La Cina ha avviato i lavori per la realizzazione del suo ‘Deep earth 1-Yuejin 3-3XC Well’, un progetto della China national petroleum corporation – compagnia petrolifera di proprietà del Governo -, che prevede, entro il 2024, la costruzione di un pozzo petrolifero profondo più di 10mila metri. Questo, sarà scavato nel deserto del Taklamakan, situato quasi interamente nella regione autonoma uigura dello Xinjiang. Il progetto, a detta dei suoi fautori, avrebbe come scopo principale quello di studiare le aree del pianeta situate più in profondità, quelle cioè che contengono informazioni geologiche ancora sconosciute.
Il sospetto però che la vera ragione della trivellazione sia quella di cercare nuove risorse petrolifere, e che quella scientifica sia solo una copertura mediatica, è rafforzato da alcuni fattori e indizi. Per esempio, il fatto che la regione dello Xinjiang sia notoriamente ricca di giacimenti minerari e di petrolio. Tant’è che di recente Sinopec, multinazionale petrolifera controllata per il 75% dal Governo cinese, ha scoperto una grossa riserva di petrolio proprio grazie ad un pozzo esplorativo profondo più di 8mila metri, scavato nel bacino del Tarim, il principale fiume della regione autonoma uigura dello Xinjiang che scorre sempre nel deserto del Taklamakan.
Nonostante in alcune dichiarazioni pubbliche i funzionari cinesi abbiano ribadito che in questo progetto le due cose (ricerca scientifica e quella di petrolio) siano separate, e che gli interessi di una e dell’altra non avranno modo, in questo caso, di incontrarsi, è tuttavia piuttosto comprensibile che la vicenda sia accompagnata da una certa dose di scetticismo. I dati tra l’altro ci dicono che la Cina è uno dei maggiori emettitori di emissioni di CO₂ in tutto il mondo proprio per via della sua forte dipendenza dal carbone, che garantisce circa il 70% della produzione di elettricità nel Paese. Quest’ultimo, nonostante nel 2020 abbia dichiarato di essersi posto come obiettivo quello di diventare ‘carbon neutral’ entro il 2060, pare ancora lontano dall’applicare strategie concretamente efficaci. Tant’è che l’inquinamento atmosferico continua a causare circa 2 milioni di morti all’anno e nel solo 2021 le emissioni di anidride carbonica hanno raggiunto quasi 11,5 miliardi di tonnellate.
In ogni caso, e a prescindere dallo scopo, realizzare un pozzo così profondo non sarà facile. Sebbene l’attrezzatura utilizzata sia stata realizzata specificatamente per questo scopo – e progettata per resistere a temperature fino a 200°C e a una pressione atmosferica 1300 volte superiore a quella sopra la superficie terrestre – il rischio che qualcosa vada storta è piuttosto concreto. D’altronde si tratta di zone così profonde e inesplorate, che l’essere umano conosce quasi esclusivamente per via teorica. Allo stesso modo anche le condizioni esterne del sito di perforazione non giocano a favore del progetto: si tratta infatti di una delle zone più calde e aride del Paese. Ma, se venisse effettivamente completato, quella cinese sarebbe una delle perforazioni più profonde al mondo – dopo quelle di Kola e Sachalin e dell’Al Shanheen oil field in Qatar, che superano i 12 mila metri: è previsto che la trivellazione attraversi più di 10 strati terrestri, arrivando a toccare una serie di rocce stratificate risalenti a 145 milioni di anni fa, formatesi durante il Cretaceo.
[di Gloria Ferrari]
E noi in Italia a chiedere i prestiti dalle banche per fare il cappotto alla casa e la macchina a batterie. Quando si dice l’ipocrisia.