Immancabile come la scadenza delle tasse, arriva l’ennesimo sondaggio volto a fotografare lo stato del complottismo in Italia. Lo schema è sempre lo stesso: associare le teorie alternative al mainstream al complottismo, inserire sotto il capello di questo termine un insieme variegato di convinzioni estreme, colorite e strampalate, accostandole a posizioni che variano dallo scetticismo a ricerche ben documentate del giornalismo indipendente. Lo scopo, infatti, è screditare chi pensa in maniera critica, libera e indipendente, per accomunarlo al tipico cospirazionista da vignetta con lo scolapasta in testa.
I sondaggi periodici emessi da qualche organismo “indipendente” di dubbia indipendenza (tutto ciò evoca la tecnica della “terza parte indipendente” di Edward Bernays) offrono un’aura di autorevolezza che piace al mainstream e ricoprono un ruolo importante nel sistema informativo odierno. In particolare, i sondaggi sul complottismo servono a semplificare un fenomeno e a descrivere coloro che dubitano della narrazione del sistema alla stregua di analfabeti funzionali, bifolchi con disagio abitativo, sprovveduti alla stregua di coloro che credono alle apparizioni della Madonna (ci aveva già pensato Galimberti ad associare i fedeli di Medjugorje ai No Vax, invocando per loro un TSO). Tant’è che i titoli degli articoli finiscono sempre per dileggiare i complottisti (Il Giornale: «Ogni mattina un terrapiattista si sveglia e guarda il Sole sorgere. […] Ogni mattina un complottista si sveglia, prende il sussidiario di quinta elementare e strappa un po’ di pagine. Non hanno ragione di essere lette») o persino per compatirli, descrivendoli come dei beoti che si bevono qualunque panzana (L’Espresso titola: “Il complottista è tanto ingenuo da fare tenerezza”).
Ci troviamo di fronte a un’alchimia di ingredienti sapientemente miscelati: l’atteggiamento arrogante dello scientista (per lui sono tutti idioti, dai credenti ai No Vax); la presunzione dell’autoproclamato professionista dell’informazione che si ritiene depositario della verità e la certifica con il suo bollino di qualità; la solerzia, tanto ossessiva quanto sadica, del moderno inquisitore digitale volta a perseguitare chiunque non la pensi come lui; la malizia del ricorso a tecniche di ingegneria sociale (per esempio il framing); la patologizzazione del dissenso.
Questo processo ha subito una accelerazione durante il triennio pandemico e perdura ancora oggi. Da Le Iene (“Paura e delirio a Chivasso”) a MilanoToday, i “No Green Pass” sono stati dipinti come dei soggetti deliranti, dei paranoici cospirazionisti pronti a propagare ogni strampalata teoria alternativa su qualsiasi cosa, senza eccezione alcuna. La Repubblica ha dedicato un articolo ai “cattivi maestri” affermando che «il fiume carsico del complottismo italiano è tornato con prepotenza a galla: la battaglia contro il Green Pass è il nuovo punto d’approdo».
Il Foglio, Rolling Stone, L’Espresso, Huffpost, Il sussidiario, Il Giornale e altri media hanno ripreso un recente sondaggio Swg che certifica che il 15 per cento degli italiani crede che la Terra sia piatta, il 18 per cento crede ai Rettiliani, il 17 per cento ritiene che “l’Olocausto non è mai avvenuto”; il 18 per cento che “alcune celebrità decedute sono ancora vive e si trovano nascoste in un’isola”. A questi si vanno ad aggiungere coloro che sostengono lo sbarco sulla Luna non sia mai realmente avvenuto (il 29%), mentre il 25 per cento degli italiani è convinto che “i vaccini sono un metodo di controllo di massa attraverso il 5G”.
La percentuale sale ancora per quanto riguarda i dubbi sull’11 settembre: il 32 per cento pensa che “l’attentato delle Torri Gemelle è stato organizzato dagli Stati Uniti”. Qua dovremmo domandarci, semmai, se il 68% creda davvero alla ricostruzione ufficiale: che un manipolo di terroristi che aveva poche ore di volo sui simulatori, sia stato in grado di orchestrare l’attacco, di dirottare e pilotare dei Boeing, (Ivan Chirivella, l’istruttore di volo di Mohamed Atta, quando venne intervistato in merito alla competenze acquisite dal suo ex allievo, affermò che «Atta non era in grado di portare a termine una simile manovra», ossia centrare la Torre con un Boeing), di far collassare l’edificio 7 per empatia (franò su se stesso alla velocità della caduta libera senza essere impattato dagli aerei) e di effettuare sul Pentagono con il 757 una virata di 270° che nemmeno il più abile pilota di caccia sarebbe riuscito a fare…
Ci dovremmo anche chiedere se dubitare dell’efficacia dei sieri anti-Covid, mai testati sulla trasmissione, certificandone la mole di reazione avverse, rientri in qualche forma di paranoia o non sia, invece, sano scetticismo, avvalorato dai fatti e dai recenti scandali.
Il Foglio, però, è sicuro: «Siamo nella paranoia». E la paranoia la certifica, secondo il quotidiano, la percentuale di coloro che credono che il Covid sia il prodotto di laboratorio (tra il 36 e il 42%). Eppure, proprio negli ultimi due anni, si sta facendo sempre più spazio la possibilità concreta, rilanciata da media internazionali e dalle istituzioni (la Casa Bianca in primis), che il Sars-CoV-2 sia fuoriuscito dal laboratorio di Wuhan. Ma niente, per i media italiani sono panzane, a priori.
In cima alle convinzioni degli italiani, osserva il Foglio, «c’è poi la migliore delle teorie, la madre di tutti i complotti: il 60 per cento degli italiani sostiene che “un’élite di poteri forti controlla il mondo”». E qua viene da sorridere. Forse costoro sono all’oscuro di come i fondi di investimento (per es. BlackRock) siano più potenti delle nazioni stesse, di come la “filosofia del dono” abbia permesso a filantrocapitalisti del calibro di Warren Buffett, George Soros o Bill Gates di estendere il loro raggio d’azione ovunque, finendo per dettare l’agenda dei governi e di organizzazioni come l’OMS? O ancora, citando i rapporti Oxfam, come il divario tra paperoni e poveri si faccia sempre più marcato? O, infine, come il gotha mondialista si riunisca in cenacoli come il Gruppo Bilderberg, per pianificare il destino di miliardi di persone? Ovviamente, in segreto e a porte chiuse. Ma a pensar male, per i quotidiani mainstream, si è inesorabilmente complottisti.
[di Enrica Perucchietti]
A pensar male si fa peccato disse Andreotti. Però ci si azzecca. (Nessuno si è ancora mai permesso di annoverare il pluri-Presidente del Consiglio tra i complottisti…)