La Lummi Nation, una tribù di nativi americani che vive nella regione occidentale dello Stato di Washington, negli USA, sta cercando di bloccare l’avvio di un progetto multimiliardario nel porto di Vancouver, in Canada, appellandosi al tribunale federale del Paese. Secondo gli indigeni il piano, che sostanzialmente prevede un’espansione della struttura portuale – che in pratica raddoppierà – e un nuovo terminal per fornire più spazio allo stazionamento dei container, dovrebbe essere stoppato perché approvato senza il loro consenso, che dovrebbe essere invece necessario per il Governo canadese per poter autorizzare i lavori.
Per via di una legge promulgata nel 2021 dalla Corte suprema canadese, infatti, alcune popolazioni indigene che vivono negli USA – come quelle di Colville, nello Stato di Washington – possono rivendicare certi diritti in Canada. Tale normativa si applica agli attuali successori delle antiche tribù indigene che in passato hanno occupato il territorio canadese, anche se oggi i loro membri vivono fuori dal territorio. Nello specifico, il Governo nazionale ha il dovere di confrontarsi con le comunità di nativi su progetti che potrebbero influire negativamente sulla loro condizione. Durante il lungo processo di revisione del progetto, la Vancouver Fraser Port Authority ha dichiarato di aver discusso con 46 gruppi indigeni, redigendo accordi con 26 di loro. Un passaggio in cui i membri della Lummi Nation, a loro dire, non sarebbero stati inclusi, anche se ne avrebbero avuto il diritto. La loro tribù, il cui nome sta per “popolo del mare”, nonostante oggi viva sulla costa più settentrionale di Washington, in passato si estendeva fino a quello che oggi è territorio canadese. Tuttavia, dalla sua approvazione, la legge ha suscitato numerose perplessità in termini di applicabilità e universalità. Motivo per cui non è ancora chiaro il modo in cui la controversia si risolverà.
Intanto, in attesa di un responso, la Lummi Nation è convinta che questo progetto non debba vedere la luce del sole, perché significherebbe condannare a morte centinaia di animali marini. Un pensiero condiviso dai gruppi ambientalisti, per cui la nuova costruzione metterebbe in pericolo animali già a rischio di estinzione, come le orche assassine e il salmone chinook.
[di Gloria Ferrari]