martedì 3 Dicembre 2024

La storia infinita del Ponte sullo Stretto di Messina ricomincia da capo

Il Ponte sullo stretto si farà. O meglio, forse si farà, perché il governo sul punto ha preso tutte le precauzioni del caso. Da un lato, infatti, ci sono gli annunci festanti del ministro dei Trasporti Matteo Salvini e del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, due dei principali sponsor del progetto. Dall’altra c’è una nota del ministero dei Trasporti che afferma nero su bianco che sul decreto per il Ponte dello Stretto di Messina “il Consiglio dei ministri ha dato il semaforo verde salvo intese” e che “il testo sarà disponibile a breve perché sono necessari gli ultimi approfondimenti tecnici”.

Il testo che ha ottenuto l’ok in Consiglio dei ministri consente l’immediato riavvio dell’iter di progettazione e realizzazione dell’opera. Si ripartirà dal progetto definitivo che venne approvato nel 2011, quello del ponte sospeso strallato più lungo al mondo (3,2 chilometri), che verrà aggiornato e adattato alle nuove norme in materia tecnica, ambientale e di sicurezza. All’articolo 2, comma 8, lettera b si prevede anche una data precisa entro cui approvare il progetto esecutivo: il 31 luglio 2024. Il ruolo cardine ce l’avrà la Stretto di Messina Spa, partecipata da Rfi, Anas, le Regioni Sicilia e Calabria e dal Ministero dell’economia, riattivata con la manovra di bilancio dal governo.

Il ministro e leader leghista Matteo Salvini ha dichiarato che «si tratta di un’opera fortemente green: consentirà di ridurre l’inquinamento da anidride carbonica, oltre a permettere un consistente risparmio di tempo e denaro a tutti coloro che devono attraversare lo stretto. Infine, sarà motivo di grande attrazione turistica». «Già 20 anni fa con il mio governo avevamo pronto il progetto – ha invece scritto il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi sulle sue pagine social -, un’opera strategica che si sarebbe realizzata se la sinistra non fosse intervenuta con la politica dei no. Questa volta non ci fermeranno. Sarà un ponte che collegherà la Sicilia non solo alla Calabria, ma anche all’Italia e all’Europa intera: con il nuovo collegamento si metterà in moto un volano per l’economia siciliana che garantirà occupazione a più di centomila persone e la Sicilia potrà così diventare una base per la logistica dei trasporti internazionali in arrivo dal Mediterraneo. È un’altra promessa agli italiani che siamo finalmente in grado di mantenere».

Ed effettivamente, basta riavvolgere il nastro della storia per constatare come il dibattito sulla costruzione del Ponte sullo stretto non nasca certo oggi. Ma per trovare il punto d’origine del percorso non basta spingersi agli anni del dominio politico berlusconiano e nemmeno alla lunga era della Prima Repubblica, bensì – anche se potrebbe sembrare incredibile – agli anni delle Guerre Puniche. Lo storico Strabone narra infatti che il primo ad avere realizzato un collegamento per l’attraversamento dello stretto di Messina fu il console romano Lucio Cecilio Metello nel 250 a.C., con l’obiettivo di agevolare il trasferimento sulla penisola di un centinaio di elefanti catturati dalle legioni romane ai Cartaginesi di Asdrubale nella battaglia di Palermo. Secondo Strabone, Lucio Cecilio Metello “radunate a Messina un gran numero di botti vuote le ha fatte disporre in linea sul mare legate a due a due in maniera che non potessero toccarsi o urtarsi. Sulle botti formò un passaggio di tavole coperte da terra e da altre materie e fissò parapetti di legno ai lati affinché gli elefanti non avessero a cascare in mare”.

