Il viceministro degli Affari Esteri di Cuba, Carlos Fernández de Cossio, ha smentito le accuse sollevate dal Wall Street Journal riguardo a un presunto accordo segreto tra Cuba e la Cina per la costruzione di una struttura militare di spionaggio che consentirebbe a Pechino di intercettare le comunicazioni elettroniche statunitensi (come e-mail, telefonate, trasmissioni satellitari) sulla costa sudorientale degli Stati Uniti, dove si trovano molte strutture militari americane, e di monitorare il traffico navale statunitense.
Queste accuse, raccolte da funzionari anonimi statunitensi legati all’intelligence e riprese da diversi media e a loro amplificate in chiave geopolitica anticinese, sono state respinte come «totalmente mendaci e infondate» dal viceministro cubano. Gli organi di stampa, però, si sono dimenticati di riportare la smentita del viceministro, focalizzando l’attenzione sul presunto accordo tra Cina e Cuba.
Secondo le fonti anonime citate Wall Street Journal, l’accordo segreto prevedeva che la Cina installasse apparecchiature di sorveglianza avanzate sull’isola a circa 160 chilometri dalla Florida, mettendo a rischio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. La notizia è stata prontamente ripresa anche da agenzie di stampa e da quotidiani italiani, sottolineando la provocazione cinese e “pioggia di miliardi” che il Dragone avrebbe promesso a Cuba: Open, Huffingtonpost, Il Giornale, Lanuovabq, Blitzquotidiano, ecc.
Le rivelazioni della testata statunitense rischiano di mettere nuovamente in discussione il viaggio di Antony Blinken, atteso a Pechino nei prossimi giorni, dopo che l’incidente del “pallone spia” cinese aveva congelato la precedente visita di febbraio del Segretario di Stato.
La smentita di Carlos Fernández de Cossio, come accennato, non si è fatta attendere ma non ha avuto eco sui media di massa. Il viceministro degli Affari Esteri di Cuba ha respinto categoricamente queste accuse, ricordando che Cuba non ha mai partecipato a nessun accordo che compromettesse la sovranità e la sicurezza di altri Paesi, compresi gli Stati Uniti: «Il nostro Paese – ha ricordato – è firmatario della Dichiarazione dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, firmata a L’Avana nel gennaio 2014. In virtù di essa, rifiutiamo qualsiasi presenza militare straniera in America Latina e dei Caraibi, compresa quella di numerose basi militari e truppe statunitensi, in particolare la base militare che occupa illegalmente una porzione del territorio nazionale nella provincia di Guantanamo».
Il viceministro ha inoltre denunciato che queste accuse rientrano in una campagna diffamatoria fabbricata ad arte da «funzionari statunitensi» che cerca di danneggiare le relazioni di Cuba con gli altri Paesi: «Sono tutte falsità promosse con la perfida intenzione di giustificare l’intensificazione senza precedenti del blocco, della destabilizzazione e dell’aggressione contro Cuba e di ingannare l’opinione pubblica negli Stati Uniti e nel mondo».
Tra accuse incrociate e smentite, il caso della presunta costruzione di una base militare per spiare gli USA su Cuba sta innescando nuove tensioni soprattutto tra Washington e Pechino. Questo caso rappresenta un esempio di come scoop basati su “fonti anonime” possano creare tensioni internazionali e di come, “casualmente”, ogni volta che gli USA tentano di avvicinarsi alla Cina, venga diffuso qualche scandalo o divulgata qualche rivelazione da fonte anonima che annulla tutti i tentativi di dialogo in corso, alimentando le paranoie anticinesi e riportando i rapporti tra le due superpotenze ai minimi storici.
Le accuse sollevate dal Wall Street Journal hanno infatti accresciuto pregiudizi e sospetti nei confronti di Cuba e della Cina, senza alcuna base concreta.
Il presidente della commissione intelligence del Senato Mark Warner, democratico, e il vicepresidente Marco Rubio, repubblicano, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui esprimono preoccupazione per le indiscrezioni sulla presunta base cinese a Cuba: «Gli Stati Uniti devono rispondere ai continui e sfacciati attacchi della Cina alla sicurezza della nostra nazione. Esortiamo l’amministrazione Biden ad adottare misure per prevenire questa grave minaccia alla nostra sicurezza e sovranità nazionale».
I falchi presenti al Congresso statunitense sembrano voler strumentalizzare l’inchiesta del WSJ e minare le intenzioni dell’amministrazione Biden di evitare un’ulteriore frattura tra Washington e Pechino.
[di Enrica Perucchietti]
Perché Quando qualcun altro vorrebbe fare ciò che gli Usa fanno da decenni si grida sempre allo scandalo?