Sì al ridimensionamento dell’utilizzo delle fonti inquinanti come il carbone, ma senza definire una data di scadenza entro cui dare un’accelerata definita alla transizione energetica. È quello che ha stabilito Il ‘Gruppo dei Sette’, cioè i sette maggiori Stati economicamente più avanzati del Pianeta – tra cui l’Italia, rappresentata da ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin e la viceministra Vannia Gava – riunitisi il 15 e 16 aprile in Giappone (a Sapporo) per il G7. Seppur considerato uno degli incontri più importanti per quanto riguarda clima e ambiente, i risultati raggiunti sono piuttosto deludenti.
Se infatti da una parte su alcuni temi la discussione si è fatta più o meno concreta – il ministro dell’Ambiente giapponese, Akihiro Nishimura ha detto che il gruppo ha stabilito di intraprendere azioni per porre fine all’inquinamento da plastica entro il 2040 – dall’altra su certe scadenze si è faticato a raggiungere un accordo. Nonostante la spinta di Gran Bretagna e Francia a porre fine all’utilizzo di energia a carbone che non compensa le sue emissioni, entro il 2030, alcuni membri, tra cui il Paese ospitante e gli Stati Uniti si sono detti contrari per via delle forniture energetiche globali ancora in crisi a causa della guerra in Ucraina.
Siamo sicuri che la motivazione sia solo questa? Tenendo conto che il Giappone è uno dei maggiori finanziatori di centrali a carbone nel suo continente, ed è la prima tra le nazioni del G7 per fondi destinati al combustibile fossile, va da sé che è negli interessi del Paese affossare la transizione verde o, perlomeno, rimandarla il più possibile. Nonostante i pareri contrari, degli obiettivi climatici comunque esistono già – quelli stabiliti dai precedenti accordi, come quello di Parigi firmato nel 2015 per contenere il surriscaldamento climatico al di sotto dei 2 gradi Celsius – e vanno rispettati lo stesso. Almeno in teoria. C’è per esempio l’intenzione di azzerare le emissioni entro il 2050, ma il problema è principalmente uno: come fare a raggiungere la meta senza che i maggiori Paesi inquinanti riducano l’utilizzo di combustibili fossili?
Se decarbonizzare certi ambiti pare fuori discussione – almeno per ora – per altri, come quello dell’automobile, l’attenzione è sembrata più alta – sarà in vista della scadenza del 2035 per la messa al bando dei motori a diesel e benzina – ma confusa e sottoposta alle ritrosie di molti Paesi, Italia in testa. Durante l’incontro si è infatti discusso dell’importanza dell’utilizzo dei biocarburanti, un combustibile ottenuto in modo indiretto dalle biomasse quali ad esempio grano, mais e olio di palma, per aiutare la decarbonizzazione del settore auto. Un’apertura che se da una parte fa gola all’Italia – che ne è produttrice – dall’altra crea un certo scompiglio. È vero che, migliorandone tecnica e strategia, il biocarburante può mitigare l’impatto ambientale del settore auto, ma nei mesi scorsi l’Unione europea l’ha escluso dai suoi piani. A quanto pare il G7 no, per la soddisfazione di Pichetto Fratin, per cui serve al più presto «far ripartire il dialogo con i Paesi europei per arrivare con dati scientifici certi alle soluzioni migliori». Che non siano l’esclusione del ‘suo’ biocarburante.
Nel complesso, tuttavia, l’incontro di questi giorni ha lasciato spazio anche a discussioni sull’energia pulita. Si è detto ad esempio di voler aumentare la capacità eolica offshore di centocinquanta gigawatt entro il 2030 e la capacità solare oltre il terawatt entro la stessa data. Insomma l’intenzione di allontanarsi dai combustibili fossili a livello globale pare ci sia. Non è chiaro però né il quando né il come.
[di Gloria Ferrari]
Se non fosse che questi pezzi di merda campano con i nostri soldi, farebbero quasi ridere, quasi…