Il progetto di Ponte a campata unica

Passando alla contemporaneità, i primi progetti concreti riguardanti il Ponte sullo stretto sono rintracciabili nell’Ottocento. In primis fu il Re delle due Sicilie Ferdinando di Borbone a incaricare un’équipe di tecnici per uno studio di fattibilità, finendo poi ad abbandonare il progetto dato il costo troppo elevato che avrebbe comportato. Fu poi l’Unità d’Italia a stimolare un grande confronto su aspetti tecnici, politici, economici, urbanistici, ambientali e sociali circa l’ipotesi di un attraversamento stabile dello stretto di Messina, in cui furono evidenziate le potenziali opportunità di sviluppo sia nazionale e locale sottese alla realizzazione dell’opera. Se nel 1896 entrarono in servizio le prime due navi traghetto, battezzate “Scilla e Cariddi” (due piroscafi con propulsioni a ruote, che avevano la possibilità di caricare 400 tonnellate), nella stessa fase storica emersero due progetti per la costruzione del Ponte, realizzati dagli ingegneri Alfredo Cottrau e Carlo Alberto Navone: non andarono in porto, anche perché nel 1908 Messina venne distrutta quasi interamente da un terremoto di magnitudo 7.1, che portò alla morte circa 80mila persone.

Nel Novecento, il primo a menzionare il Ponte sullo stretto come importante opera da costruire dopo la guerra per rilanciare il Paese fu proprio Benito Mussolini: «È tempo che finisca questa storia dell’isola – diceva il Duce nel 1942 -. Dopo la guerra, farò costruire un ponte tra il Continente e la Sicilia». Ma l’Italia quella guerra la perse e Mussolini cadde, così il piano fu seriamente ripreso solo negli anni Cinquanta, quando fioccarono nuove idee. La prima fu incarnata da un progetto preliminare di ponte sospeso concepito dall’ingegnere americano David Steinman, incaricato dall’associazione dei costruttori italiani in acciaio (ACAI), a cui si ispirò la Regione Siciliana, che commissionò alla Fondazione Lerici del Politecnico di Milano uno studio geofisico per verificare la natura delle formazioni sui margini e sullo sfondo dello stretto. Ma nulla trovò concretezza.

Il progetto di ponte sullo Stretto progettato dall’ingegnere statunitense David B. Steinman presentato nel 1953 [fonte Wikimedia.org]
Tutto sembrò cambiare nel 1968, con l’approvazione della legge 384, in cui si diede mandato ad Anas, Ferrovie dello Stato e CNR di acquisire ulteriori elementi di giudizio rispetto alla fattibilità dell’opera. L’anno dopo, Il Ministero dei Lavori Pubblici bandì un “Concorso internazionale di idee” per collegare la Sicilia all’Europa: 143 i progetti presentati, con 12 premi, 6 primi premi ex aequo di 15 milioni di lire e 6 secondi premi ex aequo di 3 milioni di lire. Iniziarono, dunque gli studi di fattibilità sull’opera.

Nel 1981, poi l’Esecutivo di marca DC guidato da Arnaldo Forlani costituì la società Stretto di Messina Spa. Partecipata da Iri, Ferrovie dello Stato, Regione Sicilia, Regione Calabria, fu inquadrata come concessionaria per la progettazione e realizzazione del Ponte sullo Stretto. Viene così approvata la soluzione del ponte sospeso a unica campata. In quel contesto, il ministro de Mezzogiorno Claudio Signorile affermò che il ponte avrebbe visto la luce «entro il 1994». Anche il leader del PSI Bettino Craxi, con toni trionfalistici, sostenne che tutto era pronto e che il 1988 sarebbe stato l’anno dell’apertura dei cantieri. Romano Prodi, che all’epoca rivestiva la carica di presidente dell’Iri ed era un grande sostenitore dell’opera, promise che i lavori per la costruzione sarebbero cominciati «al più presto». Invece, i lavori non partirono. Anche perché, subito dopo, scoppiò Tangentopoli: le inchieste di Mani Pulite terremotarono la politica italiana e, in particolare, misero la parola fine alla lunga storia di DC e del PSI. Nel mentre, la mafia metteva a ferro e fuoco non solo la Sicilia, con le stragi di Capaci e di Via D’Amelio, ma anche Roma, Milano e Firenze con le bombe “ricattatorie” del 1993.

