Cagliari – I cittadini sardi sono tornati in piazza a protestare contro la militarizzazione della loro isola, al grido di “A fora sas bases dae Sardigna”: via le basi dalla Sardegna. Lo hanno fatto il 2 giugno, in occasione della festa della Repubblica. Giusto all’indomani della chiusura delle esercitazioni militari NATO. «Non siamo qui a festeggiare, ma a protestare contro l’occupazione militare della Sardegna da parte dello Stato italiano» gridano a gran voce. Le prove di guerra che si sono svolte sull’isola nell’ultimo mese si sono lasciate alle spalle la naturale devastazione ambientale che deriva da un conflitto armato, che sia fatto per finta o per davvero – non sono mancate, infatti, anche vere e proprie esplosioni, ricordano i manifestanti. Per rimediarvi, è stata promessa la piantumazione di alcuni alberi, una proposta che gli attivisti considerano una presa in giro. La protesta si muove su tutti i fronti, da quello ecologista a quello pacifista, e unisce decine di sigle, partiti, comitati e rappresentanti della popolazione civile.
Da Arci Sardegna all’Unione Sindacale di Base (USB), dal movimento Caminera Noa a Unione Popolare, passando per Arci, Anpi, Rete War Free e diversi movimenti indipendentisti sardi: chi ha aderito arriva da tutta l’isola. Si sono dati appuntamento alle 16 a Marina Piccola, nei pressi del Poetto, sotto un sole cocente. Qui, alle spalle del lungomare, si staglia maestoso il promontorio della Sella del Diavolo. Proprio lì sorge una delle più imponenti strutture militari che assediano Cagliari. Dal lungomare non si vede quasi, tanto gli edifici sono ben nascosti dalla vegetazione fitta, dalla quale fa capolino qua e là della rete metallica. Il NATO-POL (Petroleum Oil Lubricant), struttura ora di proprietà della Marina Italiana, è finalizzata a custodire un sistema di gallerie sotterranee e tubature che si snodano al di sotto del parco naturale della Sella del Diavolo e destinate ad immagazzinare carburante, per una capacità complessiva di 280 mila metri cubi. Nel 2021, come ricostruito dal movimento A Foras, la Marina Militare ha pubblicato un avviso per la concessione dell’intera struttura ad una società privata che la destinasse ad altro uso, fatta salva una cisterna da 10 mila metri cubi per lo stoccaggio di carburante. Nonostante nessuno abbia ancora raccolto la proposta (vista l’ingombrante servitù militare che questa comprende), l’appello dei cittadini per la restituzione degli spazi alla comunità civile resta, ad oggi, inascoltato.
È ai piedi di questo spazio dal forte valore simbolico per la lotta antimilitarista delle associazioni che il corteo prende il via. Il percorso è breve: poco più di due chilometri, dalla Marina Piccola a piazza San Bartolomeo, passando in buona parte per il viale Poetto. Ma proprio qui si trovano numerose delle servitù miliari collocate all’interno del territorio di Cagliari, buona parte delle quali di proprietà della NATO e rimaste inutilizzate per anni. Strutture che assediano il territorio sottraendolo ai cittadini, che considerano la NATO e lo Stato italiano invasori dell’isola a pari merito. È questo a costituire uno dei punti focali della protesta di A Foras, che vuole così ricordare come non siano solamente i poligoni di Capo Teulada e di Quirra ad essere occupati dai militari. Nemmeno le spiagge del Poetto sono esenti, essendo qui presenti ben 8 stabilimenti appartenenti alle forze armate.
«Qualunque avanzamento verso la democrazia dovrebbe essere una festa» sostiene Claudia Ortu, di Potere al popolo, «ma l’Italia ha militarizzato questa ricorrenza, ne ha fatto una parata militare. E mentre a Bologna si spalava il fango, l’Esercito era qui a giocare alla guerra». Per tutto il mese di maggio, infatti, l’isola è stata teatro di ben tre esercitazioni militari che hanno visto protagonisti la NATO e i Paesi partner: Mare Aperto, Noble Jump e Joint Stars, conclusasi il 26 maggio. Tuttavia, il 31 maggio la componente regionale del Comitato Misto Paritetico per le Servitù Militari in Sardegna ha votato all’unanimità lo stop ai programmi di esercitazioni a fuoco presso i poligoni militari sardi previste per la seconda metà del 2023. Il motivo è la mancata attuazione dei protocolli sottoscritti, in particolare al fine di “armonizzare le esigenze della Difesa con quelle dei cittadini che abitano i territori gravati dalle servitù militari”. A destare particolare fastidio sono stati poi gli “annunci di piantumazione di alberi per il ripristino dei luoghi o mere compensazioni ci CO2 a seguito dell’imponente Noble Jump 2023” che si è svolta a Teulada. All’interno dell’area, infatti, è presente una zona SIC (Sito di Interesse Comunitario) ricca di biodiversità, messa a serio rischio dalle esercitazioni. «Il ruolo delle forze armate non è quello di fare i giardinieri in Sardegna» ironizza Franco Uda, vicepresidente di Arci Sardegna. «I fondi del PNRR andrebbe utilizzati anche per bonificare le aree in Sardegna, un compito necessario che produrrebbe numerosi posti di lavoro e permetterebbe di lasciare ai nostri figli una terra più pulita e sana e libera dallo sfruttamento bellico».
La presenza delle forze dell’ordine è stata altissima, ma non vi sono stati scontri. Il corteo è riuscito a mantenere, sino alla fine, il suo intento pacifico. “L’occupazione militare della Sardegna è un problema politico” ricorda A Foras, lanciando un appello alle istituzioni ma soprattutto alla società civile, “noi vogliamo che sia all’ordine del giorno, anche a livello nazionale”.
[di Valeria Casolaro]
A A.Linx. L’informazione libera da condizionamenti in Italia non esiste e i condizionamenti più potenti vengono, del tutto ovviamente, da Via Veneto, la vera sede del Governo dell’Italia, ex-Nazione. La Nato sono gli Usa e il povero Conte che guida solo in parte non un partito ma solo un movimento, dovrebbe rappresentare tutta l’opposizione politica? Ma non capiamo qual’e’ la realtà delle cose? Veramente ancora vogliamo credere di poter decidere autonomamente qualcosa?
Tutta la mia stima,tutto il mio sostegno a favore del popolo sardo.fuoi i guerrafondai ,fuori i merricani,fuori i militari.
Forse sono io che non vedo tanto i tg alla televisione.. ma fino ad ora non ho mai visto notizia, anche minima, di questa vicenda. E mi sembra che di carattere regionale e marginale come importanza non abbia proprio niente. Forse per il “sistema politico-massmediatico Italia”, feudo dell’imperialismo statunitense, è meglio così. Finché si riesce. Ma non c’erano dei pacifisti contrari all’invio di armi.. eccetera?? Tipo Conte ed altri personaggi noti… Ma dove sono?…