Secondo la prima analisi dei rischi per la salute derivanti dalla produzione e l’inquinamento da plastica, quest’ultima sarebbe responsabile di impatti sanitari di ampia portata, tra cui tumori, malattie polmonari e difetti alla nascita. L’analisi ha valutato gli effetti dei polimeri plastici nell’intero ciclo di vita: dall’estrazione alla produzione, fino allo smaltimento in discarica. La ricerca, che include anche una revisione dello stato delle conoscenze scientifiche sul tema, ha rilevato che “gli attuali modelli di produzione, uso e smaltimento della plastica non sono sostenibili e sono responsabili di danni significativi alla salute umana, nonché di profonde ingiustizie sociali”. Le fasce di popolazione più a rischio sono infatti i lavoratori impiegati nelle fasi iniziali di estrazione dei combustibili fossili e di produzione dei polimeri, così come chi vive in zone adiacenti a siti di produzione e di smaltimento della plastica.
Più nel dettaglio, chi lavora nelle industrie di produzione di plastica è a maggior rischio di leucemia, linfoma, cancro al cervello, cancro al seno, mesotelioma e diminuzione della fertilità. I lavoratori addetti al riciclaggio della plastica presentano invece i tassi più elevati di malattie cardiovascolari, avvelenamento da metalli tossici, neuropatia e cancro ai polmoni. I residenti delle comunità adiacenti ai siti di produzione della plastica e di smaltimento dei rifiuti sono poi esposti a maggiori rischi legati al nascituro, come parto prematuro, basso peso alla nascita, asma e leucemia infantile. Pertanto, gli autori dello studio raccomandando che si stipuli un trattato globale sulle materie plastiche per controllarne la produzione e l’uso e per ridurne tale enorme impatto sulla salute pubblica e l’ambiente. Tra l’altro – ha dichiarato Frank Seebacher, professore di biologia presso la scuola di scienze biologiche e ambientali dell’Università di Sydney – «le materie plastiche sono al pari del riscaldamento globale per quanto riguarda gli effetti nocivi a livello globale e, al contempo, sono il motore stesso dei cambiamenti climatici a causa del loro bisogno di combustibili fossili».
Lo studio, condotto dall’Osservatorio Globale sulla Salute Planetaria del Boston College, in collaborazione con la Fondazione australiana Minderoo e il Centro Scientifico di Monaco, è di particolare rilievo in quanto, come anticipato, ha per la prima volta evidenziato l’impatto della plastica sulla salute pubblica nel suo intero ciclo di vita. Inoltre, ha sottolineato quanto l’attuale modello sia del tutto insostenibile e deleterio, nonché ancora in via di peggioramento. Stiamo infatti assistendo ad una amplificazione progressiva dei danni da plastica, la cui causa principale sarebbe proprio riconducibile all’aumento, quasi esponenziale e tuttora in accelerazione, della produzione globale di polimeri industriali. Gli effetti negativi dei prodotti plastici sono inoltre ulteriormente esacerbati dai bassi tassi di recupero e riciclaggio e dalla lunga persistenza dei relativi rifiuti nell’ambiente. La ricerca, in definitiva, va quindi ad aumentare le evidenze relative alla necessità di cambiare l’odierno approccio produttivo e consumistico focalizzandosi però sugli impatti sanitari. D’altro canto, quelli sull’ambiente e, di conseguenza, sul benessere delle società, sono invece già da tempo stati messi sotto i riflettori: il ciclo di vita della plastica è insostenibile, ed ora sappiamo con certezza che danneggia direttamente anche la nostra salute.
[di Simone Valeri]