Fratelli d’Italia, il partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha presentato un progetto di legge per abrogare il reato di tortura, introdotto nell’ordinamento italiano solamente nel 2017. Secondo i deputati che lo hanno presentato, “il rischio di subire denunce e processi strumentali potrebbe disincentivare e demotivare le forze dell’ordine, privando i soggetti preposti all’applicazione della legge dello slancio necessario per portare avanti il proprio lavoro”. Tuttavia, come ricordato dalle opposizioni e da organizzazioni per la tutela dei diritti umani quali Amnesty International, formulare un quadro giuridico di riferimento per il reato di tortura ha permesso di condannare per una fattispecie specifica coloro che in precedenza venivano invece incriminati per reati più generici (e quindi con inflizione di pene più lievi), nonostante fosse accertato che i fatti compiuti costituissero atti di tortura (come nel caso della scuola Diaz).
Il progetto di legge assegnato alla Commissione di Giustizia dai deputati di FdI prevede, nello specifico, “l’introduzione di una nuova aggravante comune per dare attuazione agli obblighi internazionali discendenti dalla ratifica della CAT [la Convenzione contro la tortura, ndr] e la contestuale abrogazione delle fattispecie penali della tortura e dell’istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura”, previsti dagli artt. 613-bis e ter del codice penale. L’intenzione, insomma, è di cancellare i reati così come sono formulati dalla legge per introdurre un obbligo, più generico, di rispetto della Convenzione internazionale.
Il reato di tortura è stato introdotto nel nostro ordinamento nel 2017 e ha come tema centrale la dignità umana: il fatto che una persona sia sottoposta a una limitazione della libertà personale, infatti, non è giustificazione del fatto che possa essere sottoposta a trattamenti inumani o degradanti. Viene prevista poi un’aggravante nel caso in cui a commettere il reato siano agenti delle forze dell’ordine. Così come è formulata, la fattispecie rappresenta già un reato comune, ovvero non indirizzato specificamente contro le forze dell’ordine. Di fatto, ad essere condannati per tortura non sono stati solamente solamente agenti di polizia, ma anche persone comuni e, nel 2020, tre aguzzìni che avevano sottoposto a trattamenti indicibili alcuni migranti nei campi di detenzione libici. La prima condanna contro un agente di polizia è stata emessa solamente nel 2021, ovvero quattro anni dopo la formulazione del reato. Tuttavia, la possibilità di indagare per un reato specifico ha fatto in modo che venissero a galla i trattamenti inumani nei quali vengono sottoposti in particolare i detenuti all’interno delle carceri italiane. Come ricorda Amnesty, in precedenza (per esempio in relazione a quanto accaduto nella scuola Diaz nel contesto del G8 del 2001) “i giudici hanno accertato i fatti e hanno scritto che si trattava di tortura” ma “in mancanza di un reato specifico, hanno incriminato i responsabili per reati generici”.
Di certo, la legge presenta alcune criticità, sulle quali la stessa Amnesty si era pronunciata sin da subito. L’organizzazione aveva evidenziato, in particolare, come la formulazione breve e confusa del reato sembri voler “escludere anziché includere” tutte le forme di tortura che possono essere praticate ad oggi. Ad esempio, la formulazione “verificabile trauma psichico” sembrerebbe esprimere “una diffidenza verso le conseguenze della tortura sull’integrità psichica della vittima”. Il reato, così come è formulato oggi, andrebbe quindi sì rivisto, ma per renderlo più dettagliato e completo e meno interpretabile.
La deputata di Sinistra Italiana-Alleanza Verde Ilaria Cucchi ha dichiarato: «È notizia di queste ore la sospensione di 23 agenti del carcere di Biella accusati dalla magistratura di tortura di Stato nei confronti di 3 detenuti e nelle stesse ore veniamo a conoscenza dell’assegnazione in Commissione Giustizia della Camera di una proposta di legge di FdI che vuole abrogare la tortura. Questo è un fatto gravissimo. Sostenere che la tortura in Italia non esista è una bugia. Più di un giudice, prima dell’introduzione di questa legge si è trovato a non poter procedere perché la legge non esisteva. Abbiamo lottato per la sua introduzione e ora rivolgo un appello a tutte le forze politiche, soprattutto al presidente della Repubblica: giù le mani dalla legge che punisce la tortura».
Nello stesso giorno in cui è stata annunciata l’intenzione di abrogare il reato, è stato pubblicato il rapporto del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT), il quale un anno fa circa aveva visitato l’Italia. Le osservazioni, non vincolanti ma impattanti sull’opinione pubblica e sulle istituzioni di un Paese, fanno il punto della situazione sullo stato di salute degli istituti di privazione della libertà personale. Per quanto riguarda il nostro Paese, è stato constatato lo sforamento della capacità massima delle carceri, che nel 2022 ha raggiunto picchi del 152%. I membri del CPT hanno quindi invitato lo Stato italiano a porre fine essere politiche attive contro il sovraffollamento.
Va inoltre notato come poche settimane fa il deputato di Fratelli d’Italia Riccardo De Corato avesse accolto con favore la richiesta dei sindacati di polizia di formulare uno specifico reato di “terrorismo di piazza”, al fine di tutelare maggiormente gli agenti che intervengono nelle manifestazioni di piazza e di introdurre l’inasprimento delle pene per le violenze ai danni della polizia, tutti reati già previsti dal Codice penale. Sembra così delinearsi l’intenzione di reprimere ulteriormente le iniziative di dissenso e di protesta, attuando allo stesso tempo un comportamento garantista nei confronti dell’operato delle forze dell’ordine.
[di Valeria Casolaro]