Per molte persone l’arrivo della bella stagione è sinonimo di partenze. Il nostro Paese è da sempre meta turistica d’eccellenza, e ogni anno si prepara a vedere i suoi mari solcati da migliaia di grandi navi. Uno stress per ambiente e persone residenti in città dotate di porti su cui associazioni e cittadini di nove località marinare hanno deciso accendere i riflettori. “Stop inquinamento navale” si legge sugli striscioni appesi il 20 maggio nei porti di Savona, Genova, La Spezia, Livorno, Venezia, Reggio Calabria, Ancona, Civitavecchia, Olbia, Napoli. Uno slogan che «mira a sensibilizzare le amministrazioni e autorità competenti, chi lavora in porto e la popolazione locale sull’impatto che l’industria navale ha, oggi, su queste città, sulla salute delle persone e sull’ambiente marino».
Uno dei problemi principali è che per muoversi , ancora oggi, e nonostante il mondo cerchi di andare nella direzione opposta, le navi da crociera – che in realtà sono delle enormi città galleggianti – utilizzano combustibili estremamente inquinanti. Tra questi, per esempio, c’è l’heavy fuel oil (HFO), un carburante cioè ricavato dagli scarti di lavorazione dei prodotti petroliferi. Un sottoprodotto cioè di un prodotto già di per sé altamente inquinante, e che quindi emette enormi quantità di sostanze tossiche. Queste, inevitabilmente, finiscono per riempire l’aria delle città di porto, anche quando i fumi fuoriescono in mare aperto, lontani dalla terraferma. Una situazione che peggiora una volta approdate in porto: qui le navi, per facilitare manovre e ormeggio, si muovono lasciando i motori accesi, così da tenere in funzione tutti i comandi di bordo.
«Chiediamo l’adozione urgente di misure per proteggere innanzitutto la salute delle persone dalla minaccia rappresentata dai fumi delle navi, alle quali ancora oggi viene permesso di inquinare con delle modalità che sulla terraferma non sarebbero mai consentite» scrivono gli organizzatori della protesta, fortemente voluta dalla Onlus ‘Cittadini per l’aria’ e da tutte le altre associazioni che fanno parte della rete ‘Facciamo Respirare il Mediterraneo’. Di che misure si tratta?
Secondo i gruppi, per ridurre le emissioni è prima di tutto essenziale occuparsi dell’efficientamento delle navi, che siano cioè in grado di utilizzare sistemi e metodi che riducano sensibilmente i consumi. Fondamentale, poi, la scelta di un carburante adatto e l’impiego di filtri e catalizzatori che ‘intrappolino’ le emissioni di particolato e ossidi di azoto. Richieste a cui si aggiungono quella di ridurre la velocità di navigazione e di elettrificare le banchine: in questo modo le emissioni della barca nei momenti di ingresso in un porto, o durante la sosta e l’uscita, potrebbero quasi azzerarsi installando a bordo un’alimentazione a batteria, da abbinare ad un impianto di alimentazione e ricarica elettrica da terra. «È un invito alle autorità e agli armatori a ripensare lo sviluppo per questa industria che è di grande valore per il nostro Paese, ma non può più prescindere dalla riduzione delle emissioni» e da controlli più rigidi, che ad oggi «non esistono di fatto e sono vanificati dalle norme ambigue che tutto consentono».
In generale uno studio ha rilevato che le navi da crociera che in media circolano nelle acque europee inquinano 20 volte di più di tutte le auto che percorrono le strade del continente, e che dormire su una di queste ‘città galleggianti’ consuma 12 volte l’energia utilizzata in hotel. Tant’è che, non a caso, nel 2020 la multinazionale Mediterranean Shipping Company (MSC), colosso della logistica e delle crociere, si è ‘guadagnata’ il sesto posto tra i dieci maggiori emettitori europei di anidride carbonica.
[di Gloria Ferrari]
Soprattutto fa restare basiti che vengono posti limiti alla circolazione delle auto o alle caldaie degli edifici mentre in città come Genova uno dei principali inquinatori del centro città sono proprio traghetti e navi da crociera che stazionano nel porto. I politici adoperano il cambiamento climatico come strumento per dare contro solo a certe categorie di inquinamento.