di pistola, nella cornice – dicono gli investigatori – del più classico regolamento di conti.
Il 10 marzo, ad essere ucciso era stato invece Manuel Costa, chef romano titolare dei locali Osteria degli artisti e Metropolis, il cui cadavere è stato lasciato all’interno di una macchina insieme alla pistola con cui era stato freddato. Dietro al gesto, compiuto dal reo confesso casertano Fabio Giaccio, ci sarebbe un prestito da 100mila euro, che il killer aveva precedentemente investito in un affare con Costa poi non andato a buon fine. Forse, all’insaputa della vittima, con i soldi della Camorra. Gli inquirenti indagano.
Una manciata di giorni prima, l’8 marzo, la stessa sorte era toccata al 33enne Stefan Mihai Roman, finito a colpi di pistola alla testa e all’addome in zona Casal de Pazzi. L’uomo, appena uscito di casa, si trovava all’altezza del civico 9 di via Francesco Selmi. I killer sono arrivati in sella a una motocicletta e sono scappati immediatamente dopo averlo ucciso.
Il 2 febbraio, veniva ammazzato ad Ostia (feudo degli Spada e dei Fasciani) il 48enne Fabrizio Vallo, conosciuto negli ambienti criminali del litorale ma anche della Capitale, con 13 colpi di pistola. Era invece in debito con un gruppo di narcos italo-albanesi che controllano il traffico di droga tra Spagna e Italia il pr barese Francesco Vitale, volato dal quinto piano di un palazzo nel quartiere Magliana dove era stato sequestrato e ritrovato senza vita in strada la mattina del 22 febbraio. Sullo sfondo, un mese fa nella zona dell’Infernetto, il ferimento di Antonio De Ponte, pregiudicato che fu vicino alla Camorra e finì in carcere per omicidio, le gambizzazioni di Simone Daranghi e Alex Corelli a Morena l’11 febbraio e, in ultimo, quella di Marco Canali, personaggio noto della piazza di spaccio del Tufello, il 22 febbraio.
Il comune denominatore di questa lunghissima catena di delitti sembra essere soltanto uno: il business della filiera illegale della droga e la spartizione delle principali piazze di spaccio romane. A contribuire a far saltare gli equilibri criminali della Capitale nel traffico degli stupefacenti era stato, in particolare, lo storico omicidio dell’ultrà laziale Fabrizio “Diabolik” Piscitelli, avvenuto a Roma nell’agosto del 2019. Piscitelli, con l’appoggio di Salvatore Casamonica, era stato il fautore della pax mafiosa che doveva porre fine alla faida tra gli Spada (cugini dei Casamonica) e il gruppo di Marco “Barboncino” Esposito, legato alla famiglia dei Triassi, originari di Agrigento.
Oggi, la spartizione criminale del territorio romano risulta molto frastagliata e soggetta a rapide mutazioni. Un’infinità di gruppi (parliamo di circa un centinaio di clan) si dividono il controllo dei circuiti illegali dei vari quartieri della Capitale. Citando soltanto i più potenti, troviamo i Casamonica, gli “zingaracci” che controllano il Quadraro, Tuscolano-Cinecittà, la Romanina, Spinaceto e Arco di Travertino; i Senese, presenti a Centocelle-Quarticciolo ma anche a Tuscolano-Cinecittà; i Gambacurta, che spadroneggiano a Montespaccato, Boccea e Aurelia; molto operosa è ovviamente anche la ‘ndrangheta, ma pure la Camorra, rappresentata dalle famiglie Amato-Pagani e Contini; sul litorale, oltre agli Spada e ai Fasciani, ci sono anche gli uomini delle cosche calabresi e i “soliti” Triassi.
Come da tradizione, Roma offre risorse succulente alla criminalità organizzata così come a quella comune. Qui non è presente un unico “marchio” autorevole a cui prestare giuramento e sotto il cui cappello incarnare la propria esperienza criminale. La Capitale è ospitale nei confronti di chiunque ambisca a un pezzo della sua “torta”, ma non vuole padroni. Da sempre. E se qualcuno cerca di sottrarsi alle fragili logiche spartitorie concepite nel tempo, allora non può che scatenarsi il terremoto.
[di Stefano Baudino]