domenica 17 Novembre 2024

Legge sul ripristino della natura: accordo al ribasso in UE, l’Italia vota contro

L’Ue mira a raggiungere un altro traguardo esclusivo in tema di politiche ambientali attraverso la cosiddetta Legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law): si tratta della prima legge nel suo genere a livello globale. Il testo, votato lo scorso 15 giugno dalla Commissione ambiente del Parlamento europeo, è stato modificato ieri, durante il vertice dei ministri dell’Ambiente europei, con qualche emendamento e deroga in più a causa delle accese polemiche che ha generato sia tra i partiti del Parlamento europeo che a livello dei governi nazionali. La proposta, con le annesse modifiche, è passata con 20 voti a favore, 5 contrari e due astenuti. Alcune nazioni, infatti, hanno votato contro nonostante le modifiche apportate: tra queste figurano, oltre all’Italia, i Paesi Bassi, Austria, Belgio, Polonia, Finlandia e Svezia. Le principali critiche mosse alla legge riguardano il rischio di ingenti perdite economiche per agricoltori e pescatori, l’indebolimento delle catene di approvvigionamento europee, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e l’ostacolo al lancio delle energie rinnovabili. Favorevoli, invece, le principali associazioni ambientaliste, le quali ritengono che la legge «garantirebbe la sostenibilità a lungo termine delle risorse naturali da cui tutti dipendiamo». Tuttavia, dopo le modifiche apportate ieri al testo, associazioni come Legambiente hanno definito quello approvato «un compromesso al ribasso».

Nello specifico, l’iniziativa – che è uno degli elementi chiave del Green New Deal – prevede di istituire obiettivi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri, con il fine di ripristinare entro il 2030 almeno il 20 per cento delle superfici terrestri e marine dell’Unione, il 15 per cento dei fiumi nella loro lunghezza e la realizzazione, sempre entro la stessa data, di elementi paesaggistici ad alta biodiversità su almeno il 10 per cento della superficie agricola utilizzata. Si tratta di un progetto di riqualificazione degli ambienti naturali che non riguarderà solo le aree protette, ma anche i terreni agricoli e le aree urbane. Secondo la Commissione, l’81% degli habitat europei è in cattivo stato, con torbiere, praterie e dune colpite maggiormente. Per questo, sono richieste azioni e obiettivi giuridicamente vincolanti in sette aree specifiche, tra cui la placcatura degli alberi, l’apicoltura, la riumidificazione delle torbiere prosciugate e l’ampliamento degli spazi verdi nelle aree urbane. In base alla legge, agli Stati membri verrebbe chiesto di redigere un piano nazionale di ripristino, che definisca i progetti e le iniziative da perseguire per raggiungere l’obiettivo generale.

Tra i principali critici dell’iniziativa ci sono gli agricoltori, i pescatori e i silvicoltori secondo i quali la legge minaccia i loro mezzi di sussistenza e il loro tradizionale modo di lavorare. Sul piano politico, il Partito popolare europeo (PPE) – la più grande formazione politica dell’emiciclo europeo – ha ingaggiato una campagna di opposizione totale contro la proposta di legge per respingerla nella sua integrità. «La legge sul ripristino della natura nella sua forma attuale porterà a una minore produzione di cibo in Europa, spingendo i prezzi del cibo ancora più in alto, rischia di minare ancora di più la sicurezza alimentare in Africa e di bloccare i progetti infrastrutturali che sono cruciali per la nostra transizione climatica. Questo è semplicemente inaccettabile per noi», ha affermato il presidente del PPE, Manfer Weber.

Per quanto riguarda l’Italia, il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ha affermato che la legge è «uno strumento importante per arrestare la perdita di biodiversità e contribuire ad affrontare il cambiamento climatico». Tuttavia, «il testo, com’è adesso, non fornisce le necessarie garanzie di efficacia e applicabilità», ha aggiunto. Motivo per cui ieri il ministro ha votato contro la proposta di legge. Per Fratin, i nodi da sciogliere sono principalmente tre: le modalità per raggiungere gli obiettivi, la distribuzione dei fondi e il contrasto della legge con i progetti per la creazione di impianti di energia rinnovabile. Per quanto riguarda il primo punto, l’Italia chiede che ci sia più libertà sui metodi per perseguire gli obiettivi comuni, in quanto ogni nazione ha le sue specificità. Si auspica quindi un approccio più pragmatico e meno ideologizzato. Sul piano della gestione dei fondi, invece, si richiede alla Commissione di presentare una panoramica delle risorse finanziarie disponibile a livello comunitario, una valutazione delle esigenze di finanziamento per l’attuazione e un’analisi di eventuali lacune sul piano economico. Infine, con il terzo punto si fa presente che c’è un conflitto tra la legge e la creazione di impianti eolici in mare e idroelettrici nei fiumi, così come con la necessità di sviluppare una catena di approvvigionamento nazionale per materie prime critiche e altre industrie verdi.

Completamente a favore, invece, le associazioni ambientaliste, le quali avevano esplicitamente chiesto al ministro dell’Ambiente italiano di votare a favore della Legge. Tuttavia, dopo le ultime modifiche apportate ieri al testo, alcune associazioni hanno espresso la loro disapprovazione. In particolare, Legambiente ritiene che «bisogna essere più ambiziosi perché, secondo la stessa Commissione, oltre l’80% degli habitat europei è in cattive condizioni e gli sforzi passati per proteggere e preservare la natura non sono stati in grado di invertire questa tendenza preoccupante. Consideriamo il testo approvato dal Consiglio insufficiente perché, nella ricerca di stabilire un equilibrio politico e contrastare la disinformazione diffusa dei partiti di destra e dalla lobby dell’agricoltura e della pesca, garantisce troppa flessibilità per gli Stati membri nell’attuazione del regolamento».

Per l’approvazione della legge sarà decisivo il voto della commissione Ambiente all’Europarlamento il prossimo 27 giugno, dove a pesare saranno i voti dei deputati del PPE. In quest’occasione il voto potrebbe assumere un risvolto nettamente politico, trasformandosi in una prova di alleanze in vista delle elezioni europee del 2024.

[di Giorgia Audiello]

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1 commento

  1. Raccontiamola com’è.
    Si tratta di espropriare gli agricolori con la scusa dell’ambiente.
    L’Italia ha fatto benissimo a votare contro, ma purtroppo non è bastato.

    P.S.
    Legambiente è una delle tante (troppe) orgnizzazioni propagandistiche, braccio operativo di interessi molto sporchi e ben diversi dall’ambiente.

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