Le bacche di Goji sono un piccolo frutto dolce che appartiene alla stessa famiglia botanica dei pomodori, delle melanzane e dei peperoni: la famiglia delle Solanacee. Si tratta di un frutto che arriva dall’Oriente, precisamente dalla Cina, e che ha attirato l’interesse dei mercati alimentari in Occidente, in particolare di quel settore specializzato nell’alimentazione salutistica e della cosmesi anti-età, ovvero della nutrizione e dei prodotti di bellezza estetica basata su creme viso, lozioni e altri prodotti che la comunicazione aziendale etichetta come sostanze anti-invecchiamento.
Questo alimento è diventato di moda in Europa nel 2014 e attorno a queste bacche è nato un vero e proprio business commerciale, con enfasi estrema sulle loro presunte qualità salutistiche, fino ad essere classificate come un superfood dalla comunicazione delle aziende produttrici e dai siti che poi le vendono in tutto il mondo. Ma, come al solito, non è tutto oro quel che luccica e sebbene queste bacche sembravano essere un cibo miracoloso, col tempo si sono rivelate per quello che realmente sono: delle bacche piene di pesticidi coltivate in maniera intensiva in Cina ed esportate poi in tutto il mondo che possiedono, in fin dei conti, meno vitamine e meno sostanze antiossidanti della mora e dei mirtilli.
Provengono dalla Cina
Innanzitutto provengono dalla Cina, di solito dalla regione della Mongolia, da coltivazioni di tipo altamente intensivo e industriale, e non sono bacche spontanee raccolte da piante selvatiche, come invece si legge sempre nei siti che le vendono in commercio o nei blog dove si parla di questo alimento. Se non arrivano dalla Mongolia arrivano dal Tibet, che non è altro che un’altra regione della Cina situata nella parte nord della catena dell’Himalaya. Le coltivazioni di bacche di Goji sono intensive e ad alto utilizzo di pesticidi, dato che si tratta ormai di una delle produzioni più grandi a livello mondiale, con un prodotto che viene poi distribuito in molti Paesi del mondo.
Del resto è incontestabile che si tratti di una coltivazione intensiva ed è testimoniato dal fatto che negli ultimi anni sono stati bloccati e ritirati dal commercio ripetute volte interi lotti di bacche di Goji sia in Italia che nel resto d’Europa, perché contenevano pesticidi vietati nell’Unione Europea, come ad esempio il Carbofuran vietato in agricoltura dal 2009 ma ritrovato nelle bacche provenienti dalla Cina e segnalato anche dal Ministero della Salute nel Maggio 2018. Vari altri lotti di bacche di goji, controllati di recente, presentano residui troppo elevati di un altro pesticida tossico chiamato Propargite e anche in questo caso il Ministero della Salute ha dovuto emanare un avviso invitando a non consumare e a ritirare dal mercato questi lotti. Anche nel rapporto di Legambiente Stop Pesticidi del 2017 si parla di forniture di bacche di Goji arrivate in Italia e in cui sono stati rinvenuti da 12 a 20 residui di sostanze tossiche diverse. E lo stesso è avvenuto regolarmente per le importazione degli anni successivi, come riportato anche nel Rapporto Legambiente del 2020.
Questi dati e rilevazioni oggettive rispetto ai residui di pesticidi ci fanno capire che se un alimento diventa di moda, anche qualora avesse in effetti delle proprietà nutrizionali valide e di interesse nutrizionale, non bisogna gettarsi ad acquistarlo a occhi chiusi, ma è sempre buona cosa informarsi bene prima sulla filiera e la provenienza del prodotto, in particolar modo sul metodo agricolo o di allevamento che è stato posto in essere per produrlo. Da questo punto di vista le bacche di Goji sono uno degli alimenti più contaminati e poco salutari che ci ritroviamo in commercio.
Meno antiossidanti di more e mirtilli
Inoltre è da ridimensionare anche il mito del potere antiossidante di queste bacche, in quanto da analisi di laboratorio risulta che le comuni more di bosco e i mirtilli hanno valori di antiossidanti decisamente superiori. Come si può vedere dai risultati delle analisi pubblicati dal Dipartimento USA dell’Agricoltura, che riferiscono il valore antiossidante di molti alimenti, i mirtilli fanno registrare tre volte più antiossidanti delle bacche di Goji e la mora due volte tanto.
[di Gianpaolo Usai]
Il consumo effettivo di acqua per produrre un chilogrammo di carne in Italia è di 790 litri. (Da bioecogeo.com) Personalmente preferisco la verdura…
Concordo su tutto tranne che sull’uso della lettera “k” 😉
Un kilo… Zucchero Fornaciari, 2007😊
Il “consumatore” new age moderno è mediamente un idiota. Un tempo definito anche “boccalone”. Il problema è purtroppo che vien mal tutelato da seri e rigidi controlli pubblici sulle derrate alimentari di origine vegetale per l’errata concezione che solamente i prodotti di origine animale siano “malsani” e dannosi per l’ambiente. Forse non tutti sanno che per produrre un kilo di avocados serve più acqua che non per produrre un kilo di carne di manzo…
Falso. Basta fare una veloce ricerca in rete per vedere che per produrre un kg di avocado servono tra i 280 e i 960 litri d’acqua (a seconda delle fonti), mentre per un chilo di manzo ne servono circa 15 mila, tra le 15 e le 60 volte in più.
Salve, la risposta è più in alto.
L’articolo a cui si riferisce è sicuramente interessante perché tratta la questione in modo complesso introducendo variabili di solito tralasciate, tuttavia non so quanto dire che tutta “l’acqua verde” usata rientri nel circolo della natura abbia senso. In questi termini tutta la produzione di verdura non consumerebbe praticamente acqua alcuna. E inoltre se un bovino beve circa 50 litri di acqua al giorno non capisco come il suo allevamento possa usare solo 700 litri in totale. In questo senso si considera che anche l’urina torna nel circolo della natura…faccia lei.