A partire dal giugno prossimo Ajay Banga sarà il nuovo presidente della Banca Mondiale, l’istituto di credito internazionale con sede a Washington che, tra le altre cose, si occupa di gestire i prestiti di denaro ai Paesi e pianificare il saldo del debito. Un nome, quello di Banga, che certamente dirà poco ai lettori ma che è rilevante per diverse ragioni. Innanzitutto certifica che il dominio americano ancora pende su una istituzione teoricamente sovranazionale. La scelta di Banga è infatti stata presa direttamente dalla Casa Bianca, che in un comunicato ha annunciato di averlo “nominato”. Inoltre, con il suo curriculum da veterano di Wall Street e finanziatore delle multinazionali del fossile, ci lascia dedurre quali saranno le politiche del prossimo futuro della Banca Mondiale. La sua nomina, non a caso, è stata fortemente criticata da 53 organizzazioni non governative in una lettera aperta.
Gli Stati Uniti sono soci di maggioranza del World Bank Group e da 77 anni hanno sempre scelto il leader. Lo stesso era stato per il presidente uscente David Malpass, voluto da Donald Trump ma costretto a dimettersi con un anno di anticipo, ufficialmente per via della sua inadeguatezza a far fronte alle crisi del mondo.
Ajay Banga è stato presentato dal governo USA come “leader globale nella tecnologia, nei dati, nei servizi finanziari e nell’innovazione per l’inclusione” e attuale vicepresidente del colosso General Atlantic, una società di investimenti con sede a New York. Il futuro presidente, nato a Pune, in India, il 10 novembre del 1959, ha conseguito una laurea in economia presso lo Stephen’s College di New Delhi e un master in una delle migliori scuole del Paese: titoli che gli hanno permesso di ricoprire per anni il ruolo di amministratore delegato di Mastercard, azienda che insieme a Visa domina i circuiti di pagamento.
Il contro-curriculum ci arriva invece dalla già citata lettera aperta pubblicata da Eurodad, una rete di 53 organizzazioni non governative che si occupa di questioni legate al debito, di promuovere lo sviluppo e di ridurre la povertà. Da questa si apprende che Banga ha lavorato in molte multinazionali, maneggiando interessi e capitale privato. Un uomo che viene definito «veterano di Wall Street» visto che le sue affiliazioni attuali e passate includono l’essere presidente del consiglio di amministrazione di Exor (una holding di investimenti olandese) e direttore di Temasek (fondo di investimento statale di Singapore), che mettono a disposizione denaro per progetti che coinvolgono i combustibili fossili.
Per questo, secondo Eurodad, «senza comprovata esperienza di sviluppo, Banga non ha la credibilità per guidare la Banca mondiale nel suo obiettivo dichiarato di promuovere lo sviluppo sostenibile e sradicare la povertà, o nell’affrontare i diritti economici e sociali delle comunità più vulnerabili, per non parlare del cambiamento climatico», Praticamente, continuano le organizzazioni: «il profilo di questo candidato non potrebbe essere più lontano da ciò di cui il mondo ha bisogno nell’attuale contesto di crisi e di emergenze».
Interessante la chiusura della lettera, nella quale Eurodad si unisce ai tanti Paesi mondiali, a cominciare da Russia e Cina, che da tempo denunciano il dominio americano su molte delle cosiddette organizzazioni internazionali. Secondo Eurodad, la Banca Mondiale potrà svolgere il proprio lavoro in modo utile per le società solo se in futuro «si opterà per un’elezione democratica, meritocratica e trasparente, ponendo fine all’egemonia americana». Il prossimo leader della Banca mondiale dovrebbe avere infatti a cuore la condizione di milioni di persone che vivono in povertà e la crescente crisi climatica. «Il mondo ha bisogno di un presidente della Banca Mondiale che dia la priorità al finanziamento pubblico per gli investimenti pubblici e i servizi pubblici, e che sostenga la diversificazione economica. Che abbia insomma la giusta esperienza e un background che gli permetta di capire come muoversi e cos’è meglio per i Paesi in difficoltà. Una persona che, magari, sia nata proprio in certi contesti».
[di Gloria Ferrari]
Grazie G.F. articolo molto istruttivo.
Il punto cruciale è sempre il solito: gli amministratori fanno l’interesse dei popoli o della finanza?
Questo vale per la Banca Mondiale, per l’OMS…ed anche per tutte le nazioni. (pensiamo all’italia (minuscolo) che aveva il primo ministro banchiere!
Forse le IA faranno la differenza, a patto che la loro etica (programma etico) sia corretta.
Io ci spero e forse ci credo anche!