“…Un uomo di campagna viene da questo guardiano e gli chiede il permesso di accedere alla legge. Ma il guardiano gli risponde che per il momento non glielo può consentire. L’uomo dopo aver riflettuto chiede se più tardi gli sarà possibile. «Può darsi» dice il guardiano, «ma adesso no». (Franz Kafka, Il processo)
La sala del consiglio comunale, gli uffici dei vigili urbani, la biblioteca pubblica, la sede INPS decentrata in Valle. Oggi su quel ciottolato c’è qualcosa in più: una piccola tenda da campeggio, un ragazzo, un vecchio cagnolino. Lui Stefano, invalido poco più che ventenne.
Aveva cercato e trovato un lavoro, in base alla categoria invalidi. Lavoro a termine, che gli aveva comunque permesso di vivere e non solo: iscrivendosi ad un corso serale, era riuscito a completare gli studi e ad ottenere un diploma di perito meccanico.
Finisce il contratto. Dopo aver cercato invano un’altra opportunità, Stefano chiede il reddito di cittadinanza. Gli viene negato perché, secondo il cervellone elettronico, lui risulta occupato. A nulla valgono i ricorsi. Il cervellone è sordo e muto.
L’ultima spiaggia per far uscire il problema è questa tenda, questo accamparsi davanti alla porta della legge, in verità la più periferica, ma l’unica raggiungibile, alla portata di tutti.
Il tempo passa, ma le porte degli uffici INPS restano chiuse. Oltre la vetrata d’ingresso c’è un guardiano che trasmette le richieste ai piani alti. La lunga giornata è alleggerita dalla solidarietà di qualche amico e da qualche curioso che vedendo, schierato di fianco al cancello, un drappello di carabinieri, viene a chiedere cosa stia succedendo.
Finalmente dagli uffici scende la buona novella: l’errore è dell’INPS, Stefano ha ragione. Tutto risolto, dunque? No! Quel che appare evidente all’intelligenza umana non è tale per il cervellone elettronico che elabora i dati ed impone i suoi modi e i suoi tempi. Forse domani… chissà…
Arriva la sindaca appena eletta, che esorta alla calma: torni a casa, la protesta non è la soluzione…
Si fa sera, la fredda sera di un clima impazzito. Stefano decide di rimanere. Accanto alla sua tenda ne viene attrezzata un’altra per chi ha deciso di tenergli compagnia.
La notte scende pesante su un paese che sembra vuoto.
Ritorno sul tardi a vedere se serve qualcosa. Tutto è silenzio. Ripenso ad altri tempi, al calore di una solidarietà che fiammeggiava giorno e notte, e non ti sentivi solo, e l’impotenza era una parola sconosciuta…
Il nuovo giorno è di pioggia. Qualcuno ha portato un bricco di caffè, qualche panino. Stefano sta seduto davanti alla sua tenda. Il piccolo vecchio cane gira annusando intorno, per ovviare col fiuto alla propria cecità. Cominciano ad arrivare impiegati INPS ( davvero pochi, si contano sulle dita di una mano); si infilano a testa bassa dentro un ingresso che si chiude alle loro spalle. Alla guardia giurata che torna a materializzarsi dietro il vetro chiediamo di parlare col direttore. Risponde che riferirà.
Il direttore si fa vivo soltanto nel primo pomeriggio, accompagnato da due assistenti, giacca e cravatta, muti e coreografici.
Ammette che l’errore c’è, ma dichiara la sua impossibilità a mettervi riparo. La fonte dell’errore è anche l’unica che può correggerlo: il cervellone, questo moloch che ha scalzato le figurine umane in mezze maniche ed ora sorteggia nomi, storie, bisogni come in una lotteria. Centinaia di migliaia sono i malcapitati che si dibattono nelle spire del cervellone. Inoltre Stefano sarà agli ultimi posti perché rappresenta un nucleo monofamiliare (il cagnolino non conta).
Chiediamo i tempi presumibili…
“Abbiamo sollecitato. Potrebbe essere due giorni, due mesi o due anni”. Mi viene da pensare a te, amico Ludd. Tu vivesti gli albori di una tecnologia nata ed usata non a servizio dell’uomo, ma del capitale. Un tempo che dura, sempre più alienante e violento.
Rifletto con rabbia su questa società transgenica, in cui gli amici sono diventati un link e i nemici si sono smaterializzati in entità imprendibili, astratte nella forma, crudelmente concrete negli effetti.
Anche il sapere si disperde in un labirinto dove il tutto e il niente si sovrappongono e si annullano in una totale disinformazione. No, non mi va di vivere in questo deserto bionico dove Il robottino Pepper non è che l’alter ego, attento, efficiente, tuttologo, del drone di guerra: una realtà in cui la macchina può essere indifferentemente badante o carnefice.
Il robot domestico costituisce il prodotto in versione amica e apparentemente innocua di quello che Luciano Gallino nelle sue opere chiamava il finanziarcapitalismo.
Ogni giorno vedo con angoscia, ridotti a fuggevole notizia in TV, gli operai delle fabbriche d’improvviso messe in chiusura, che dicono la loro rabbia impotente verso un padrone evanescente, imprendibilmente astratto….
Stefano è tornato a casa. Per disinnescare la protesta collettiva che stava montando, gli sono stati anticipati due mesi di reddito minimo di cittadinanza, da restituire se e quando la sua situazione sarà sanata. La decisione non è merito del cervellone, ma del direttore: saggezza umana dunque…
La Legge nemica e inafferrabile del racconto di Kafka è più che mai paradigma del nostro tempo.
Ben tornato fratello Ludd!
[di Nicoletta Dosio – Da sempre attiva nelle lotte sociali e politiche sul territorio piemontese, è uno dei volti storici del Movimento NO TAV. Condannata ai domiciliari per aver partecipato a una manifestazione pacifica del Movimento, ma rifiutandosi di sottostarvi e divenire così “carceriera di sé stessa”, Nicoletta è stata imputata di almeno 130 evasioni, che le sono valse la condanna a oltre un anno di carcere presso il penitenziario di Torino]