Poco meno di tre settimane separano la Turchia dalle prossime elezioni presidenziali e parlamentari. Complici la crisi economica e le conseguenze del recente terremoto, l’attuale presidente Recep Tayyip Erdoğan non può dormire sogni tranquilli, con i sondaggi che profilano un serrato testa a testa con il leader dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu. Erdoğan si prepara all’appuntamento criminalizzando i propri avversari e i partiti a loro vicini: nelle scorse ore è scattata l’operazione “anti-terrorismo” che la polizia ha definito un nuovo colpo al Partito dei Lavoratori del Kurdistan, il PKK. Sono state arrestate 110 persone: ai presunti miliziani si sono aggiunti «venti avvocati, cinque giornalisti, tre attori teatrali e un politico», come riportato dall’Ordine degli avvocati di Diyarbakir, una delle 21 province anatoliche interessate dalla maxi retata. Tra gli arrestati ci sarebbero anche diversi membri del comitato centrale del Partito Democratico dei Popoli (HDP), formazione filocurda nonché terza forza del Parlamento turco. L’associazione no profit MLSA, impegnata nella promozione della libertà di espressione, ha denunciato la presenza di dirigenti di varie Ong tra i fermi della polizia.
Le persone coinvolte nell’operazione sono accusate di aver finanziato il PKK o comunque di aver collaborato con il gruppo che da quarant’anni ha unito le istanze dei curdi chiedendo l’indipendenza del Kurdistan e per questo combatte contro lo Stato turco, che negli anni si è macchiato di discriminazioni e crimini vari. Ankara, così come Washington e Bruxelles, considera il PKK un’organizzazione terroristica, attualmente bandita dalla vita politica del Paese. L’HDP, interessato negli ultimi anni da ondate di arresti che ne hanno decimato i vertici, rischia lo stesso destino proprio per le accuse di legami con il Partito dei Lavoratori. «Avvicinandoci alle elezioni il governo ancora una volta ricorre a operazioni di arresto per il timore di perdere il potere», ha scritto su Twitter il deputato di HDP Tayip Temel. Non stupisce la tensione e la criminalizzazione nei confronti del Partito Democratico dei Popoli, dal momento in cui la formazione filocurda rappresenta il terzo partito in Parlamento e potrebbe canalizzare alle prossime elezioni il 10% dei consensi.
Il prossimo 14 maggio si sfideranno in Turchia quattro candidati per la presidenza del Paese. Erdoğan, con il Partito dello Sviluppo e della Giustizia (AKP), guiderà l’Alleanza della Repubblica. Al suo interno, il presidente uscente ha inserito una “carta curda” alquanto ambigua: il Partito della Causa Libera (Hudapar), una formazione politica fondamentalista, molto attiva nel sud-est della Turchia, che ha tra i suoi obiettivi quello di fondare uno stato curdo islamico. Tra le fila dell’Hudapar si contano numerosi iscritti accusati di far parte dell’Hizbullah turco, formazione paramilitare che ha commesso numerosi crimini contro le donne curde femministe, vari intellettuali curdi e alcuni amministratori locali.
Il principale avversario di Erdoğan sarà Kemal Kilicdaroglu: laico, progressista e appartenente all’alevismo, una minoranza profondamente discriminata in Turchia. Il video in cui Kilicdaroglu parla del suo credo religioso è diventato il più visto su Twitter dal 2022 a oggi. Il politico classe 1948 è il leader del Partito Popolare della Repubblica (CHP) e guiderà l’Alleanza del Popolo, una coalizione accomunata più dalla volontà di superare Erdoğan che da un programma omogeneo.
Alevi. pic.twitter.com/C9Pd1ZaKoN
— Kemal Kılıçdaroğlu (@kilicdarogluk) April 19, 2023
Il terzo candidato alla presidenza è Muharrem Ince, l’ex insegnante di fisica che sfidò Erdoğan nelle elezioni del 2018 conquistando il 31% dei consensi. Leader del Partito della Patria, Ince rappresenta una linea laica, europeista e centrista. L’ultimo candidato è Sinan Ogan e rappresenterà l’Alleanza Ancestrale (Ata), un chiaro riferimento al cognome del padre fondatore della Repubblica, Ataturk. Le posizioni della coalizione fanno leva su una tradizione nazionalista. In totale saranno 36 i partiti a supporto dei candidati presidenti per quello che rappresenta, oggi più che mai, uno snodo fondamentale per il futuro della Turchia.
[di Salvatore Toscano]
Già, i Curdi… da sempre invisi alle potenze occidentali (Ankara, Washington, Bruxelles), forse gli unici che sono stati in grado di fermare l’espansione dell’ Isis (Daesh). Probabilmente invisi perché per difendere la propria nazionalità (indipendenza) usano gli AK 47…