Da quelle ceneri nacque il governo di Silvio Berlusconi. Dopo la presentazione di uno studio sull’impatto ambientale conforme alle prescrizioni fissate da un D.P.C.M. del 1988, tra il luglio del 1994 e l’autunno del 1995 prima le FF. SS. e poi ANAS completarono l’esame tecnico del progetto di massima, a cui attribuirono parere favorevole, richiedendo però l’approfondimento di alcuni aspetti tecnologici. Il primo governo Berlusconi ebbe vita breve e si arrivò alle elezioni del 1996, vinte dal centrosinistra guidato da Prodi. Nell’ottobre 1997 il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici approvò all’unanimità il Progetto di massima e il Presidente del Consiglio emanò una Direttiva per avviare l’adeguamento alla normativa comunitaria della concessione alla società Stretto di Messina SpA. Nel frattempo, venne costituito il comitato “Tra Scilla e Cariddi”, composto da Verdi, Legambiente, WWF, ma anche da illustri accademici e tecnici, con l’obiettivo di battersi per bloccare il progetto di realizzazione del Ponte, che si appellò all’Unesco per la difesa dell’ecosistema del Mediterraneo.

Modellino di un troncone del Ponte di Messina presso la Galleria del Vento del Politecnico di Milano [fonte: Wikimedia.org]
Alle elezioni del 2001 si scontravano Francesco Rutelli, leader del centro-sinistra, e Silvio Berlusconi, a capo della coalizione di centro-destra. Entrambi si dissero favorevoli alla costruzione del Ponte, ma fu il Cavaliere a farne un vero e proprio “cavallo di battaglia” della sua campagna elettorale, arrivando a inserirlo nel disegno delle grandi opere da realizzare presentato a Porta a Porta quando firmò il celebre “Patto con gli italiani”. Risultato: Berlusconi vinse le elezioni e il bando per la realizzazione del ponte fu vinto dalla società Impregilo, che nel 2006 firmò il contratto per la progettazione finale. A seguire, firmarono anche le altre ditte. Ma alle elezioni del 2006 trionfò il centro-sinistra guidato da Romano Prodi e tutto venne di nuovo bloccato. Almeno fino a quando, nel 2008, l’Esecutivo cadde e Berlusconi ritornò a vincere le elezioni.

Nel 2010, la Impregilo consegnò il progetto definitivo per la costruzione del Ponte sullo stretto. Che, nel 2011, fu approvato dal Consiglio di Amministrazione della Società Stretto di Messina. Ma lo stesso anno, sul più bello, l’Unione Europea decise di non includerlo tra le grandi opere destinatarie dei fondi comunitari. E, nella medesima fase, crollò il governo Berlusconi. l’Esecutivo “tecnico” di Mario Monti decise di non dare continuità al progetto: nel 2013, la “Stretto di Messina Spa”, che era stata creata 32 anni prima, venne messa in liquidazione e il progetto decadde. Il governo dovette pagare una penale di 300 milioni di euro alla Impregilo.

L’ultimo premier a rilanciare il progetto di realizzazione del Ponte fu, nel 2016, Matteo Renzi, allora al vertice del Pd. In occasione dell’assemblea che celebrava i 110 anni del gruppo Salini-Impregilo, rivolgendosi ai costruttori che componevano la platea, Renzi disse: «Noi siamo pronti alla sfida, se voi siete nelle condizioni di portare le carte e sistemare ciò che è fermo da dieci anni, noi lo sblocchiamo», dichiarando inoltre che il progetto avrebbe potuto «creare 100.000 posti di lavoro». E invece, non successe nulla. Almeno fino a ieri, con l’annuncio della grande “svolta”. L’ennesima, dai tempi delle botti e degli elefanti di Lucio Cecilio Metello.

[di Stefano Baudino]

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2 Commenti

  1. Non sono un grande sostenitore del progetto, guardando la fattibilità tecnologia e il quadro geologico non proibitivo, da quel che mi par di capire, rimane solo una scelta politica ed ideologica. Non sono poi così contrario all’opera come in passato e a forza di dirlo penso che lo faranno davvero.

  2. Un progetto ” green” come l’allora sedicente verde Rutelli e come l’attuale maglietta leghista. L’unica vera cosa green è la placca africana che si sposta lentamente ma inesorabilmente verso nord. Nel frattempo n’drangheta e mafia hanno tempo per fare affari d’oro.

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