martedì 3 Dicembre 2024

Anche il Giappone ricomincia ad armarsi dopo quasi 80 anni

Il Giappone avanza a grandi passi verso un riarmo completo a discapito dell’articolo 9 della propria Costituzione in merito all’utilizzo dello strumento della guerra. Il Ministero della Difesa giapponese, martedì scorso, ha annunciato contratti per lo sviluppo di missili a lungo raggio, per un valore di circa 3 miliardi di dollari, che potranno essere schierati nel giro di pochi anni. L’annuncio segue la promulgazione di tre importanti documenti avvenuta nel dicembre scorso: National Security Strategy, National Defense Strategy, e Defense Buildup Program. Con questi tre atti, il Giappone mette da parte ogni remora e si lancia nel riarmo totale per la prima volta da quando uscì sconfitto dal secondo conflitto mondiale.

In un clima di crescente tensione tra il blocco occidentale della NATO – di cui il Giappone è alleato di ferro in Asia – con il blocco euroasiatico formato da Russia e Cina, e vista la lunga storia di ostilità tra quest’ultima e il medesimo Giappone, oltre alle nuove manovre della Corea del Nord, l’avvio del riarmo totale nipponico segna un punto cruciale nel processo geopolitico regionale e globale. Nei giorni scorsi, il ministero della Difesa giapponese ha annunciato di aver firmato contratti del valore di quasi 380 miliardi di yen (3 miliardi di dollari) con il principale appaltatore della difesa del paese, Mitsubishi Heavy Industries, per sviluppare e produrre in serie missili a lungo raggio da schierare già nel 2026. Per quanto riguarda i missili guidati terra-nave Type 12 e i missili plananti ipersonici, la progettazione e lo sviluppo sono arrivati a conclusione e a breve inzierà la produzione in serie. Sebbene il ministero non abbia rilasciato informazioni circa il numero di missili di cui il Giappone intende dotarsi, quello che sappiamo è che la produzione subirà un incremento graduale nei prossimi cinque anni. Alcuni test missilistici potrebbero essere effettuati in basi statunitensi, sebbene non si sappia in quale Paese. Il primo ministro Fumio Kishida ha detto che il Giappone sta anche acquistando 400 missili da crociera Tomahawk a lungo raggio di fabbricazione americana in grado di colpire obiettivi fino a 1.600 chilometri (994 miglia) di distanza per il dispiegamento a partire dal 2026. I Tomahawk sarebbero un “tappabuchi” mentre Mitsubishi lavora per la produzione dei nuovi missili.

Il Defense Buildup Program, uno dei tre provvedimenti adottati in dicembre, prevede che il Giappone aumenti la sua spesa per la difesa a circa il 2% (curiosamente in linea con gli standard richiesti da Washington per i Paesi NATO), la quale adesso si aggira su l’1%, del suo prodotto interno lordo (PIL), ammontando al bilancio statale per una cifra di circa 43 trilioni di yen (315 miliardi di dollari) fino al 2027. Il nuovo obiettivo di spesa alla fine spingerà il bilancio annuale del Giappone a circa 10 trilioni di yen, il terzo più grande del mondo dopo Stati Uniti e Cina. Ciò segnerebbe un aumento del 56% rispetto all’attuale piano quinquennale del Giappone.

L’annuncio del governo giapponese segue, come detto, un altro importante documento adottato a dicembre scorso, quello riguardante la nuova strategia di sicurezza nazionale del Giappone – la National Security Strategy – nel tentativo di aumentare significativamente il suo peso militare da poter utilizzare nei rapporti di forza con Paesi come la Cina e la Corea del Nord ma anche con la Russia. In questo documento, il Giappone considera le ambizioni nucleari della Corea del Nord e l’attività militare della Cina nella regione come minacce alla patria e la Cina è vista come “la più grande sfida strategica mai affrontata dal Giappone”. La nuova strategia del Giappone segna una brusca rottura con il passato postbellico del secondo conflitto mondiale, rispetto quindi l’assunzione d’impegno nel limitarsi alle sole forze armate di autodifesa, includendo adesso la possibilità di attacco preventivo in caso di grave minaccia al Paese. Infatti, l’articolo 9 della Costituzione giapponese vieterebbe ogni sviluppo di capacità offensiva da parte del Paese; al capitolo 2, intitolato Rinuncia alla guerra”, si dice: “Aspirando sinceramente a una pace internazionale basata sulla giustizia e l’ordine, il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione e alla minaccia o all’uso della forza come mezzo per risolvere le controversie internazionali.
Al fine di raggiungere lo scopo del paragrafo precedente, le forze terrestri, marittime e aeree, così come altri potenziali bellici, non saranno mai mantenuti. Il diritto di belligeranza dello Stato non sarà riconosciuto”.

Il terzo documento adottato in dicembre, il National Defense Strategy, mira a rinforzare e integrare tutte le capacità militari di difesa, specie quelle informatiche, ritenute dagli Stati Uniti come non idonee per una interoperabilità efficacie, efficiente e sicura tra gli alleati.

Se gli statunitensi erano ben contenti, essendone ispiratori, della politica militare giapponese del secondo dopoguerra, altrettanto contenti saranno adesso che il Giappone ha deciso di venir fuori dal proprio guscio, imponendo alla Cina una riflessione e un qualche tipo di mossa in risposta a questo nuovo fattore nella politica internazionale della regione.

[di Michele Manfrin]

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