Deragliamento di un treno merci a Firenze. L’ Italia ferroviaria nel caos.
A deragliare non è solo un treno, ma un intero sistema, quello che nei primi anni novanta , col cosiddetto Piano Necci privatizzò le ferrovie e i trasporti pubblici. Da allora, pezzo dopo pezzo, sono stati smantellati il patrimonio ferroviario, la sicurezza di viaggio, i diritti dei lavoratori, i saperi e le professionalità.
Ricordo come se fosse oggi: costò cara alla mia Valle (e non solo) la nascita dell’Europa di Maastricht, quella delle privatizzazioni, della guerra tornata calda, dei corridoi di traffico e delle conseguenti devastazioni dei territori, dell’impero mercantile e del potere finanziario.
Per noi la nascita della lotta contro il TAV coincise con la mobilitazione in difesa del polo ferroviario di Bussoleno.
Fino agli anni ‘90 Bussoleno costituiva uno snodo importante sulla linea internazionale di collegamento con la Francia. Il Deposito con la scuola ferrovieri, il parco locomotive, l’officina per la revisione del materiale rotabile dotata di macchinari ad alta precisione e tecnici specializzati, la squadra lavori per la manutenzione dell’ infrastruttura, garantivano un migliaio di posti di lavoro che avevano richiamato personale da tutt’ Italia, con grande vantaggio economico e culturale per il Comune e per tutta la Valle.
La scure delle privatizzazioni che, in tutto il Paese, tagliò i servizi territoriali falcidiando corse e tratte ferroviarie e licenziando lavoratori. A Bussoleno chiuse l’officina e il polo ferroviario, desertificò il parco macchine, ridusse a una decina i posti di lavoro. Senza manutenzioni del materiale rotabile e della strada ferrata anche la sicurezza di viaggio non fu più garantita.
A nulla valsero i mesi di sciopero, le manifestazioni a cui partecipava tutta la popolazione, commercianti e scuole comprese. “Il futuro dei trasporti – ci dissero – è l’Alta Velocità. Lo vuole l’Europa, lo vuole il Progresso. Il destino della Valle di Susa e di diventare un segmento del corridoio numero 5 Lisbona-Kiev. E poi il TAV porterà benessere, posti di lavoro a bizzeffe.”
Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti. È cresciuta la devastazione sociale e ambientale. Il debito pubblico è alle stelle e così pure i grandi profitti di pochi. La democrazia piange, presa a manganellate, messa in manette nei tribunali, rinchiusa nelle carceri.
E la Valle continua a resistere, a rintuzzare il progetto dissennato: intorno a noi crescono i cantieri, ma nulla dell’opera vera e propria è stato fatto…
Ma non si potrà vincere da soli. Anche la lotta rappresenta un bene collettivo e l’alternativa alla lotta è un deragliamento senza superstiti.
[di Nicoletta Dosio]