A poco meno di tre anni di distanza dall’ondata di proteste che ha permesso ai rider di ottenere maggiori tutele, due nuove spinte (una comunitaria e l’altra nazionale) rischiano di riportare indietro le lancette. Il Consiglio dei ministri dell’Unione europea ha infatti elaborato una direttiva che rende più complicato per i rider dimostrare di essere dipendenti delle app di delivery. Ne consegue una perdita di diritti e tutele, con lo spettro dello scivolamento verso il vuoto normativo. Il governo Meloni, con il decreto 1 maggio, ha dato man forte alla precarietà, prevedendo tra le altre cose l’alleggerimento dell’obbligo di trasparenza per le aziende che usano algoritmi, tra cui appunto quelle relative alla consegna a domicilio di cibo.
Il Consiglio dei ministri dell’Unione europea, ritrovatosi a Bruxelles nella formazione Lavoro, ha riunito i vari governi dell’organizzazione sovranazionale che – forti della generale virata a destra – puntano a soccorrere le app di delivery, la cui crescita in termini di profitti si è arrestata. Nei giorni scorsi, Uber Eats ha annunciato che lascerà l’Italia poiché il fatturato non è stato all’altezza delle aspettative. In perdita anche Foodingo, la società che gestisce Glovo. Sul finire del 2021, è arrivato dalla Commissione europea l’impulso all’elaborazione di una direttiva capace di armonizzare il lavoro su piattaforma. L’esecutivo comunitario ha previsto cinque criteri utili a verificare l’effettiva dipendenza dei rider nei confronti delle app di delivery, come la sottoposizione a “recensioni” da parte dei clienti. Secondo la Commissione dovrebbe bastare il soddisfacimento di due di questi cinque parametri per considerare i ciclofattorini dipendenti a tutti gli effetti. Successivamente, il Parlamento europeo ha provato a superare questo schema, stabilendo che i rider siano dipendenti e che eventualmente sarà compito delle app provare il contrario. I ministri del Lavoro dell’UE sono invece ritornati sui passi della Commissione, rendendo più aspra la norma: i criteri da far coesistere sono diventati tre (su sette). La palla passerà adesso al Parlamento europeo, che dovrà valutare il testo ed esprimersi.
Per quanto riguarda l’Italia, la decisione di Uber Eats di lasciare il mercato potrebbe portare l’esecutivo Meloni a continuare sulla “linea morbida” tracciata già nel decreto 1 maggio. La scelta della piattaforma statunitense alimenta il dibattito sulle effettive possibilità di crescita del settore, spesso al centro di critiche per la qualità del lavoro richiesto.
[di Salvatore Toscano]