«La più nota attivista ucraina per i diritti umani e sociali, Elena Berezhnaya, è stata sequestrata a Kiev il 16 marzo di un anno fa, scomparsa per molti mesi ora si sa solo che è in una sezione dei servizi di sicurezza in una prigione di Kiev». Comincia così l’appello lanciato in Italia dal giornalista e saggista Enrico Vigna, coordinatore di SOS Donbass–Ucraina Resistente e dal Centro di Iniziative per la Verità e la Giustizia. Berezhnaya, fondatrice e direttrice dell’Istituto di politica giuridica e protezione sociale ucraino, è stata arrestata dalla polizia mentre era nel suo appartamento. Come ha denunciato alla stampa l’Avvocata Svetlana Novitskaya, le autorità l’avrebbero poi portata al dipartimento di polizia del distretto di Goloseevsky, per poi trasferirla il giorno dopo alla SBU, i Servizi di Sicurezza ucraini, da dove non è più uscita. È da allora che l’attivista, una donna descritta nell’appello come «forte e coraggiosa, che non ha mai smesso di battersi per la giustizia e per la pace, e che in tutti questi anni è stata una spina nel fianco della giunta di Kiev, nonostante innumerevoli tentativi di assassinarla e minacce da parte dei neonazisti», non ha più avuto contatti con l’esterno.
«La legge marziale viene usata per sbattere in galera giornalisti, rappresentanti #dirittiumani, chiunque si opponga a Zelensky. ELENA BEREZHNAYA, nostra storica rappresentante dei diritti umani accreditata Onu e Osce è in carcere dal 16 marzo, senza avvocato di fiducia. pic.twitter.com/umkAqldXhk
— mcc43 (@mcc43_) April 20, 2022
L’attivista è molto conosciuta a livello internazionale, soprattutto per via della sua presenza e dei suoi interventi in forum internazionali e conferenze organizzati dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Durante gli incontri, dati alla mano, Berezhnaya «ha sempre denunciato le pratiche discriminatorie e violente della Kiev golpista, contro i diritti della popolazione russofona e contro la popolazione antifascista ucraina», raccontando della violenza e del ruolo «dei gruppi neonazisti, le atrocità di cui si sono macchiati e i legami strettissimi e complici, e gli interessi intrecciati tra la giunta ed essi».
Ma di cosa è accusata Elena Berezhnaya? Secondo Novitskaya, l’attivista è incolpata di tradimento (art. 111-1 e art. 110-1 del codice penale ucraino, per cui finiscono per essere sospettate e\o arrestate tutte le persone considerate inaffidabili dal Governo di Kiev,) per aver rilasciato sui media e sui canali YouTube dichiarazioni anti-ucraine. Posizioni, le sue, che l’hanno spesso portata a finire in carcere. Tant’è che dai suoi stessi racconti è emerso che in una di queste detenzioni, nel 2017, fu picchiata dai neonazisti del gruppo C14 e da agenti di polizia. «Insieme alla polizia, hanno iniziato a picchiarmi, torcendomi le braccia. Poi mi hanno gettato a terra e ho sbattuto la testa sull’asfalto e mi sono ferita, ho chiesto un’ambulanza. Invece, mi hanno spinto per le braccia per le gambe trascinandomi in macchina», ha detto l’attivista in una conferenza stampa, riportata dal Centro di Iniziative per la Verità e la Giustizia.
Motivo per cui Vigna e tutte le altre associazioni hanno deciso di portare anche in Italia il grido d’aiuto lanciato dagli attivisti per i Diritti umani e avvocati ucraini, chiedendo con forza il rilascio dell’attivista ucraina per i diritti umani e di tutti gli esponenti politici e civili detenuti illegalmente in Ucraina. «Ci aspettiamo una risposta e l’intervento di strutture e organismi internazionali pertinenti attraverso l’ONU, l’OSCE, l’UE e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, oltre al mondo del giornalismo e della difesa dei Diritti umani nel nostro Paese», scrivono nel comunicato.
Elena Berezhnaya non è l’unica attivista rinchiusa in cella per aver parlato. Stime di avvocati e centri dei Diritti umani ucraini dicono che tale condizione potrebbe riguardare migliaia di altre persone, detenute – spesso senza neppure una condanna vera e propria – per aver espresso un’opinione. Una realtà assente sui media occidentali e che certo stride con la visione propagandata dal governo Zelensky, tutta incentrata sulla narrazione dell’Ucraina come baluardo della democrazia europea in lotta contro le autocrazie e le dittature.
[di Gloria Ferrari]
Con la sola eccezione dei paesi baltici tutti gli stati che una volta erano parte dell’Unione Sovietica sono accumunati da questa irresistibile voglia di annullare opposizione e diritti dei cittadini. L’Ucraina non è esente, anche se non filtra dalla narrazione comune.