La baronessa Annabel Goldie, viceministra della Difesa nel governo di Rishi Sunak, ha dichiarato il Regno Unito fornirà all’Ucraina munizioni anticarro perforanti ad alto potenziale contenenti uranio impoverito. La rivelazione, avvenuta il 20 marzo durante un’audizione alla Camera dei Lord, è passata in sordina nei media locali fino a che non è stata rilanciata il giorno dopo dai giornali ucraini. Il tutto mentre a circa 2500km da Westminster si svolgeva a Mosca l’incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e l’omologo cinese Xi Jinping. Replicando alla preoccupazione di alcuni parlamentari presenti in Aula, Annabel Goldie ha cercato di ridimensionare la portata della notizia: «Assieme a uno squadrone di carri armati pesanti da combattimento Challenger 2 manderemo anche le relative munizioni, inclusi proiettili perforanti che contengono uranio impoverito poiché altamente efficaci per neutralizzare tank e blindati moderni russi». La baronessa ha però dimenticato che l’impatto delle pallottole genera la diffusione di microparticelle di uranio che, anche se “impoverito”, continua a emettere radiazioni a danno delle persone e del territorio circostanti.
Nel proprio arsenale, il Regno Unito conta almeno due tipi di proiettili all’uranio impoverito: Charm 1 e Charm 3, sviluppati negli anni ’90. Entrambi possono essere utilizzati come munizioni per i Challenger 2, tank pesanti da combattimento di standard NATO che il governo Sunak ha promesso all’Ucraina. Alla rivelazione del governo britannico ha fatto seguito la risposta di Putin, impegnato nell’incontro a Mosca con Xi Jinping, che ha dichiarato: «la Russia sarà costretta a reagire alle forniture occidentali di munizioni all’uranio». Dal Cremlino il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha rilanciato, definendo lo scontro nucleare ormai «a pochi passi». In poche ore si è passati dunque dall’apertura nei confronti dei colloqui di pace, partendo dal progetto presentato da Pechino, all’ennesima escalation tra le parti. La tensione era già aumentata qualche ora prima dell’arrivo di Xi Jinping a Mosca, quando il portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha dichiarato: «la richiesta di una tregua in Ucraina è inaccettabile perché significherebbe ratificare le conquiste fatte fino a oggi dalla Russia e concedere più tempo a Putin».
Il dibattito all’interno della comunità internazionale sull’utilizzo delle armi all’uranio impoverito non si è ancora concluso, dal momento in cui questa tipologia di proiettili non è stata definitivamente messa al bando. Diversi Paesi, tra cui proprio il Regno Unito, continuano a utilizzare queste “armi non convenzionali”. Si sminuisce così il loro impatto sulla salute e sull’ambiente giustificando la scelta alla luce di studi che negano il legame diretto tra proiettili e malattie o dell’assenza di trattati restrittivi in merito. Allo stesso tempo non vengono prese in considerazione ricerche, sentenze e testimonianze dirette che procedono invece nella direzione opposta. I proiettili all’uranio impoverito sono stati utilizzati in modo massiccio dagli eserciti occidentali in Iraq, Kuwait e nei Balcani. Nel 2001, l’allora procuratrice capo del tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia Carla del Ponte affermò che l’utilizzo delle armi all’uranio impoverito da parte della NATO fosse assimilabile a un crimine di guerra. Tale fattispecie di reato, appartenente alla categoria dei “4 crimini internazionali”, è definito dettagliatamente dall’articolo 8 dello Statuto di Roma. Comprende anche “la deportazione o il trasferimento di tutta o di parte della popolazione del territorio occupato all’interno o all’esterno di tale territorio”; reato per cui la Corte Penale Internazionale dell’Aia ha di recente emesso un mandato di arresto nei confronti di Putin.
L’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) ha censito circa 8.000 militari italiani che, di ritorno dalle missioni nei Balcani, sono stati colpiti da diverse malattie. Le più comuni sono state i linfomi di Hodgkin e non Hodgkin e la leucemia. Il presidente ONA Ezio Bonanni ha più volte denunciato i rischi dell’esposizione all’uranio impoverito, ricordando come la sostanzia abbia «provocato almeno 400 decessi solo per tumori emolinfopoietici tra tutti coloro che sono stati impiegati nelle missioni all’estero». Nel 1995 e nel 1999 la Bosnia Erzegovina e il Kosovo vennero colpiti dalla NATO con proiettili all’uranio impoverito. Una sentenza del 2013, emessa dalla Corte dei Conti della Regione Lazio, ha accolto il ricorso presentato da un militare ammalatosi di tumore, al quale il ministero della Difesa aveva rigettato la richiesta di pensione privilegiata. La sentenza ha sottolineato la correlazione tra la malattia e le condizioni ambientali in cui il militare aveva prestato servizio (Kosovo). Diverse perizie medico legali nominate dalla Corte hanno confermato la presenza, nei tessuti neoplastici del soldato, svariate nano-particelle “estranee al tessuto biologico, che quindi testimoniano un’esposizione a contaminazione ambientale”. Dagli atti risulta, inoltre, che “tutti gli alimenti distribuiti alla mensa e allo spaccio della base ove prestava servizio il ricorrente, compresa l’acqua utilizzata sia per l’alimentazione sia per l’igiene personale, erano oggetto di approvvigionamento in loco” e quindi inquinati dall’uranio impoverito e dalle sue micro polveri. Un’informazione che assume ancor più rilevanza se si considera che la zona del Kosovo posta sotto protezione del contingente italiano fu la più bombardata dalla NATO nel 1999: 50 siti per un totale di 17.237 proiettili.
[di Salvatore Toscano]
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