giovedì 21 Novembre 2024

Perché in Kosovo è scoppiata la rivolta dei serbi

Ieri pomeriggio, durante le operazioni di contenimento delle manifestazioni dei cittadini di etnia serba che protestavano contro l‘insediamento dei sindaci albanesi nelle aree del Kosovo a maggioranza serba, 14 militari italiani del contingente Nato Kfor (Kosovo Force) sono rimasti feriti. I fatti sono avvenuti a Zvecan, centro situato a 45 chilometri a nord di Pristina, nei pressi di un edificio municipale. I militari della Kfor hanno chiesto ai manifestanti di liberare la strada a due veicoli delle forze speciali di polizia kosovare: di fronte al loro rifiuto, hanno usato gas lacrimogeni e granate stordenti sui dimostranti, i quali hanno risposto lanciando pietre e dando alle fiamme un’auto. Nei tafferugli sono rimasti feriti in tutto una cinquantina di manifestanti e trenta militari Nato. Tra i soldati italiani, tre sono stati portati in ospedale in elicottero, ma non risultano in pericolo di vita.

“A nome mio e del Governo, esprimo i miei più sinceri sentimenti di vicinanza ai militari italiani che sono rimasti feriti durante i disordini in Kosovo – ha scritto su Twitter Giorgia Meloni -. Esprimo inoltre la più ferma condanna dell’attacco avvenuto a danno della missione Kfor che ha coinvolto anche militari di altre Nazioni. Quanto sta accadendo è assolutamente inaccettabile e irresponsabile. Non tollereremo ulteriori attacchi nei confronti di Kfor”.

La situazione si è surriscaldata la scorsa settimana, durante le procedure di insediamento dei sindaci di etnia albanese eletti nella tornata di aprile. Le elezioni – dove solo il 3,47% degli aventi diritto è andato a votare – non sono state partecipate né riconosciute dalla comunità serba presente nel territorio kosovaro. Venerdì, alcuni manifestanti serbi si erano scontrati con la polizia kosovara, che aveva sparato gas lacrimogeni sulla folla per consentire ai nuovi sindaci di accedere agli edifici comunali.

Il presidente della Serbia Aleksandar Vučić aveva quindi dichiarato di aver messo l’esercito in «stato di massima allerta», ordinando un movimento «urgente» dei soldati vicino al confine e richiedendo alle truppe guidate dalla Nato di stanza in Kosovo di tutelare i cittadini di etnia serba dalla polizia kosovara. In quella occasione, L’Ue, gli Stati Uniti d’America e – con una dichiarazione congiunta – Francia, Italia, Germania e Regno Unito, avevano condannato fermamente le azioni del governo kosovaro. Ma ora, a pochi giorni di distanza, la situazione sembra essersi ribaltata.

Lo scorso gennaio, in seguito ad una escalation di tensioni, la Kfor aveva respinto la richiesta di Belgrado di inviare un proprio contingente a difesa dei serbi in Kosovo sulla base della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che prevede che, nel caso in cui la situazione si aggravi, la Serbia possa fare richiesta per inviare una propria divisione da stanziare ai valichi di frontiera, nelle aree a maggioranza serba e nei luoghi religiosi cristiani ortodossi. Adesso, invece, la Kfor è intervenuta senza indugi contro i manifestanti serbi.

I cittadini di etnia serba protestano contro il governo kosovaro per via di una decisione che reputano palesemente incostituzionale: infatti, come sancito dalla Costituzione del Kosovo del 2008, nonché dagli accordi stipulati a Bruxelles per la regolamentazione dei rapporti tra Pristina e Belgrado nel 2013, il governo kosovaro sarebbe tenuto a garantire alla minoranza il diritto all’autogoverno. Negli anni, invece, la costituzione dell’associazione/comunità delle municipalità a maggioranza serba che dovrebbe tutelare la minoranza in determinate sfere della politica pubblica – come sanità, educazione e sviluppo economico – è rimasta lettera morta.

A marzo, quando il presidente serbo Aleksandar Vučić e il premier kosovaro Albin Kurti avevano accettato una proposta Ue per normalizzare i rapporti tra i due Paesi all’insegna dei concetti di pace e indipendenza, per la prima volta la situazione era parsa in discesa. Ora, invece, si assiste allo scenario opposto: con un’inversione a U, il governo di Pristina ha evidentemente deciso di forzare la mano contro i cittadini di etnia serba e le loro richieste. E, dopo le prese di posizione in ottica anti-Kurti in seguito agli scontri della scorsa settimana, anche la Nato è tornata sui suoi passi.

Questa mattina, i manifestanti si sono nuovamente riuniti davanti ai Municipi di Zvecan, Zubin Potok e Leposavic. In loco è presente una massiccia schiera di poliziotti kosovari e di soldati della Kfor. Srpska Lista, il maggior partito dei serbi del Kosovo, ha dichiarato che i manifestanti continueranno a presidiare i centri finché Pristina non accoglierà due loro specifiche richieste: i nuovi sindaci non dovranno fare ingresso nei palazzi comunali e le unità della polizia kosovara dovranno ritirarsi nel più breve tempo possibile dal nord del Paese. Oggi non si sono verificati scontri fisici, ma, sul versante politico-diplomatico, la situazione resta caldissima.

[di Stefano Baudino]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

2 Commenti

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria